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Nuove lezioni per il presente

(Ti-Press)

Ci sono molti modi di rispondere all’interrogativo su che cosa debba fare la Scuola per non trascurare le preoccupazioni legate alla grande incertezza nella quale viviamo oggi. Voglio dire: per non nascondersi dietro l’urgenza, certamente più che comprensibile, dettata da programmi e obiettivi. E assumere un ruolo propositivo, senza limitarsi alla sola questione dei profili di competenza in uscita. Ben spendibili, ovviamente. Oltre alle conoscenze e alle abilità richieste dalla contingenza, per assicurare alla Società una solida creazione di valore in base a cui riprodursi e crescere, esistono anche i valori intangibili di quella "intelligenza sottile delle cose" che consente di relazionarsi con sé stessi e con il mondo circostante secondo una sensibilità irriducibile al calcolo strategico degli interessi. È l’intelligenza sottile che ti fa sentire parte di un mondo più vasto di quello inerente alla tua zona di prossimità. Così che puoi, ad esempio, percepire questa grande, dolorosa, disorientante incertezza non come un sentimento privato, ma come effetto di un insieme di fattori problematici che accomuna all’interno di uno stesso destino tutti gli esseri viventi, compreso il globo terracqueo. E su questa base, capire quanto sia obsoleta l’idea secondo cui è solo nella competizione che ognuno può dare il meglio di sé.

Il liceo di Bellinzona, negli anni, ci ha abituati a un suo modo particolare di assumere un tale ruolo: aprirsi al territorio, in collaborazione con alcuni dei suoi più eccellenti protagonisti in ambito culturale, grazie all’offerta di una serie di appuntamenti pubblici di altissimo livello, capaci di invitare allievi, docenti e cittadinanza a riflettere insieme e in modo critico sui nodi del presente, al di là delle sacrosante preoccupazioni quotidiane. Per aiutarci a capire quali siano i grandi quadri di senso dentro i quali le nostre vite trovano i motivi e le ragioni per fare quello che fanno, per credere in quello in cui credono, per essere ciò che sono. Uno sguardo, dunque, molto più comprensivo rispetto alla predisposizione necessariamente puntuale con cui si intraprendono le attività correnti, dentro e fuori la scuola. Ma, appunto, proprio perciò necessario a promuovere una responsabilità e una consapevolezza di sé incompatibili con il movimento di riduzione unilaterale della figura del cittadino a quella dell’individuo inteso quale mero soggetto portatore d’interessi, spinto a dare il tutto per tutto nell’arena dei diversi competitor. Come se non ci fosse null’altro da fare, secondo quanto ha voluto farci credere nei decenni passati l’"ideologia della fine delle ideologie". Agguerritissima, astuta, accademicamente appagante: si è trattato di una visione delle cose che si è fatta avanti presentandosi nelle vesti di una scienza economica oggettiva, grazie alle sue modellizzazioni matematiche. Così da attirare a sé le menti più brillanti e riuscendo poi nell’intento di colonizzare interi segmenti del corpo sociale (Stati, istituzioni, organizzazioni, individui). Oggi è invece chiarissima l’urgenza di investire su una tutt’altra idea di persona e società. In base a una considerazione molto semplice. È finito il tempo del "chi fa per sé, fa per tre" visto che a conti fatti gli altri "tre" rimangono poi sempre a bocca asciutta. Come sa perfettamente chi ha in chiaro che comunità e società, prima ancora di corrispondere a due forme storiche di organizzazione dei gruppi umani, sono risorse tra loro complementari. Nessuna società in assenza di comunità è in grado di sopravvivere, e viceversa.

Le "Nuove lezioni bellinzonesi", pubblicate alla fine dello scorso anno a cura della commissione Attività culturali della scuola, con il coordinamento di Simone Bionda e Lucia Orelli Facchini, riprendono e rilanciano dunque una preziosa tradizione. "Preziosa" per la statura dei personaggi coinvolti nel tempo e per le questioni trattate. Non poteva essere scelto meglio il tema ("Limite") del primo numero della nuova serie di pubblicazioni, che assume ora le vesti della rivista-annuario e non più del volume miscellaneo, com’è stato in passato grazie alla perizia e all’iniziativa di Fabio Beltraminelli. Tema attualissimo sotto diversi riguardi. Ma innanzitutto perché è proprio della nostra assoluta incuranza nei confronti di ogni limite che oggi stiamo soffrendo, nonostante le benemerite conquiste della civiltà. Intendiamoci, "superare limiti" è certamente peculiare alla nostra specie: siamo chiamati a farlo continuamente se vogliamo essere ciò che possiamo essere. Cosa (non) saremmo se, appunto, non lo avessimo dovuto fare continuamente nel corso della nostra evoluzione? È, del resto, uno dei possibili significati della tecnica, con buona pace di chi in essa ravvede invece la principale causa del progressivo deperimento dell’umanità nell’uomo, l’assediamento cui sarebbe sottoposta la sua natura. Tuttavia, è proprio per questo che la nostra tradizione culturale non si stanca di avvertirci. Rispetto a questa ebbrezza dell’illimitato, che fa necessariamente di noi i costruttori di noi stessi e del nostro mondo, e ora anche di mondi paralleli capaci di approfittare gli uni degli altri (come mostrano le applicazioni più intelligenti del metaverso in campo medico), ci dice: attenzione all’orgogliosa, tracotante e irresponsabile insolenza di una potenza che finisce con l’avere come unico scopo quello di potenziare se stessa. Facendo poi di tutti noi delle semplici pedine di un gioco ormai sfuggito di mano. La grande incertezza nella quale siamo immersi oggi, in ragione di una crisi che, per la sua durata e plurivocità (perma/multicrisi) presenta ormai il volto della catastrofe (ambientale, sociale, individuale), ci parla proprio di questa insolenza da cui neppure il sagace e irresistibile Dedalo era riuscito a proteggere il figlio Icaro.

Gli autori selezionati attorno al tema del limite per il primo volume della nuova serie (Franco Farinelli, Sergio Rossi, Giorgio Cosmacini, Maurizio Giangiulio Benjamin Schlein, Emilio Gentile) penetrano i diversi lati della questione, con gli strumenti raffinati delle loro rispettive discipline. In generale, per aprirci varchi di visibilità in cui l’appello al limite e al senso del confine possa diventare una rivendicazione etica, per non dimenticare chi siamo (diventati), in quale mondo ci muoviamo e in quale potremmo non esserci più.

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