SGUARDO A NORD

Note per un riformismo senza paternalismo

Per creare più giustizia sociale e ambientale le autorità devono apparire autorevoli, non autoritarie

(Depositphotos)

All’università di Lucerna d’ora in poi si serviranno solo pasti vegetariani o vegani. Per motivi di sostenibilità la direzione ha infatti recentemente comunicato di aver bandito la carne dal menù, decidendo così al posto degli studenti che, volenti o nolenti, in futuro diventeranno tutti un po’ meno carnivori. Può sembrare una curiosità di poco conto, eppure sono molti gli ambiti in cui un’autorità superiore decide per noi.

Se da un lato ci sono gli obblighi “classici” come la scuola, le tasse o il rispetto delle leggi, dall’altro stanno nascendo nuove regole, non sempre vincolanti, in grado di influenzare i nostri comportamenti. Sono portate avanti con forza da una parte della popolazione che vorrebbe riformare la società riscrivendo i rapporti tra cittadini. Fra di loro figurano gli attivisti per i diritti delle minoranze, gli oppositori del sistema finanziario, i fautori del reddito di cittadinanza, i vegani, il movimento di liberazione omosessuale, gli ambientalisti e molti altri ancora.

Sono loro che stanno proponendo bagni unisex per chi non rientra nel binarismo di genere, che vogliono bandire le auto dai centri urbani, che danno vita a manifestazioni di ciclisti, che bloccano l’entrata delle banche o che vogliono riformare il sistema dell’asilo politico.

A questa ondata di riformismo si oppone un’altra parte della società, che è scettica, ritrosa, spaventata e si chiede per quale motivo siano necessari tanti cambiamenti, visto che in passato “si è sempre fatto così”. Non hanno tutti i torti: in un mondo tanto complesso e interconnesso ogni mattoncino spostato ha un influsso su tutti gli altri mattoncini. Le auto elettriche inquinano meno, sì, però necessitano di batterie che vanno smaltite e si mangiano tonnellate di metalli rari; un’alimentazione puramente vegana può creare carenze nutrizionali; aprire le frontiere ai migranti crea conflitti e attriti. Di queste difficoltà gli oppositori si nutrono e le usano per opporsi al cambiamento.

Perché ciò che era giusto fino all’altro ieri dovrebbe essere sbagliato in futuro? Non è facile spiegarlo. Quando le autorità riconoscono l’urgenza di intraprendere nuove vie, per creare più giustizia sociale e ambientale, devono farlo apparendo autorevoli, non autoritarie. I metodi coercitivi non funzionano perché sono infarciti di paternalismo e di senso di superiorità. Chi è contrario si ritira ancora di più in se stesso e alla fine si ottiene l’effetto opposto: l’estremizzazione di un gruppo nei confronti di un altro. Lo studente che arriva a odiare i vegani, il ricco che si compra due auto da corsa, i ragazzi omofobi che prendono a pugni le coppie gay per strada. Per prepararsi al cambiamento bisogna informare, discutere, ascoltare, su un piano paritario, il tutto spalmato su un lungo periodo. Imporre riforme dall’alto è un metodo spiccio per le situazioni di crisi, che però crea dissapori e spaccature incolmabili, dovute a carenze comunicative. Lo stiamo vivendo in questi giorni con le proteste dei cosiddetti no vax.

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