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Basta improvvisazioni nella scuola!

Mi spiace dirlo, ma da un po’ di tempo a questa parte assistiamo a una serie di proposte e di decisioni per la scuola contraddittorie e anche superficiali. È accaduto recentemente con la decisione di anticipare l’insegnamento del tedesco in prima media; è accaduto un paio di settimane fa con la pseudo sperimentazione per il superamento dei livelli. Altrettante improvvisazioni che fanno seguito a una serie di proposte dipartimentali elaborate senza il necessario consenso: il progetto di "Scuola che verrà", rigettato in votazione popolare; la proposta monca di laboratori solo per la classe terza, non accolta dal Gran Consiglio; l’anticipo del tedesco, non proposto dal Decs. Altrettanti insuccessi dipartimentali che devono far riflettere: non è buona cosa affidare soltanto ai pedagogisti di corte l’elaborazione di modelli da attuare nella scuola; e nemmeno è auspicabile appoggiarsi sui politici per la ricerca di soluzioni complesse, che richiedono un minimo di professionalità. Questo vale in ogni campo: se devo aggiustare l’auto mi rivolgo ai meccanici; se devo costruire una casa interpello gli architetti e gli ingegneri, e così via. Perché questo non debba valere anche per la scuola? Ho sentito giustamente affermare dalla candidata, papabile per la direzione del Decs, che si impone come non mai una riflessione globale sulla scuola, coinvolgendo i docenti, i genitori e gli allievi. Personalmente aggiungerei anche alcune personalità del mondo del lavoro e dell’economia. Le soluzioni adottate dal Gran Consiglio vanno certamente rispettate; ma niente impedisce che se ne possa discutere, soprattutto se esse sono il frutto di una contrapposizione politica e di un’affrettata impostazione. "Sperimentare" in sei sedi (su una trentina) quattro soluzioni diverse non depone certamente a favore della serietà scientifica. Introdurre un’ora di insegnamento del tedesco in prima serve a poco ed è pure controproducente, in quanto a quell’età i ragazzi hanno ancora molte difficoltà nella lingua madre e si trovano anche confrontati con alcune disparità di formazione al termine della scuola elementare. L’unica soluzione suscettibile di potenziare l’insegnamento del tedesco doveva essere quella dei laboratori a classi dimezzate in terza e quarta.

Ciò che rimprovero ai politici e, in primis al Decs, è la mancata volontà di affrontare le varie questioni del secondo biennio e del passaggio alle scuole successive con un progetto sensato e consensuale, sul quale impostare una seria sperimentazione. Un progetto che considerasse i diversi aspetti della problematica: la necessità di consolidamento delle conoscenze per tutti gli allievi e la diversificazione di contenuti a seconda delle motivazioni degli allievi. La soluzione della doppia docenza (si dice "proveniente dal basso") potrebbe anche funzionare, a condizione che essa serva a diversificare l’approccio e le offerte di apprendimento e non a intestardirsi ad ogni costo sull’inclusione e sull’eterogeneità. Solo così potremmo dire che, senza discriminazione alcuna, agli allievi verrebbe offerta la possibilità di aprire i loro orizzonti e di frequentare la scuola con piacere.

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