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Aiuti ai media, urge intervenire

(Ti-press)

“I media svizzeri sono in difficoltà: a beneficiare degli introiti pubblicitari sono sempre più spesso le grandi piattaforme internet”, si legge nell’opuscolo rosso che ci viene spedito a casa dalla Confederazione per spiegare i temi in votazione popolare. Il prossimo 13 febbraio voteremo anche per decidere il destino di un “pacchetto di misure in favore dei media”.
Nel nostro Paese aiuti alla stampa esistono da sempre, i primi furono introdotti nel 1849, un anno dopo la creazione della Svizzera moderna. Misure che fanno dunque parte della nostra storia, anche in ossequio a quanto prevede la Costituzione federale, che garantisce la libertà della stampa, considerata un diritto fondamentale. In questi ultimi 173 anni gli aiuti ai media si sono sostanzialmente concentrati sul sostegno alla distribuzione postale dei giornali e, più recentemente, sul finanziamento delle radio e delle televisioni locali, attraverso il canone radio-televisivo.
Nell’ultimo decennio la situazione è però cambiata in modo repentino con l’arrivo delle grandi piattaforme online internazionali, Google, Facebook e affini. Più che un arrivo, una rivoluzione, o se volete uno sconquasso. Secondo il rapporto annuale sulla qualità dei media in Svizzera pubblicato lo scorso mese di ottobre dall’università di Zurigo, questi colossi statunitensi prelevano indisturbati ben un miliardo e 400 milioni di franchi all’anno dal mercato pubblicitario online del nostro Paese. Capitali che finiscono negli Stati Uniti e non a beneficio del media elvetici. Da qui l’urgenza d’intervenire con questo pacchetto di aiuti definito l’anno scorso dalle Camere federali. In tutto 150 milioni di aiuti supplementari in favore dei media elvetici, per un periodo limitato a sette anni. Una sorta di scialuppa di salvataggio nel maremoto in cui si trovano a operare oggi le testate giornalistiche del nostro Paese, basti ricordare che dal 2003 a oggi è fallita ben una settantina di giornali. Voci fondamentali, anche a livello regionale, per il dibattito pubblico, per la formazione dell’opinione dei cittadini e in definitiva per la qualità democratica del nostro Paese. Che ne sarebbe di un tema in votazione popolare se non ci fossero i media a presentarlo, a ospitare interviste e dibattiti? E che ne sarebbe della vita politica del nostro Paese se non ci fosse l’apporto del giornalismo, che interroga e indaga sull’operato di autorità, partiti e associazione di categoria? Per questo motivo anche l’Associazione dei giornalisti ticinesi (Atg) sostiene questo pacchetto di aiuto ai media e lo fa in sintonia con Impressum, l’organizzazione di categoria a livello nazionale. Si tratta di aiuti in favore degli editori, di questo siamo consapevoli. Al nostro appoggio aggiungiamo con forza l’esortazione a riaprire, dopo il voto che ci auguriamo positivo il prossimo 13 febbraio, un tavolo di trattative per la definizione di un contratto collettivo di lavoro, che in Svizzera tedesca e in quella italiana manca ormai da una quindicina di anni.
Le condizioni di lavoro e salariali dei giornalisti, dei freelance, dei fotografi e di tutti gli altri operatori dei media sono andate sempre più peggiorando, a tal punto che il giornalista è la figura professionale che guadagna meno di tutti, tra chi dispone di una laurea universitaria. Buone condizioni di lavoro favoriscono di certo la qualità dei servizi giornalistici, ed è proprio sulla qualità che occorre far leva per avvicinare e fidelizzare il pubblico. Gli aiuti del pacchetto in votazione servono proprio a questo, a trovare il modo per poter rimanere a galla, per elaborare delle strategie imprenditoriali capaci di affrontare questo difficile momento e anche per migliorare le condizioni di lavoro di chi nei media opera in prima linea, e cioè i giornalisti. L’aiuto ai media è anche un sostegno al valore del lavoro giornalistico nel nostro Paese!

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