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Bellinzona città morta

Sono ancora impresse nella memoria di molte persone le scene di Bellinzona gremita per le viuzze del centro storico. Via Codeborgo, Piazza Collegiata e Piazza Indipendenza fremevano non solo durante la settimana del Rabadan. Bellissimi ricordi, che al momento sembrano però destinati a rimanere tali.

Con l’adozione nel 2007 dell’Ordinanza municipale sulla repressione dei rumori molesti e inutili, la movida cittadina ha subito una… sonora battuta d’arresto. In primo luogo, tale Ordinanza stabilisce che gli esercizi pubblici “non devono essere fonte di disturbo per il vicinato”, il che ci lascia già intendere quale sia la visione dell’esecutivo in merito. Secondariamente, all’interno del documento troviamo articoli che sanciscono il divieto di altoparlanti all’aperto o imposizioni sulle emissioni sonore delle singole persone, le quali devono essere ridotte al minimo tra le 23 e le 7. Insomma, di notte a Bellinzona è meglio camminare in punta di piedi per non rischiare di calpestare qualche regola.

Ho potuto appurare personalmente come, nonostante nell’Ordinanza si parli delle 23, sia prassi comune concedere permessi speciali solamente fino alle 22. Al di là della valenza giuridica di tali azioni, la domanda principale è: che messaggio stiamo mandando alla popolazione? Una città dall’alto potenziale turistico, con un’identità forte e una voglia di organizzare attività dovrebbe dare ascolto alla propria base e favorire l’organizzazione di eventi in un centro storico che a livello architettonico offre già uno spazio naturale per questo scopo. E invece no. La nuova Ordinanza proposta dal Municipio nel 2021 è stata fermata da centinaia di ricorsi inoltrati per la maggior parte proprio dagli esercenti. Questo nonostante che, prima della sua pubblicazione, il gruppo Verdi-Fa-Mps avesse inoltrato un’interpellanza proprio per mettere in guardia riguardo l’eccessiva rigidità del nuovo regolamento. A quanto pare, la musica non cambia. Ancora oggi, nelle autorizzazioni rilasciate, possiamo leggere a chiare lettere che “il livello sonoro dovrà essere mantenuto di sottofondo” e ancora “dovranno essere prese tutte le necessarie precauzioni al fine di non disturbare la quiete pubblica”.

E ricordiamoci che stiamo parlando solamente di rapporti tra Municipio ed esercenti. Figuriamoci se l’interlocutore fosse un giovane che vorrebbe organizzare una festa o una manifestazione in centro. La capitale ha bisogno di rivedere radicalmente la sua politica giovanile e degli eventi. Personalmente, per migliorare la situazione, ritengo che sia essenziale instaurare un dialogo con gli attori del centro storico (privati, commercianti ed esercenti) e nel contempo ascoltare più attivamente i giovani riguardo le loro necessità e desideri. Progetti come lo skate park o il Parco urbano hanno dimostrato come in Municipio prevalga l’idea di “delocalizzare il problema” anziché dialogare. È giunto il momento di tornare a ballare all’ombra dei castelli.

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