laR+ l’intervista

‘Le speranze dell’era Mandela? Un’età dell’oro che non c’è più’

Mercoledì il Sudafrica andrà al voto a 30 anni dal trionfo di Madiba. Il professor Steenkamp Fonseca traccia il profilo di un Paese in grande difficoltà

Una bambina passa davanti a un murale dedicato a Mandela
(Keystone)
27 maggio 2024
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Mercoledì in Sudafrica si terranno le elezioni del Parlamento nazionale e dei nove parlamenti provinciali. Questo voto coincide con un anniversario importante: i 30 anni di democrazia in Sudafrica. Nel 1994, dopo decenni di leggi razziali, arrivò la liberazione. Nelson Mandela venne insediato il 9 maggio di quell’anno affermando: “Oggi entriamo in una nuova era per il nostro Paese e la sua gente. Oggi non celebriamo la vittoria di un partito ma la vittoria di tutte le persone del Sudafrica”. Mandela vedeva in questo risultato una vittoria dell’umanità, della riconciliazione, della pace e la libertà.

Il partito che lo portò al successo era l’African National Congress (Anc), che si aggiudicò il 62,6% dei voti. Da allora ha sempre mantenuto la maggioranza assoluta. Adesso però, secondo i sondaggi, le cose cambierebbero e potrebbe scendere addirittura sotto il 40%. Si profila quindi all’orizzonte un governo di coalizione. Abbiamo chiesto a Raymond Steenkamp Fonseca, docente di Politica Internazionale ed Economia politica internazionale all’Università di Stellenbosch, di aiutarci a capire il momento.


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Mandela mette il suo voto nell’urna, è il 27 aprile 1994

Gli indicatori socioeconomici descrivono un Paese oggi in grande difficoltà. Quasi la metà dei suoi 60 milioni dipende da sussidi statali, una persona su tre non ha lavoro, l’elettricità è una battaglia quotidiana e l’acqua comincia a scarseggiare in alcune province. In quale era si trova ora il Sudafrica? Cosa ne pensa delle ricette dell’Anc?

Oggi l’era della speranza di Mandela risuona come un’età dell’oro conclusa. Con l’avvento di Ramaphosa (nel 2018) molti hanno sognato “un nuovo giorno” nello spirito di Mandela. Tuttavia, le grandi aspettative non sono state soddisfatte. Lo stato della nazione è disastroso. In particolare ci sono due aree che rappresentano le maggiori sfide: l’economia e il buongoverno. Anche Ramaphosa ha dovuto affrontare i venti contrari della pandemia globale, ma ci sono problemi strutturali con cui il Sudafrica continua a confrontarsi come gli alti livelli di disoccupazione, in particolare tra i giovani, e la persistente disuguaglianza economica. C’è una stagnazione economica, una contrazione del Pil pro capite e un peggioramento delle condizioni di vita per molti sudafricani.


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Manifestanti pro-Zuma

“Il nuovo giorno” di Ramaphosa portava con sé anche l’aspettativa di un’amministrazione che avrebbe instillato il buongoverno, gravemente danneggiato dal suo predecessore, Jacob Zuma. I “nove anni perduti” del governo Zuma hanno visto un deliberato indebolimento delle strutture di governance che hanno spalancato la porta alla corruzione, coinvolgendo politici di alto livello, funzionari governativi e privati. La commissione giudiziaria Zondo Commission che ha indagato quegli anni ha redatto un rapporto che non ha condotto ad azioni decisive per affrontare la corruzione e rafforzare l’applicazione della legge. Questo Stato indebolito non è in grado di portare avanti i programmi del Piano di sviluppo nazionale del 2013. Il governo ha introdotto diversi programmi di assistenza sociale per mitigare l’impatto della povertà e della disuguaglianza. Ramaphosa ha presentato questo aumento del welfare come un segno di successo, ma è tutt’altro che così. Il sussidio di assistenza sociale è di circa 18 dollari al mese, ma la Banca Mondiale fissa la soglia di povertà estrema a 2,15 dollari al giorno per persona.

Secondo l’economista Moeletsi Mbeki (fratello dell’ex presidente Thabo Mbeki), l’Anc ha commesso cinque peccati capitali. Tra questi: le politiche economiche statali basate sulla “discriminazione inversa” (Broad-Based Black Economic Empowerment, Bbbee); la costruzione di una classe media con l’impiego nel servizio pubblico (Affirmative Action come politica occupazionale); e la mancata privatizzazione delle imprese statali. Sono peccati capitali? Come descriverebbe il percorso dell’Anc dal 1994 a oggi?

Le politiche Bbbee volte a rimediare le disuguaglianze dell’apartheid promuovendo la partecipazione economica dei neri, delle donne e di altri gruppi storicamente svantaggiati hanno avuto inizialmente un ampio sostegno dei lavoratori e degli imprenditori. Allo stesso modo, l’Affirmative Action, almeno in linea di principio, poteva aiutare a correggere gli squilibri demografici e a promuovere la costruzione della nazione, però a scapito della meritocrazia. In Sudafrica, nonostante le nobili intenzioni, queste politiche hanno aperto le porte al clientelismo e alla corruzione, sia nel settore privato che in quello pubblico. Il settore parastatale mostra tutto ciò che di peggio può andare storto quando degli individui legati alla politica gestiscono le imprese statali come delle reti clientelari estese. Imprese statali come Eskom (elettricità), Denel (industria della difesa) e South African Airways sono finite in gravi difficoltà finanziarie a causa della corruzione e della cattiva gestione. Certo, queste aziende statali avrebbero potuto essere vendute, ma ciò sarebbe dovuto succedere quando erano asset, ora non sono che delle passività.


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Manifesto dell’Anc con il volto di Cyril Ramaphosa

In ogni caso, la nazionalizzazione è sempre stata la politica dell’Anc. Gli osservatori di lunga data dell’Anc indicano i documenti politici fondamentali della Conferenza del partito del 1997 come una chiara dichiarazione di ciò che il partito intendeva fare, ovvero utilizzare essenzialmente il dispiegamento di lealisti del partito (cadre deployment), come mezzo per garantire l’egemonia dell’Anc in tutti i settori del governo. Il percorso del partito consiste nella fedeltà con la quale ha seguito il suo programma rivoluzionario di controllo sull’esercito, la polizia, la burocrazia, le strutture di intelligence, il sistema giudiziario, i parastatali e le agenzie come gli enti regolatori, l’emittente pubblica, la banca centrale e così via. Questo è il peccato capitale. La democrazia costituzionale si basa su un rigoroso sistema di pesi e contrappesi, progettato per prevenire la concentrazione di potere e l’abuso di ufficio, mantenendo il principio giuridico della separazione dei poteri.

Tra i concorrenti più rilevanti dell’Anc ci sono l’Alleanza Democratica (Da), un partito di centro che guida l’unica provincia non-Anc, i nazional-marxisti dei Combattenti per la Libertà Economica (Eff), e il nuovo partito dell’ex presidente Jacob Zuma (2009-2018) uMkhonto weSizwe (Mk). Chi sono questi avversari? Chi di loro potrebbe fare parte della nuova coalizione di governo con l’Anc?

Il Sudafrica è una democrazia elettorale con un sistema monopartitico dominante. L’Anc ha ottenuto il 57% dei voti nel 2019. L’opposizione più coerente è l’Alleanza Democratica (Da). Diversi partiti si sono uniti alla Da per creare la Carta Multi-Partitica (Mpc) con l’obiettivo di portare la quota combinata Anc-Eff al di sotto del 50%. Tra questi c’è anche l’Ifp, un partito a prevalenza zulu, il gruppo etnico più numeroso del Paese. Le fazioni interne dell’Anc hanno portato alla creazione di partiti separati, come l’Eff di Julius Malema. Più recentemente, la fazione politica fedele a Jacob Zuma si è staccata per creare l’Mk, (nome dall’ex ala militare dell’Anc) che rivendica l’eredità della “lotta armata” di liberazione nazionale. Sia Zuma che Malema sono abbastanza astuti politicamente da aspettare di essere in una posizione elettorale abbastanza forte per ottenere le massime concessioni dall’Anc nel caso in cui l’Anc scenda sotto il 50%.


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‘Tre anni senza elettricità, noi non votiamo’

Secondo l’ex presidente Thabo Mbeki, è in atto un inesorabile “restringimento” dello Stato. Quali sono le conseguenze di questa abdicazione dello Stato dal suo ruolo essenziale?

Il nuovo Sudafrica è stato fondato sulla promessa di fornire servizi, ma da tempo chi può permetterselo si affida alla sicurezza, alla sanità e all’istruzione private. Adesso questo vale anche per l’elettricità e l’acqua. Le persone stanno trovando soluzioni per ridurre al minimo la dipendenza dallo Stato. L’aspetto nuovo sta nel fatto che a guardare sempre meno allo Stato non siano più solo i ricchi, ma anche le comunità povere. La gente riempie le buche nelle strade di propria iniziativa. Ci sono molte Ong e agenzie umanitarie che si occupano di fornire servizi, promuovere l’agricoltura su piccola scala e l’istruzione primaria. Tutto ciò, ovviamente, non può sostituire la capacità organizzativa e le finanze dello Stato, ma queste iniziative si stanno realizzando a causa della perdita di autorità e credibilità del governo nel tradurre i piani in azioni. Certo, lo svuotamento della capacità dello Stato significa che esso non può svolgere il suo ruolo essenziale nel fornire e garantire l’accesso ai servizi di base, e questo può avere effetti profondi e dannosi sulla società, esacerbando le disuguaglianze, erodendo la coesione sociale e minando i diritti e il benessere dei membri più emarginati della popolazione

Infine, cosa sente di festeggiare in questo 30° anniversario?

Il Sudafrica ha raggiunto la pace senza una rivoluzione. Questo dovrebbe essere celebrato ed essere un esempio per le popolazioni in conflitto. Festeggio la libertà di voto alle elezioni, ma penso anche ai negoziati politici che l’hanno resa possibile.


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Manifesti elettorali a Pretoria

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