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Più prevenzione, meno repressione

(Ti-Press)

Tra i vari modi di controllare l’ordine pubblico la repressione è quello più costoso, ma non è sempre il più efficace. Durante il recente rapporto annuale del Corpo della polizia cantonale, Norman Gobbi si è detto preoccupato. Preoccupato perché lo stato delle finanze pubbliche non permette grandi manovre e bisogna risparmiare anche sulla scuola di polizia e “riuscire a mantenere l’attuale numero di agenti sul territorio non sarà un’impresa semplice, anche se auspicabile”, racconta il ministro. Proprio perché mancano le finanze sarebbe giudizioso cominciare anche in Ticino a esplorare altre forme di controllo sociale meno costose, e probabilmente più efficaci di quelle in auge nel nostro cantone.

È recente la notizia che i due centri d’ascolto e aiuto per pedofili presenti in Svizzera, uno nella Svizzera romanda e uno nella Svizzera tedesca, lo scorso anno hanno trattato 110 potenziali autori di reato. Che la prevenzione in questo campo sia efficace lo si evince anche dai risultati di una tesi di master dell’università di Zurigo: delle 150 persone considerate dallo studio che hanno seguito una terapia, dieci anni dopo solo tre di loro hanno commesso un abuso. Un centro così c’era anche in Ticino, ma è stato chiuso due anni fa a causa della mancanza di fondi. Questo anche se nei primi 12 mesi di attività 10 potenziali pedofili si erano rivolti all’associazione per chiedere aiuto.

Fatto sta che nei due centri che restano nel nostro Paese, tra il 2023 e il 2024, il numero delle consultazioni è aumentato del 30%. L’aumento non significa che c’è un incremento di pedofili, bensì che le campagne di prevenzione incoraggiano queste persone a chiedere aiuto e ciò in moltissimi casi permette di prevenire il passaggio all’atto. In questo modo, oltre che a salvaguardare le possibili piccole vittime da violenze indicibili, si risparmiano le risorse necessarie a fare inchieste che di solito sfociano in complicati processi che generano lunghe carcerazioni. Non siamo in grado di calcolare i costi delle decine di casi che annualmente sono trattati dalle autorità ticinesi. Quello che è certo è che un centro d’ascolto utile a permettere ai potenziali pedofili di tenere sotto controllo le proprie pulsioni costerebbe una frazione di quella cifra e permetterebbe di risparmiare, oltre ai soldi, molte delle sofferenze causate alle piccole vittime. Sofferenze che chi subisce si tira dietro tutta la vita.

Che lo strumento preferito da Norman Gobbi e la sua banda sia il manganello lo si evince anche quando ci addentriamo nel campo della prostituzione. Vent’anni fa “il fenomeno” era monitorato da un gruppo di esperti che si riuniva una volta all’anno. In quel gruppo non c’erano prostitute e neppure gestori. In sintesi l’autorità faceva astrazione di tutte le problematiche provenienti “dal fronte”. “Dall’altro fronte”, vien da dire. Come dicevamo, questo accadeva 20 anni fa. Oggi la situazione è radicalmente cambiata: grazie all’entrata in vigore degli accordi bilaterali la maggior parte delle donne è in regola con tutte le leggi vigenti e ogni locale ha il suo responsabile di fronte alle autorità. Il pensionato nullatenente che mette a disposizione la licenza di gerente per 2’000 franchi al mese per agire da parafulmine non c’è più.

La situazione sul terreno è radicalmente cambiata dicevamo. Non sono però cambiate le modalità intraprese dalle autorità per monitorare la situazione. Oggi come allora, chi fa il monitoraggio – oggi gruppo interdipartimentale – è affetto da una distorsione cognitiva chiamata ‘Dunning-Kruger’, e pensa di poter prendere decisioni efficaci basandosi su ragionamenti che fanno astrazione del punto di vista di tutte le persone coinvolte. Esattamente come 20 anni fa. Considerando che l’ambiente della prostituzione è altamente criminogeno, il modo di agire delle autorità, oltre che parecchio inefficace, è poco responsabile nei confronti della cittadinanza e delle persone che nel mondo del sesso a pagamento operano.

In Canada all’università di Ottawa insegna Irvin Waller. Professore di criminologia, Waller è specializzato in prevenzione e protezione delle vittime, le sue capacità sono mondialmente riconosciute. Tra gli altri il professore ha scritto un libro (‘Less Law, More Order: The Truth about Reducing Crime’) nel quale spiega che se si investisse in prevenzione – intesa anche come riduzione del danno – il 10% di quello che si spende in repressione, avremmo risultati migliori con dei costi dimezzati. In Ticino invece spendiamo di più per avere di meno: il costo della giustizia è talmente alto da uccidere la sicurezza perché così impongono le busecche di Norman Gobbi.