Commento

2020, anno cruciale per il Mendrisiotto

Il Distretto sarà chiamato a fare quadrato per fronteggiare vecchi problemi, come traffico, smog e una stazione (di Chiasso) a rischio svalutazione

Anno nuovo, problemi vecchi (Ti-Press)
11 gennaio 2020
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Un algoritmo (a volte) non basta. Per rispondere alle aspettative dei cittadini, per trovare una via d’uscita a problemi complessi, per sbrogliare la matassa dei timori che oggi aggroviglia la quotidianità delle persone, spesso serve ben altro. Serve quel buon sano ‘olio di gomito’ che fa rimboccare le maniche ai politici e che (succede) riesce a far superare il ‘Rubicone’ delle difficoltà a intere comunità locali. Nel 2020 nel Mendrisiotto converrà farne buona scorta. L’anno appena inaugurato, in effetti, non sarà emblematico solo per l’apertura della galleria ferroviaria di base del Monte Ceneri o per la scadenza (fatidica) della riforma ‘Ticino 2020’ che si prefigge di modificare la geografia dei rapporti fra Cantone e Comuni. Questa annata a cifra doppia rischia di essere un passaggio decisivo anche per il Distretto più a sud. E non tanto per il possibile balzo in avanti della strategia aggregativa, destinata a rimanere tale per un altro po’, nonostante le ambizioni (e le speranze) di Chiasso sul Basso Mendrisiotto. I nodi da un pezzo al pettine di questa parte di Ticino sono ben altri. E qui il 2019 ne ha lasciato un vivido promemoria.

Chi l’avrebbe detto che (alfine) cinque sindaci di Comuni di frontiera (Chiasso e Mendrisio in testa) avrebbero serrato i ranghi per rivendicare una mano (dal Luganese, ma anche dal governo cantonale) per liberarsi (almeno un poco) dalla morsa del traffico che li stringe alla gola. Liquidare questa iniziativa come una mossa pre-elettorale (all’orizzonte la prova delle urne del 5 aprile) appare troppo sbrigativo. A riprova, questo mese i sindaci del Plr faranno quadrato per individuare delle vie d’uscita. Da queste parti, infatti, la mobilità è un tema dolente e al contempo cruciale. Perché si è a ridosso della frontiera – e non ce la si fa ad arginare l’andirivieni dei pendolari –; perché il tasso di motorizzazione non cala; e perché, come rivela il rapporto 2018 del Dipartimento del territorio, il trasporto pubblico ha perso qualche posizione. Il Mendrisiotto, in ogni caso, non demorde. Anche sul fronte della futura terza corsia dinamica lungo il tratto autostradale fra Lugano e Mendrisio, se proprio sarà, dovrà andare nella direzione di sgravare il più possibile il territorio, recuperando spazio ai Comuni sul tracciato (in particolare lungo il Ceresio) e vita agli abitanti. In caso contrario (se, insomma, a livello federale si sceglierà la via meno costosa e complessa sul piano strutturale) si è già capito che si alzerà un muro.

E non ci si tirerà, di sicuro, indietro neppure quando si tratterà di difendere la stazione di Chiasso (e soprattutto la fermata), destinata dal 2022 a essere derubricata quanto a sosta di convogli a lunga percorrenza. Il Distretto ha già perso quel treno? Per le Ffs il binario è tracciato, proprio in virtù del varo della galleria del Ceneri. Per le istituzioni (e le popolazioni) locali un po’ meno. Fin dove ci si spingerà – qui nel 2009 ci si è messi di traverso pure al Cisalpino – non è ancora scritto, ma vien da pensare che non si resterà semplicemente a guardare. Del resto, non è nel Dna dei momò. Che, per dirne una, non si sono ancora rassegnati a dover respirare la loro dose di smog giornaliera. E che non hanno mai detto di ‘no’ quando si è trattato di sperimentare soluzioni innovative, e non solo nel campo della mobilità o dell’ambiente. Per il momento nel Distretto ci si aggrappa a cultura e tradizioni per togliersi qualche soddisfazione. Con l’iscrizione delle Processioni storiche della Settimana santa di Mendrisio nella lista Unesco dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità il Mendrisiotto ha fatto il bis (dopo il San Giorgio). Scusate se è poco.

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