Commento

Quando il dissenso è manifesto

Dobbiamo essere grati agli imbrattatori di affissioni elettorali, e non solo perché ravvivano un paesaggio cartellonistico perlopiù desolante

30 marzo 2019
|

Non sarai mai solo, in campagna elettorale: ovunque ti giri, incrocerai lo sguardo – perlopiù sorridente, talvolta severo – di un candidato alle incombenti elezioni cantonali. Un susseguirsi di nomi, cognomi, slogan, numeri di lista e di candidatura che, escludendo qualche raro guizzo isolato, prosegue monocorde per strade e stradine del cantone.

Una monotonia spezzata, ogni tanto, da baffi, corna, denti da vampiro, vituperi vari. E già solo per questo sarebbero da ringraziare, gli imbrattatori di manifesti elettorali: arricchiscono e ravvivano un paesaggio cartellonistico perlopiù desolante. Ma chi davvero li dovrebbe ringraziare sono i politici presi di mira, i cui piatti manifesti acquistano improvvisamente spessore, trovano like e condivisioni sui social media e offrono al politico di turno la possibilità di fare bella figura mostrandosi superiore e tollerante, magari mandando, in stile Salvini, baci e abbracci agli imbrattatori.

“Tutta pubblicità gratuita” ha riconosciuto, con onestà, uno dei politici presi di mira. Salvo poi definirli, gli imbrattatori, “idioti e maleducati” (un consiglio: se vuoi condannare chi insulta, meglio evitare gli epiteti ingiuriosi) e concludere col classico “li denuncerei, non fosse che la magistratura ha di meglio da fare”. “Un segno di inciviltà” gli ha fatto eco un candidato. Ora: di che civiltà stiamo parlando, di preciso? Perché a ben guardare, di graffiti volgari e a tema politico se ne sono trovati sui muri di Pompei – e non li si può liquidare con “son napoletani” – e la Gioconda con un paio di baffi (e il poco rispettoso titolo “Elle a chaud au cul”) è adesso nei musei: la storia della civiltà è non solo attraversata, ma proprio costruita da atti irrispettosi e di dissenso.

Si dirà che in democrazia lo spazio per il dissenso è altro. Certamente ci sono anche altre modalità per intervenire nel dibattito politico, ma penso che la nostra società non solo possa tollerare un po’ di sfacciataggine, ma debba lasciare uno spazio a queste manifestazioni di dissenso anonimo, spontaneo e insolente, fatti salvi ovviamente gli eccessi da codice penale.

Si dirà che si lede la libertà di espressione dei candidati. Il che sarebbe vero se qualcuno, nottetempo, cancellasse tutti i manifesti di un candidato o di un partito; applicarlo a una scritta ingiuriosa pare troppo persino per la Repubblica dell’iperbole.

Si dirà: è un atto vandalico. Certamente, e infatti ferma condanna a graffiti su dimore storiche, ma per la maggior parte dei casi stiamo parlando di qualche segno su pezzi di carta comunque destinati a durare il tempo di una campagna elettorale. Per fortuna.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔