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Lo spettro della fame e il passato che non passa

Il ricatto planetario di Putin sul grano del Paese risveglia la memoria degli ucraini su una delle pagine più buie della loro storia: Holodomor

Il porto di Mariupol sorvegliato da un soldato russo
(Keystone)

Un processo "di Norimberga" per le migliaia di prigionieri delle acciaierie Azovstal: i massacri perpetrati a Mariupol non fermano la macchina della propaganda putiniana. Il mantra del "paese da purificare dalla sua componente nazista" (con in prima fila l’immancabile battaglione Azov, sulla bocca di tutti e ormai più celebre di Elvis Presley) immediatamente attecchito tra un folto seguito di spavaldi improvvisati analisti, è sicuramente una delle mosse più abili e demagogiche del leader del Cremlino. Il bestiario politico di pappagalli e pecoroni, colti da senile nostalgia o semplicemente in manco di idee per alimentare l’endemico antioccidentalismo, si è mobilitato invadendo social e talk show, carne da spettacolo per fomentare, senza soluzione di continuità dopo il Covid, risse e complottismi.

La Storia è una grande scuola senza allievi e coloro che non ricordano il passato, recita un detto, sono condannati a ripeterlo. Ed è quanto, mutatis mutandis, sta succedendo. La Storia non si ripete ovviamente pari pari, ma ripropone delle forti analogie: il ricatto planetario di Putin sul grano del paese che ha brutalmente invaso risveglia dolorosamente la memoria degli ucraini su una delle pagine più buie del loro passato. Holodomor ("uccidere per carestia"), genocidio lungo almeno tre milioni di morti, è il ricordo vivido dello sterminio, il secondo per entità dopo l’Olocausto ma il primo cronologicamente, perpetrato da Stalin. Il cavaliere nero che brandisce la sua falce sul granaio d’Europa aveva provocato negli anni 30 un dramma infinito, immortalato dal grande scrittore russo Vasilij Grossman in ‘Tutto scorre’, romanzo in cui Anna, a capo del Partito Comunista, procede con la collettivizzazione forzata convinta che i piccoli proprietari terrieri fossero dei porci, degli esseri repellenti, senz’anima e che se li avesse distrutti sarebbe apparso il sol dell’avvenire. La realtà non tarda a manifestarsi, le deportazioni di due milioni di contadini in vagoni blindati verso i gulag, la strage per fame con atti di cannibalismo. Holodomor è oggi la cifra del feroce anticomunismo e dell’odio antirusso di una parte importante degli ucraini.

In ‘Terre di Sangue’ (Rizzoli) lo storico di Yale Timothy Snider ci ricorda con grande abilità narrativa e chiarezza, quanto i drammi dell’Europa centro-orientale non si riassumano nei campi di concentramento e sterminio del Terzo Reich. Gran parte dei quattordici milioni di esseri umani vittime in quelle terre dei due totalitarismi perirono per deportazione, fucilazione o per fame, strategia deliberata sia da parte dei tedeschi con i prigionieri sovietici, sia da parte del Cremlino con la popolazione ucraina, come narra il grande storico britannico (comunista pentito) Robert Conquest in ‘Il grande terrore’.

Nel suo appello alla denazificazione dell’Ucraina, Putin ignora volutamente la Storia, quella del sodalizio germano sovietico che scatenò la guerra nel 1939, e quella dello stalinismo: "Negli anni 30 l’Urss fu l’unico Stato europeo ad avviare massacri di massa" (T. Snyder). L’Ucraina vittima dell’atroce guerra russa rivive quel passato che non passa: le bombe e oggi anche lo spettro della fame. Come non pensare allora al grande scrittore pacifista Aldous Huxley (‘Il mondo nuovo’) quando scriveva che la più grande lezione che ci impartisce la storia è che da essa gli uomini non imparano molto. O forse nulla.

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