Ho ascoltato con interesse la trasmissione della nostra tv di Patti Chiari di pochi giorni fa. Serata dedicata al genere delle persone condotta da Lorenzo Mammone, un presentatore da me apprezzato per la costante e virtuosa qualità di quanto propone. Compio quest’anno novant’anni, un’età nella quale si dimentica molto ma ciò che si ricorda ha un valore stabile che documenta un’intera storia della genesi di molti di noi dalla nascita alla morte. Nella serata mi ha particolarmente colpito l’intervento di Giuseppe Cotti, municipale di Locarno e segretario comunale di Brissago.
Il problema dell’instabilità adolescenziale del genere riguarda in particolare il periodo dello sviluppo in cui nel corpo degli esseri di sesso maschile e femminile evolve perdendo i caratteri della fanciullezza e acquistando quelli all’età adulta. Cotti ha citato studi di alto livello accademico e internazionali che suggeriscono una ponderata attenzione e prudenza da parte di genitori implicati, prima di trarre e accettare conclusioni affrettate dei loro figli in atteggiamenti e affermazioni tipiche della transizione dalla minore età a quella adulta.
Un senso di sconforto che spesso affiora accompagnato da un angoscioso scoraggiamento è marchiato dal fatto di come oggi l’adolescente, sia esso maschio o femmina, si vede giudicato da sceneggiature di pubblicità della nostra tv. Una in particolare è quella recente, trasmessa ripetutamente fino alla noia, della trattativa della “paghetta”. È un modo quello della Banca dello Stato, promotrice della breve sceneggiata, di banalizzare il rapporto riducendolo al limite della volgarità quando non si tiene conto della complessità delle relazioni fra genitori e figli in un’epoca in cui nel confronto diretto nell’ambito famigliare ogni atto dovrebbe comprendere un profondo senso di rispetto e d’affetto fra le parti in causa.
Sebbene è molto distante da me il periodo dell’adolescenza vorrei brevemente rievocarlo con la premessa che i decenni trascorsi (oltre mezzo secolo) hanno senza dubbio avuto un effetto sui ricordi. Tuttavia sono convinto che nella costituzione del genere fra i fanciulli e le fanciulle determinante è sempre l’amore. Intendo l’amore per sé stessi esercitato con l’obiettivo di formare una persona che sappia amare. E come premessa l’amore è una virtù che dovrebbe sempre comprendere il rispetto per sé stessi. La mia esperienza, le mie letture di qualità e le relazioni personali nella giovane età mi portano alla conclusione che nell’adolescenza le crisi sono la regola e non l’eccezione. La loro gravità e il loro peso dipendono dal contesto famigliare, in particolare dal rapporto dei minori con il padre e la madre. I turbamenti, gli scompensi e i disagi sono il frutto in gran parte dal rifiuto di uno o di entrambi i genitori di accettare senza riserve lo stato del figlio o della figlia proprio perché già essi si sono trovati in situazioni analoghe rimaste irrisolte.
Soprattutto ricordo di aver avuto un amico intelligente e colto con il quale mi trovavo molto bene. Questa amicizia era accettata anche dai miei genitori che mai sindacavano la libera scelta delle mie relazioni. Poi l’amico del cuore scomparve. Scoprii con stupore che fu inviato a Londra per farsi curare da uno specialista che guariva (?) l’omosessualità. La conseguenza fu che una situazione affettiva provvisoria, proprio per l’incoscienza dei genitori, si trasformò in uno stato di genere irreversibile e fautore di continue sofferenze.