Commento

Quel ‘bazooka’ non funziona più

11 marzo 2016
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La mossa della Banca centrale europea era attesa, ma non nelle dimensioni annunciate dal suo presidente Mario Draghi. A un anno dall’inizio del Quantitative easing all’europea (acquisto di titoli del debito pubblico e privato sul mercato secondario), siamo già alla versione 2.0 di quella misura straordinaria di politica monetaria e il timore è che non possa ancora bastare per scongiurare il rischio deflazione nell’eurozona e soprattutto per rilanciare l’economia. L’istituto europeo di emissione acquisterà obbligazioni per ben 80 miliardi di euro ogni mese fino al prossimo marzo. Fino a ieri l’importo mensile era fissato a 60 miliardi. A pochi minuti dall’aver portato il tasso principale a zero e quello sui depositi delle banche presso la Bce a -0,4% (è ancora più elevato di quanto praticato dalla piccola Banca nazionale svizzera che lo ha fissato da più di un anno al -0,75%), la stessa Bce ha tagliato le stime di crescita per l’eurozona a +1,4% per quest’anno (da 1,7%) e a +1,7% per il 2017 (da 1,9%) formulando una previsione del Pil dell’1,8% per il 2018. Anche le stime d’inflazione sono state portate a 0,1% per quest’anno (da 1%) e a 1,3% per il 2017 (da 1,6%) formulando una previsione dell’1,6% per il 2018. L’obiettivo di un tasso d’inflazione vicino al 2% è quindi ancora lontano dall’essere raggiunto. Sta tutta in questi dati la spiegazione della reazione dei mercati finanziari che, dopo una fiammata iniziale seguita all’annuncio, in poche ore sono passati in territorio negativo. Addirittura, sui mercati valutari, l’euro si è apprezzato sia nei confronti del dollaro, sia del franco svizzero ritornato (per quanto ancora?) sopra la soglia psicologica di 1,10. L’impressione forte degli operatori, dopo l’iniziale euforia, è che la leva monetaria abbia perso ormai di efficacia. È nota nella letteratura economica la cosiddetta ‘trappola della liquidità’ di keynesiana memoria. In sintesi, quando non c’è sufficiente domanda di beni e servizi da parte di imprese e cittadini, non c’è offerta di moneta che tenga per rilanciare sufficientemente la spirale positiva di consumi e investimenti. Rimane soltanto una pia illusione. Inoltre, con la politica dei tassi d’interesse negativi, soprattutto se protratta a lungo termine, si entra in territori sconosciuti. Si è in piena sperimentazione monetaria con il risparmio dei cittadini (compreso soprattutto quello pensionistico) represso da interessi nulli, se non negativi, e spinto oltre le più ragionevoli intenzioni e necessità verso investimenti azionari rischiosi. Se a questo aggiungiamo che l’austerità imposta alle politiche economiche dei governi europei ha ridotto ulteriormente la domanda aggregata, le prospettive non sono quindi delle più rosee. Il timore – fondato – è che si sia alla vigilia di una nuova tempesta finanziaria; e un’altra crisi economica potrebbe essere alle porte. Le economie emergenti, infatti, stanno frenando bruscamente, il prezzo del petrolio è ai minimi storici (deflazione importata) e gli Stati Uniti sembrano aver già ormai alle spalle la seppur debole crescita economica. L’estensione del Quantitative easing ai titoli del debito privato (leggasi obbligazioni bancarie, ma non solo) somiglia sempre più a un piano di salvataggio del sistema finanziario europeo. Mettere in comune i debiti dei cittadini, quelli pubblici per intenderci, è drasticamente vietato dai trattati comunitari. Evidentemente questo divieto non vale per i debiti privati, quelli delle banche in particolare.