I dibattiti

Centri federali d’asilo, non solo un fatto di ordine pubblico

La politica migratoria mostra segnali contraddittori a discapito dei percorsi d’accoglienza e di socializzazione

‘La problematica è di natura strutturale’
(Ti-Press)

I recenti fatti di Pasture e i 530 interventi di polizia, che si sono susseguiti da inizio anno nel contesto dei Centri federali d’asilo (Cfa) del Basso Mendrisiotto, sono i sintomi contraddittori di una politica migratoria che privilegia il controllo e la sicurezza pubblica a discapito dei percorsi d’accoglienza e di socializzazione. Il Segretario generale della Federazione svizzera dei funzionari di polizia, Max Hoffmann, sostiene che episodi come quelli di Pasture accadono anche in altri Centri d’asilo in Svizzera. Una dichiarazione autorevole che situa la problematica dei Cfa del Mendrisiotto nel più ampio contesto nazionale.

Le origini della questione riguardano le contraddizioni insite nella politica migratoria. Non si tratta quindi di una faccenda periferica circoscritta all’estremo sud del Ticino, ma di un problema di natura strutturale. Per far fronte alle difficoltà organizzative e alle carenze culturali non bastano gli interventi urgenti di polizia, ma sono necessarie misure di prevenzione sociale e iniziative per promuovere una buona riforma legislativa e organizzativa della politica migratoria.

Cosa sta succedendo nei Cfa?

Quello che si sta vivendo all’interno dei Cfa è una specie di detenzione senza aver commesso reato. Sono luoghi dove sono concentrate troppe persone, costrette a vivere in ambienti non idonei, in spazi ristretti e nella promiscuità. Le persone sono obbligate all’inattività a partire dai 16 anni in uno stato d’incertezza e isolamento che causa sofferenza e depressione.

Una prevenzione possibile

A questo modello istituzionale concepito sulla segregazione e l’isolamento, si vuole contrapporre un percorso di accoglienza e aggregazione. Un progetto che consiste nella creazione di una rete sociale di sostegno: una politica delle opportunità che si realizza grazie alla collaborazione di tutti i Comuni del Mendrisiotto (nessuno escluso) e della società civile. Una buona politica che si concretizza con l’offerta di lavori di pubblica utilità, spazi di accoglienza e socializzazione (vedi progetto Calicantus), corsi di lingue, attività ricreative, sportive, culturali, relazionali ecc.

Bisogna aiutare le persone migranti a ridare un senso alla loro vita e garantire il rispetto dei diritti fondamentali. La loro presenza rappresenta una grande sfida ma anche un’opportunità di crescita culturale e politica. Il Mendrisiotto dispone delle risorse organizzative, sociali, morali per far fronte ai bisogni emergenti della migrazione. La Confederazione può e deve sostenere finanziariamente queste iniziative. Non solo ordine pubblico quindi, ma anche accoglienza e integrazione.

Distribuzione nel territorio

La politica migratoria va riformata al più presto. Al paradigma della concentrazione dei migranti nei Cfa, si contrappone il modello della distribuzione nel territorio. Il Ticino e la Svizzera centrale fanno parte di una delle regioni d’asilo: una regione vasta che permette una più equa e oculata collocazione dei migranti. Una riforma necessaria a favorire il processo di umanizzazione.

Bisogna conoscere per poter rinnovare questo sistema. Nei Cfa dovrebbe vigere un obbligo giuridico ed etico a renderli visibili e controllabili. Fino a oggi non è possibile la visita per giornalisti e rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani: una contraddizione che va superata al più presto. Anche le carceri possono essere visitate.

Allargare la partecipazione del Gruppo di accompagnamento

I Comuni che ospitano i Cfa (Chiasso, Balerna e Novazzano) partecipano, insieme ai rappresentanti della Sem e del Cantone, al Gruppo di accompagnamento che si occupa di questioni inerenti al funzionamento e alla sicurezza del Centro. Riteniamo utile e necessario estendere la partecipazione a tutti i Comuni della Regione e ai rappresentanti della popolazione. Serve per migliorare il coinvolgimento della comunità nei percorsi d’integrazione e socializzazione, come pure per avere un monitoraggio costante delle dinamiche sociali.

Ricordiamoci che i migranti scappano per povertà, paura e disperazione. Persecuzioni, guerre, cambiamenti climatici e miseria sono le cause più visibili delle migrazioni forzate.

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