Il fondo d'investimento USA acquisisce il giornale britannico per 500 milioni di sterline, promettendo investimenti digitali
La testata giornalistica di riferimento nel mondo conservatore britannico, con alle spalle 170 anni di storia, va in mano agli americani.
Il Daily Telegraph da qualche tempo al centro di trattative per una serie di problemi finanziari - gli stessi affrontati dall'intero settore dell'editoria nel Regno Unito e altrove - è stato acquisito dal fondo d'investimento Usa RedBird Capital, già proprietario del Milan, che ha annunciato di aver raggiunto un "accordo di massima" mettendo sul piatto 500 milioni di sterline, quasi 600 milioni di euro.
È un nuovo scossone nei media d'oltremanica in cui cresce ancora di più il controllo straniero sull'informazione nonostante i quotidiani dell'isola abbiano retto meglio di quelli in altri Paesi d'Europa alla crisi delle tirature e al continuo processo di digitalizzazione.
Per sopravvivere è necessario rivolgersi all'estero come hanno fatto negli anni altre testate british. RedBird Capital, fondato da Gerry Cardinale, businessman discendente da italiani emigrati negli States, ha dichiarato in una nota di voler essere "l'unico azionista di controllo" del Telegraph Media Group, che comprende anche il domenicale Sunday Telegraph, e ha promesso di investire "nelle operazioni digitali, negli abbonamenti e nell'ambito giornalistico", con l'obiettivo di espandere il gruppo a livello internazionale.
Sono in corso trattative anche con "investitori di minoranza britannici accuratamente selezionati", "specialisti della carta stampata e fermamente impegnati a difendere i valori editoriali del Telegraph", ha precisato la società Usa. Ma è prevista anche una partecipazione fino al 15% del fondo emiratino Imi, da tempo interessato al Telegraph.
Proprio un anno fa RedBird in partnership paritaria con Imi si era visto bloccare la scalata al gruppo editoriale dall'intervento del precedente governo conservatore, guidato dall'allora premier Rishi Sunak, preoccupato per l'indipendenza dei media britannici rispetto a una temuta influenza di Stati esteri.
Ma le regole restrittive in questo ambito sono state riviste e alleggerite all'inizio del mese dall'attuale esecutivo laburista di Keir Starmer proprio per consentire un deal come questo, che deve ora ricevere il via libera da parte dell'autorità regolatrice.
Il Telegraph Media Group nella sua storia recente era finito sotto il controllo nel 2004 dei fratelli David e Frederick Barclay, miliardari londinesi proprietari fino al 2020 dello storico hotel Ritz, i cui eredi avevano poi affrontato la crisi del giornale, segnata dai vasti debiti accumulati col sistema bancario: e proprio Lloyds Bank lo aveva messo in vendita nel 2023.
Sul lato opposto della stampa britannica, il gruppo del progressista Guardian di recente aveva ceduto fra le polemiche il domenicale Observer, con una storia lunga 233 anni, a Tortoise Media, pubblicazione digitale creata 6 anni fa dall'ex direttore del Times e in passato figura di primo piano di Bbc News, James Harding, e da un ex ambasciatore statunitense nel Regno Unito, Matthew Barzun.
Mentre da un decennio la bandiera giapponese sventola sulla City, col Financial Times, punto di riferimento dell'informazione politico-finanziaria internazionale, che è passato al colosso nipponico Nikkei.
E ancora il gruppo mediatico Sky, col canale di informazione Sky News, che era stato acquisito dagli americani di Comcast nel 2018, dopo la cessione da parte dello "squalo" australiano Rupert Murdoch, fra i primi investitori stranieri a sbarcare nel Regno per creare un impero partendo dalla carta stampata, con testate come il sensazionalista Sun e soprattutto il Times, voce della classe media d'oltremanica da 250 anni.