Commento

Mattarella e la democrazia

Il 'niet' a Salvini e Di Maio e la bufala della 'volontà popolare'

(Keystone)
(Che vvoi fà?)
28 maggio 2018
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Calma. Il rifiuto opposto da Mattarella a Paolo Savona - ministro dell’economia in pectore e nemico giurato dell’euro -  non è quell’oltraggio alla democrazia che i mozzorecchi del leghismo-grillismo cercano ora di millantare.
Intanto, perché l’appello gialloverde al rispetto della volontà popolare è una grande balla: Lega e Cinquestelle si sono presentati alle elezioni come nemici giurati; e il fatto che abbiano poi provato a governare insieme è certamente legittimo, dato il sistema elettorale vigente, ma non può essere venduto come diretta espressione della ‘vox populi’. Poi perché, piaccia o no, la Costituzione assegna al Presidente della Repubblica il giudizio ultimo sulla nomina dei ministri: liberissimo, dunque, di dire la sua su una nomina così controversa (i padri costituenti scelsero quest’opzione per evitare che l’intero equilibrio democratico fosse sottomesso ai capricci dell’esecutivo, memori com’erano delle derive fasciste). Infine, il Presidente è anche il garante ultimo degli accordi internazionali: spetta dunque a lui sindacare su nomine che potrebbero condurre alla violazione di quegli accordi, con tutto quello che ne consegue.
Il governo Salvini-Di Maio, d’altronde, è nato malissimo: con un contratto extralegale che pretendeva di subordinare il governo a un estemporaneo ‘Comitato di conciliazione’ fra i partiti, e con la pretesa di imporre al Parlamento il vincolo di mandato: ovvero il divieto per i parlamentari di cambiare casacca politica nel corso della legislatura. Che detta così sembra una gran bella cosa. Ma nei fatti vuol dire subordinare il mandato costituzionale di deputati e senatori alla dittatura dei partiti di appartenenza: un’altra cosa che la costituzione italiana (come qualsiasi altra costituzione europea) esclude esplicitamente, per evitare che i partiti possano sostituirsi al parlamento nelle decisioni politiche.
Sicché chi ora denuncia l’ingerenza di presunti “poteri forti” europei dovrebbe lasciare il mondo delle favole, e tornare alla realtà: non sono Merkel, Draghi, Soros o la Bilderberg a impedire la formazione del governo leghista-grillino; è semmai il fatto che questi partiti insistano a muoversi lungo le zone grigie della legalità costituzionale, arrivando perfino a evocare scenari da presa della Bastiglia. E inserendo surrettiziamente una strategia anti-euro che era stata completamente nascosta agli elettori. Il governo nascente è morto a Roma, non a Bruxelles o a Francoforte.
L’impressione, a volere pensar male (si fa peccato, ma ci si prende, come diceva Andreotti) è che quel fallimento sia stato disperatamente cercato dagli stessi Di Maio e Salvini. Che essendo i leader di forze anti-establishment, sanno che il consenso di cui godono si rafforzerà solo finché riusciranno a restare fuori dal governo: governando diventeranno loro stessi l’establishment, e le conseguenze, considerata l’incompetenza che li contraddistingue, sarebbero disastrose. Meglio dunque tornare alle elezioni con il crisma delle povere vittime, e poi si vedrà.
Ora – al netto della richiesta di ‘impeachment’ di Mattarella da parte di Di Maio, che dice bene che bravaccio sia il leader del maggior partito italiano - rimane da capire che tipo di governo potrà costruire Carlo Cottarelli, nel caso di investitura da parte del Quirinale. Cottarelli è stato il commissario della spending review, l’uomo che ha controllato i conti pubblici italiani nel momento in cui l’intreccio di crisi economica e difficoltà finanziarie rendevano la cosa indispensabile. Se sarà, dunque, sarà un governo tecnico: incaricato di varare una finanziaria decente (i gialloverdi proponevano programmi nei quali il rapporto fra spesa e copertura fiscale era di cento a uno, ricordiamocelo bene) e arrivare a nuove elezioni. È una toppa, chiaro. Ma avete visto il buco?

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