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Stampa, libertà, pluralismo

(Ti-Press)

Hannah Arendt chiamava la “modesta verità dei fatti” come fondamento della libertà di espressione. Questa affermazione rappresenta un punto di partenza per comprendere quale sia il ruolo degli organi d’informazione nelle società. Per Hannah Arendt la libertà di espressione deriva dalla verità dei fatti.

La formazione dell’opinione avviene nel contesto di una dimensione “pubblica” in cui anche chi ascolta viene coinvolto nella formazione di un’opinione e le opinioni “fondate” possono prevalere solo se i fatti a cui si riferiscono sono conosciuti; altrimenti le false idee saranno efficaci quanto quelle vere, se non più efficaci. Qualsiasi teoria, anche la più astratta, deve basarsi su dei fatti e sulla loro conoscenza. Le diverse opinioni devono confrontarsi, dialogare, scontrarsi. Gli algoritmi dei social propongono agli utenti solo le opinioni che coincidono con quelle già preferite dall’utente stesso, soffocando sul nascere qualsiasi possibilità di apertura e di dialogo con nuove idee. Sempre più spesso un’opinione contraria viene letta come un insulto ad personam piuttosto che come un’occasione di ampliamento dei propri orizzonti. Il mercato delle idee, il pluralismo, non si può semplicemente sintetizzare in una sorta di free speech senza limiti che consista in pseudo-opinioni basate su elementi di conoscenza effimeri. In poche parole non bisogna confondere i fatti con le opinioni.

A che punto siamo nella scala del pluralismo dell’informazione in Svizzera e in Ticino in particolare? Da uno studio dell’Istituto di ricerca per la sfera pubblica e la società dell’Università di Zurigo, emerge che più del 53% di persone tra i 16 e i 29 anni è newsdeprived, ovvero hanno accesso solo a informazioni di bassa qualità provenienti essenzialmente dai social. Dobbiamo sperare che il ruolo del giornalismo sia ancora determinante nell’informazione e nel dibattito? Un recente studio dell’Ue segnala un deterioramento generale della libertà d’informazione in tutta Europa così come un deterioramento delle condizioni economiche e della stessa sicurezza dei giornalisti con diverse segnalazioni di attacchi fisici, molestie online, minacce. In Svizzera i media versano in uno stato di notevole difficoltà che sta portando alla chiusura di diverse testate locali che potrebbero contribuire al pluralismo dell’informazione di qualità che, da sola, non garantisce, certamente, la uniforme diffusione di fatti oggettivi, ma che resta essenziale nella formazione di opinioni fondate su elementi oggettivi.

Dal 2003 sono scomparsi più di 70 giornali locali che, probabilmente, fanno fatica a competere con l’informazione semplice, poco strutturata, naïf e gratuita dei social media. Questo è ancora più vero in Canton Ticino dove sembra mancare un reale confronto di spessore. Con la nuova Legge Federale sul pacchetto di misure in favore dei media, si potrebbe contribuire a garantire una maggiore pluralità d’informazione. I contrari sostengono che un’informazione “sostenuta” da contributi pubblici si trasformi in un’informazione di Stato e che distorca il mercato. Contro quest’opinione, bisogna pur osservare che un’informazione affidata solo al libero mercato non può funzionare se non in presenza di alcuni elementi difficilmente realizzabili in concreto. Sarebbe necessario essere in presenza di un’utenza di notevole cultura generale tale da creare una forte domanda per un’informazione autorevole e attendibile: lo studio dei dati di realtà dimostra che le persone credono d’informarsi sui meme di Facebook anziché su quotidiani, su saggi o su riviste specializzate. Sarebbe, inoltre, necessario un mercato florido, che possa generare delle risorse economiche tali da rendere i media del tutto indipendenti: anche questo elemento è difficilmente presente e, forse, non lo è mai stato. Entrambi questi elementi mancano in quasi tutto il mondo e un finanziamento pubblico è, probabilmente, l’unica soluzione, pur se di compromesso, per sostenere i media e per garantire un’informazione solida alla popolazione: questo è ancora più importante in un Paese come la Svizzera in cui il ruolo della democrazia diretta è così importante.

Nell’attuale e frenetico mercato delle idee, ciò che manca non sono le informazioni di parte ma l’apertura al confronto e la forza di contrastare la disinformazione. Ciò che manca è, ad esempio, una corretta informazione nell’ambito del complesso dibattito sui rapporti Svizzera-Ue, informazione che dia la possibilità ai cittadini di valutare, comprendere, scegliere con cognizione di causa.

Ancora la nostra Hannah Arendt, nel suo saggio Verità e Politica, scrive, profeticamente: “La libertà d’espressione diventa una farsa se l’informazione sui fatti non è garantita e se i fatti stessi vengono messi in discussione”.

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