Rapporto dell'intelligence USA rivela il piano iraniano in risposta agli attacchi israeliani e statunitensi
Mine navali per bloccare lo stretto sul Golfo Persico da dove passa circa un quinto delle esportazioni globali di petrolio e gas. È questo il piano che l'Iran aveva architettato come risposta agli attacchi di Israele che hanno colpito il territorio della Repubblica islamica nella "guerra dei 12 giorni".
Lo ha rivelato un rapporto dell'intelligence di Washington di cui hanno riferito due funzionari degli Stati Uniti in un articolo della Reuters. I servizi segreti americani potrebbero avere raccolto queste informazioni tramite immagini satellitari e fonti clandestine sul campo, sottolinea l'agenzia, mentre i funzionari hanno preferito non rivelare la loro identità.
Il piano per bloccare lo stretto di Hormuz era stato menzionato da Teheran come risposta al bombardamento degli Stati Uniti sul sito nucleare di Fordow il 22 giugno ma, secondo l'intelligence di Washington, la Repubblica islamica avrebbe già iniziato a preparare l'azione dopo gli attacchi di Israele in territorio iraniano, iniziati il 13 giugno.
Non è comunque chiaro quando esattamente le mine siano state caricate sulle navi e se siano state sbarcate o meno ma il rapporto dell'intelligence indica che la Repubblica islamica aveva preso seriamente in considerazione questa azione militare, che potenzialmente avrebbe potuto fare esplodere il prezzo del petrolio.
Al contrario, dopo gli attacchi degli Stati Uniti sui siti nucleari iraniani, i prezzi sono scesi di oltre il 10%, in parte a causa del fatto che il conflitto non ha provocato interruzioni significative nel commercio del petrolio.
Nel frattempo il ministro degli esteri iraniano Abbas Araghchi ha confermato che i siti nucleari, compreso Fordow, sono stati "gravemente danneggiati" nei bombardamenti statunitensi, mentre il presidente Masoud Pezeshkian ha ufficializzato la sospensione della cooperazione con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA).
Il provvedimento era stato approvato dal Parlamento dopo che Teheran aveva accusato il direttore dell'agenzia atomica dell'ONU, Rafael Grossi, di essere stato un "partner" di Israele negli attacchi contro l'Iran. La sospensione resterà in vigore finché l'AIEA "non garantirà la sicurezza dei siti nucleari e degli scienziati iraniani". Decisione condannata da Berlino, che parla di "un segnale disastroso", e da Washington, con la portavoce del Dipartimento di Stato Tammy Bruce che ha affermato che "è vergognoso".
Dopo che durante i raid dello Stato ebraico oltre 700 persone sono state arrestate in Iran con l'accusa di essere spie di Israele la tensione resta altissima, continuano gli arresti e lo spazio aereo occidentale e centrale del paese è chiuso ai voli in transito internazionali per motivi di sicurezza, mentre lo spazio aereo orientale resta aperto.
Almeno due persone sono state uccise e altre 50 sono state arrestate per "attività di spionaggio per il Mossad" nei pressi della città di Khash, nella provincia sudorientale del Sistan-Baluchistan. "Cinque mercenari, cittadini stranieri, hanno tentato di creare insicurezza e di collaborare a sabotaggi con droni. Alcuni mercenari sono riusciti a fuggire dall'Iran attraverso i confini sudorientali", hanno dichiarato le Guardie della rivoluzione in un comunicato, aggiungendo che alcuni abitanti locali che sostenevano queste persone sono rimasti feriti negli scontri con le forze di sicurezza.