Incontro sul futuro di Gaza con polemiche su Iran, Siria e Libano; la famiglia dell'ostaggio Ran Gvili presente a Mar-a-Lago
Nel rush di fine anno per capitalizzare importanti decisioni di politica estera da cui potrebbero dipendere migliaia di vite, Donald Trump ha ricevuto nel suo resort di Mar-a-Lago Benyamin Netanyahu, solo 24 ore dopo il colloquio con Volodymyr Zelensky. Si tratta del quinto incontro tra i due leader da quando il tycoon è tornato alla Casa Bianca, ma questo in Florida arriva in un momento cruciale per il Medio Oriente con tanti dossier caldi da Gaza all'Iran.
Trump, che continua a volersi presentare come il presidente della pace, è sempre più insofferente verso alcune azioni israeliane degli ultimi mesi. Ma soprattutto è impaziente di avviare la fase due a Gaza dopo il fragile cessate il fuoco che aveva personalmente finalizzato ad ottobre. Una tregua messa a dura prova dalle continue operazioni israeliane nell'enclave che, secondo il ministero della Sanità palestinese, hanno ucciso oltre 400 persone in pochi mesi. La ricostruzione nella Striscia, ha sottolineato il presidente americano, inizierà "molto presto, il prima possibile, ma deve esserci il disarmo di Hamas".
Proprio nelle stesse ore dell'incontro tra il presidente americano e Netanyahu in Florida il portavoce dell'ala militare del gruppo islamista ha ribadito che "non rinuncerà" alle armi. "Il nostro popolo si sta difendendo e non rinuncerà alle armi finché l'occupazione continuerà, non si arrenderà, anche se dovrà combattere a mani nude", ha dichiarato Abu Obeida, il nuovo portavoce delle Brigate Ezzedine al-Qassam, in un video sul suo canale Telegram.
D'altra parte Bibi continua a mostrarsi riluttante a ritirarsi ulteriormente da Gaza. Il premier israeliano pretende che Hamas restituisca i resti dell'ultimo ostaggio prima di procedere alle fasi successive. La famiglia di Ran Gvili ha accompagnato Netanyahu a Mar-a-Lago e dovrebbe incontrare funzionari dell'amministrazione Trump. Israele, dal canto suo, non ha ancora aperto il valico di Rafah tra Gaza e l'Egitto, anch'essa condizione contenuta nel piano americano, affermando che lo farà solo dopo la restituzione del corpo del sergente maggiore. "Faremo tutto il possibile per riavere indietro i resti di Ran Gvili, la cui meravigliosa famiglia è qui", ha assicurato The Donald prima del colloquio con Netanyahu. Il presidente americano ha poi elogiato il premier definendolo "un eroe di guerra" e dicendosi sicuro che riceverà la grazia presidenziale nel processo per corruzione.
Ma Gaza è solo uno dei "cinque argomenti" sul tavolo del colloquio, secondo quanto precisato dallo stesso commander-in-chief. Sugli altri dossier le divergenze tra Stati Uniti e Israele sono più ampie. Netanyahu ha ribadito che "Israele non ha mai avuto un amico come Trump alla Casa Bianca" ma non è un mistero che egli voglia una politica più aggressiva da parte di Trump sull'Iran o, quantomeno, il suo ok ad avere mano libera nei confronti di Teheran. Il presidente americano ha minacciato di sferrare un altro attacco contro l'Iran se il Paese tenterà di ricostruire il suo programma di missili balistici o riprendere il programma nucleare. "Se così fosse, dovremo intervenire per fermarli", ha dichiarato. "Li fermeremo. Li distruggeremo completamente", ha incalzato, invitando Teheran a trovare un accordo con gli Stati Uniti.
Poi c'è la Siria. Bibi non ha gradito l'apertura di Washington nei confronti del presidente siriano Ahmed al-Sharaa. "Spero che Israele vada d'accordo con la Siria, il presidente è uno tosto ma sta facendo un grande lavoro", ha auspicato Trump. Infine, il Libano per il quale The Donald ha spinto sulla diplomazia mentre Israele dubita della capacità di Beirut di contenere Hezbollah senza un'altra campagna militare.