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Ucraina: la pace delle donne

Non ci sono attenuanti per l’aggressione all’Ucraina e i crimini nei confronti dei civili da parte dell’esercito di Putin. Nessun antecedente storico, politico o calcolo economico potrà mai giustificare una simile barbarie. Su tutto questo non ho dubbi: sono solidale con la resistenza di fronte all’invasore. Ma sono anche profondamente pacifista. Guardando la Tv dal mio comodo divano provo un insopportabile senso di impotenza, paralizzata dal dilemma fra "fornire più armi" all’esercito ucraino, col rischio di prolungare la guerra e i relativi massacri, oppure lasciare che gli ucraini affrontino l’aggressore a mani nude fino alla resa, come dire "porgete l’altra guancia" per evitare il sacrificio di altre vite umane...

Una cosa è certa: dichiarare la guerra, fare la guerra e poi condurre le trattative fra vinti e vincitori, salvo rare eccezioni, è sempre esclusivamente una faccenda di uomini. Come scrive Lea Melandri "gli orrori hanno un genere". E le donne, che ruolo svolgono sulla scena della guerra? Soprattutto quello di vittime! Prevalentemente intente a proteggere i loro bambini nei rifugi, o in fuga verso la salvezza. Sono anche vittime dello stupro usato come arma di guerra. Corpi "per natura" senza voce e senza potere. Allora perché, invece di scegliere fra due soluzioni estreme, non proviamo a cambiare la prospettiva chiamandole sulla scena col ruolo di protagoniste, di custodi della vita e della pace?

Pensando a tutto questo è nato un sogno: che il movimento femminile e femminista svizzero, in nome della nostra tradizione di paese mediatore, possa allestire il più presto possibile un tavolo di trattative fra un gruppo di autorevoli donne ucraine e russe (possibilmente anche mamme). Donne politicamente competenti ma anche impegnate per la parità dei diritti e per la pace. Potrebbero provare a negoziare una soluzione concreta per fermare questa assurda guerra fratricida, per affrontare e risolvere il conflitto senza vinti né vincitori, evitando le umiliazioni che poi anticipano le prossime guerre.

La mia proposta può sembrare una vana chimera perché è vero che queste trattative non otterrebbero nessun riconoscimento ufficiale. Ma credo che avrebbero un grande valore simbolico se fossero mediatizzate sul piano internazionale. Renderebbero visibile quanto la guerra, espressione estrema della cultura patriarcale tutt’ora dominante, esalti la disuguaglianza di genere. Sarebbe anche un modo per ridare dignità alla "neutralità attiva" e per dare prestigio al movimento delle donne e ai molti uomini che non si identificano più nei valori del patriarcato.

P.s.: Sono certa che la compianta amica e complice Tiziana Mona avrebbe condiviso questo sogno con il suo incrollabile entusiasmo.

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