Commento

Se le galline non covano più

25 febbraio 2016
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Ci sono due importanti ambiti che hanno fatto la ricchezza del Cantone che non tirano più come prima: il turismo e la finanza. Questa settimana due notizie ce l’hanno detto (o ridetto) impietosamente: l’acquisizione da parte di Efg della Bsi e i dati funerei del turismo al Sud delle Alpi. Fra Efg e Bsi sarà fusione e la certezza sulla quale avevamo ‘sperato’ sino a ieri, ossia riuscire a mantenere una grossa banca con il suo centro decisionale radicato nella piazza finanziaria luganese, sarà meno certa. Ciò significa andare verso un indebolimento della terza piazza elvetica. E anche in questo caso abbiamo constatato quanto sia impotente la politica nei confronti della finanza, rimasta spiazzata, col naso all’insù, quando ha dovuto semplicemente prender atto che il jolly dell’offerta di BancaStato non è neppure riuscito a entrare in partita. Ora l’on. Vitta potrà anche ricevere rassicurazioni telefoniche dai nuovi proprietari, ma gli affari sono e restano affari. Stesso discorso potrebbe essere fatto sul fronte del turismo. Dati a picco, e milioni e milioni di franchi pubblici investiti in questi ultimi anni nel settore per che cosa? Le cifre sono impietose e, come al solito, si rincorrono le ricette miracolose: chi consiglia di tornare a investire nei mercati vicini; chi propone invece di diversificare e andare anche nel resto del mondo, sui mercati asiatici; chi denuncia l’abbassamento della qualità dell’offerta e il venir meno di una certa ospitalità; chi assicura che l’innovazione è l’unica via da seguire. E via dicendo. Sta di fatto che vi sono due galline dalle uova d’oro che stanno smettendo di covare. In simili casi, quando non si sa più bene che pesci pigliare, si dice che tocca allo Stato fare qualcosa. Sarà, ma che cosa? Una cosa a dire il vero la può fare. Deve farsi promotore di una riflessione di fondo, partendo da una pagina bianca e chiedersi se è ragionevole credere che il turismo e la finanza da noi possano avere un futuro e quale. Se la risposta, come possiamo immaginarci, sarà sufficientemente positiva (perlomeno per la piazza finanziaria, nonostante i cambiamenti epocali in corso), si dovrà decidere, con modalità veramente innovative, su che cosa puntare per garantire migliori (o meno peggiori) condizioni quadro. Ma la nuova sfida va lanciata cercando di sganciarsi dai soliti noti, che per forza di cose sono figli del loro tempo, e accettando anche provocazioni da parte di chi ha la capacità di alzare lo sguardo con competenza oltre i vecchi steccati, spesso politico-partitici. Troppi consessi che da noi hanno potere decisionale importante sono gestiti da persone certamente di buona volontà, ma che, quando nel cielo appaiono le prime nubi di una nuova era economica, mostrano immancabilmente tutti i loro limiti. E ora le nubi sono particolarmente minacciose. Non pensiamo comunque a uno di quei guru che vendono le loro ricette qui come altrove, ma a saggi che conoscono bene la cultura anche economica (preziosa) del nostro Paese. Saremmo tentati di scrivere: visionari con i piedi per terra a cui sta a cuore la Svizzera e anche il Ticino. Ma forse è chiedere troppo. Almeno qualcuno che ci conosca. Insomma: bisogna ritrovare il coraggio di osare. Chiederci se e quale turismo ha ancora un futuro in Ticino e quale ramo della finanza può nuovamente germogliare sulle rive del Ceresio. Cosa manca da noi come offerta accattivante, che potrebbe interessare i nostri ospiti? Sul fronte della finanza cosa si potrebbe accogliere di innovativo? Come vanno attratte nuove possibili competenze? Bisogna partire in modo finalmente proattivo da riflessioni di fondo, con un certo coraggio, identificando nuove opportunità e smettendola di subire e di dire che si stava meglio quando si stava peggio!