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È tutt’altro che simbolico il decreto taglia spese

La posta in gioco nel voto popolare dopo la riuscita del referendum è alta. Mettere a rischio servizi e prestazioni per i più fragili è insostenibile

(Ti-Press)
4 gennaio 2022
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I numeri parlano già chiaro: oltre 10mila firme raccolte, di cui 8’326 vidimate (dati del 21 dicembre). Pur mancando ancora il timbro ufficiale, il referendum lanciato dal sindacato Vpod è riuscito. Presto saranno quindi i cittadini e le cittadine ticinesi a pronunciarsi sul decreto, partorito in Gran Consiglio dai democentristi con l’appoggio di una maggioranza contenuta, che si prefigge il pareggio dei conti cantonali entro il 2025 agendo sulla spesa, pardon, prioritariamente sulla spesa. Come se l’avverbio introdotto dall’emendamento dei liberali radicali possa cambiare la sostanza del concetto. Affermare, come si ostinano a fare alcuni (sempre meno per la verità), che quel decreto legislativo abbia una valenza meramente simbolica è una castroneria. Non si redigono e promulgano atti normativi sapendo che non verranno attuati. Vorrebbe dire che i deputati sprecano tempo e soldi pubblici (le diarie) nel confezionare leggi inutili. In realtà il decreto fornisce un chiaro indirizzo politico.

La posta in gioco è allora tutt’altro che simbolica. Perché le sfide, derivanti anche dalla pandemia, che attendono il Ticino sono piuttosto impegnative e per essere affrontate con efficacia richiederanno necessariamente spese pure importanti per il Cantone. Il decreto in questione sembra fare astrazione da tutto ciò. Nel rapporto (di minoranza) dei socialisti sul Preventivo 2022 del Cantone si citano a mo’ d’esempio due settori che in prospettiva avranno bisogno di un’iniezione di denaro pubblico non indifferente come indicato dal Consiglio di Stato in altrettanti recenti messaggi: quello degli anziani (pianificazione integrata e cure a domicilio 2021-2030) e quello delle autorità di protezione (per intenderci tutele e curatele, con il passaggio al modello giudiziario). Siamo pronti a giocare al risparmio in due ambiti particolarmente delicati della società, che sta oltretutto sempre più invecchiando? Aggiungiamo un terzo settore: la psichiatria, con la ventilata realizzazione dell’Unità di cura integrata per minorenni, struttura per la presa a carico, stazionaria e ambulatoriale, di giovani con seri problemi psichici. Anche qui vogliamo contenere la spesa dogmaticamente? Sarà interessante leggere cosa scriverà nel rapporto (di maggioranza) il granconsigliere e presidente del Ppd Fiorenzo Dadò, visto che psichiatria e anziani sono dossier del Dipartimento sanità e socialità guidato da Raffaele De Rosa, esponente del suo partito…

È tutto tranne che simbolico il referendum sul quale si esprimerà prossimamente il popolo. Perché dal posizionamento dei partiti prima, dal responso delle urne poi, si traccerà quello che sarà il sentiero attraverso il quale si proverà a uscire dalle nebbie causate dalla pandemia e dalle sue conseguenze. Da sinistra a destra la politica dovrà spiegare quale visione di società ha, quale deve essere il ruolo dello Stato, come intende agire davanti alle necessità delle persone che sono aumentate, sia a livello di quantità sia a livello di urgenza. Non è poco.

Dopo tanta dialettica questo è il momento delle scelte. Il Covid non sta lasciando il segno solo dal punto di vista sanitario, ma pure sul piano sociale, economico, morale, psicologico. Affermare, davanti a una situazione che ancora oggi non induce a essere ottimisti, che il modo migliore per risanare le finanze sia mettere a rischio prestazioni e servizi diretti a chi ha più bisogno risulta difficile. Se non insostenibile.

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