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La Shoah come pretesto di odio

Nel Giorno della memoria se ne sentono ormai di tutti i colori. Non è più la commemorazione di un genocidio (vero), di proporzioni straordinarie, ovvero la Shoah, è diventato ormai il pretesto per editorialisti e storici di provincia per rincarare la dose di critica, se non addirittura astio, nei confronti di Israele e del suo governo. Senza ritegno e rispetto per ciò che è avvenuto, nella ricorrenza quest’anno di 80 anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, si coglie la palla al balzo per fare paragoni inappropriati con il presunto genocidio /alias guerra a Gaza. In quale altro genocidio abbiamo visto le vittime di un genocidio imbracciare telefonini, lanciarazzi, assalire i mezzi della Cri e festeggiare per le strade? Quanto sono distanti le immagini dei corpi ridotti a pelle e ossa dei campi di sterminio di cui proprio la Cri nell’immediata liberazione del ’45 negava l’esistenza dei forni crematori. Oggi c’è chi vorrebbe banalizzare la Shoah e, anzi, ne approfitta per insultare personaggi come la Segre, perché grazie ai social media chiunque è libero di denigrare e insultare la memoria di chi ha vissuto quei calvari. Siamo arrivati all’oscenità di chiedere l’oscuramento degli eventi culturali su basi razziste come il concerto commemorativo della Shoah al Lac del 23 gennaio. Non è passato molto tempo, solo 80 anni da quando, incominciando a voler cancellare la cultura si è passati nel giro di qualche anno a cancellare le persone. Qui, chi non ha imparato la lezione della storia sono coloro che incolpano Netanyahu di difendere la propria nazione, perché per questi soggetti, se Israele si difende, lo farebbe in modo sempre inappropriato o spropositato. In pratica gli ebrei non possono e non devono difendersi come farebbe chiunque, ancora oggi nel 2025.