I dibattiti

Alpe Piora, una storia di 8 secoli che spiega il presente

La recente sentenza del Tf relativa alla Corporazione dei Boggesi induce a una riflessione sulla situazione attuale dell'ambito alpeggio

Giancarlo Croce (Ti-Press)
26 maggio 2020
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*Per l’Ufficio della Corporazione dei Boggesi di Piora

La ‘Regione’ del 25 aprile scorso ha riferito dell’ammissione di nuovi membri quali 'boggesi' dell’alpe di Piora (la corporazione di patrizi cui appartiene quell’alpeggio), rivelando qualche dissenso e qualche coda giuridica. Non si vuole qui entrare nel merito di quelle situazioni specifiche, per discrezione e anche perché in un organismo comunitario di bene pubblico conviene ricercare la maggior armonia possibile e non già accentuare incomprensioni. Ci sembra invece utile ricordare il grande impegno morale e i valori comunitari che sono parte essenziale della secolare realtà dei boggesi di Piora. I quali fondano le proprie radici molto indietro nei secoli. Non era infatti ancora nata la Svizzera dei Cantoni primitivi del 1291 e gli abitanti della Leventina già si erano accorti dell’importanza che rivestiva, per la sopravvivenza di tutta la comunità, lo sfruttamento ordinato ed equo degli alpeggi. E così le dieci Vicinanze leventinesi (che erano un po’ i Comuni di oggi) decisero di procedere alla spartizione di questi beni così essenziali. In pratica tutte le superfici pascolabili durante l’estate venivano assegnate alle singole comunità rurali, stabilendo pure le regole per il loro sfruttamento. In questo modo i pascoli non venivano frazionati ma restavano in possesso della collettività.

Il 23 maggio 1227 (64 anni prima del ‘giuramento’ del Grütli) le dieci vicinanze leventinesi firmarono l’atto di spartizione degli alpi. Il grande ‘comune rurale di Quinto, due giorni dopo, il 25 maggio, firmò a sua volta l’atto di suddivisione tra le diverse ‘terre’ che componevano la Vicinanza. In questo documento si stabiliva che alle famiglie delle frazioni situate sulla sponda sinistra del fiume Ticino veniva assegnato lo sfruttamento dell’alpe di Piora. Queste famiglie (citate con nome e cognome nel documento) capirono subito il valore e l’importanza della ricchezza naturale a loro assegnata e, nel rispetto delle regole di sfruttamento imposte dal documento, si prodigarono nel far fiorire l’attività alpestre.

Di generazione in generazione

Questa modalità di gestione comunitaria è stata trasmessa, di generazione in generazione, per quasi 800 anni, fino ai giorni nostri: il che conferosce ai boggesi di oggi un senso storico e morale molto alto di responsabilità. L’atto costitutivo imponeva norme molto severe e dettagliate, per evitare possibili conflitti e per far funzionare al meglio la collaborazione tra le famiglie secondo il principio per cui il bene collettivo doveva avere la preminenza su quello individuale. Per secoli, non senza grandi sacrifici da parte di tutte le famiglie coinvolte nella ‘storia’ di Piora, questi concetti di responsabilità solidale contribuirono a far diventare l’alpe la ricca e bella realtà che abbiamo oggi sotto gli occhi e a far definire il prodotto di Piora il formaggio d’alpe ticinese per eccellenza.

Oggi è appurato che i pascoli della Val Piora sono particolarmente pregiati grazie innanzitutto a una situazione geologica specifica ed eccezionale (presenza di substrato calcareo-dolomitico e granitico) che permette una enorme biodiversità vegetale. Sono presenti ben 1’732 specie vegetali di cui 511 sono fiori ed erbe. La qualità del formaggio è sicuramente in buona parte dovuta a queste caratteristiche d’eccezione: ma senza l’impegno prodigato dalle famiglie boggesi lungo il corso di otto secoli, la qualità del formaggio di Piora non sarebbe assurta alle eccellenze odierne.

La modifica della Lop del 1995

Nel 1995 la Legge organica patriziale (Lop) stravolge non poco l’ordinamento delle corporazioni. In particolare, a determinate condizioni, ogni cittadino domiciliato nel Comune può, a richiesta, acquisire lo stato di patrizio e quindi accedere incondizionatamente allo sfruttamento dei beni alpestri, esautorando in pratica la sovranità dell’Assemblea patriziale. A questo proposito occorre far notare che la Corporazione dei Boggesi di Piora non ha mai negato lo statuto di boggese a nessun richiedente se questi avesse in passato dimostrato un comportamento in linea con le ‘virtù’ comunitarie, sociali e morali che furono alla base del ‘patto’ del 1227. 

L’eccellenza dell’impegno prodigato nei secoli è comprovata oggi dal fatto che se in Ticino molti patriziati faticano a trovare le bovine da portare sull’alpe e devono affittare l’alpe a terzi o cercare bestiame nella Svizzera interna per completare la mandria, in Piora siamo in presenza, da ormai diversi anni, di un esubero di capi notificati dai boggesi, tanto che spesso si devono con rammarico rifiutare capi di bestiame ad agricoltori non boggesi.

Problema che rischia di accentuarsi

Questo problema rischia di accentuarsi ulteriormente nei prossimi anni. Infatti, in vista dell’aggregazione dei Comuni dell’alta Leventina, tutti i cittadini domiciliati nel nuovo Comune potranno chiedere di diventare boggesi di Piora, acquisendo quel diritto per sé e per i propri discendenti. Sarà un desiderio legittimo e da rispettare, ma al tempo stesso occorrerà vigilare affinché questo possibile afflusso massiccio non metta in crisi la gestione alpestre, la quale non permette di pascolare più di 260 capi. Occorrerà in questo senso lavorare per far convivere il buon diritto di appartenenza boggese con la salvaguardia delle norme per una gestione d’eccellenza. Si potrà per esempio lavorare a una modifica sostanziale dell’attuale Legge organica patriziale (Lop). Uno sfruttamento a beneficio degli interessi di pochi grossi agricoltori a scapito di quelli più piccoli rischierebbe infatti di vanificare la secolare conduzione ottimale  dell’alpe. Nella condivisione di questi principi e di questa vigilanza, ogni linfa nuova dentro la lunga storia dei boggesi di Piora sarà la benvenuta.

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