Attori e artisti dell’ex Paese sovietico mobilitati con le deputate contro i femminicidi
Come Giulia Cecchettin in Italia, Saltanat Nukenova è diventata un simbolo del movimento contro la violenza sulle donne in Kazakistan. Nukenova, 31 anni, è infatti stata uccisa dal marito Kuandyk Bishimbayev, non un personaggio qualsiasi ma un ex ministro dell'Economia.
Un'ondata emotiva ha scosso il Paese dell'Asia centrale, dove artisti, cantanti, blogger e personaggi del mondo imprenditoriale si sono mobilitati al fianco di deputate del Parlamento, attiviste e avvocati inondando i social di proteste e appelli per l'adozione di leggi specifiche, oggi inesistenti, che puniscano la violenza domestica. L'indignazione per quanto è avvenuto è dovuta non solo alla posizione di Bishimbayev, ma anche, secondo fonti degli inquirenti citate dai media, alle circostanze brutali dell'uccisione della moglie e ai tentativi dell'uomo di cancellare le prove.
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La vittima Saltanat Nukenova
Secondo le ricostruzioni, Bishimbayev e la moglie stavano cenando il 9 novembre in un ristorante di Astana di loro proprietà, che quella sera era chiuso alla clientela, quando un violento alterco è scoppiato tra i due. Le stesse fonti affermano che le immagini delle telecamere di sicurezza mostrano l'uomo colpire selvaggiamente la moglie. La morte potrebbe essere stata causata da un colpo alla testa inferto con un pesante oggetto. Sempre i media riferiscono che successivamente Bishimbayev avrebbe cercato di farsi aiutare dal fratello a far sparire i video. E citano le testimonianze di amici e conoscenti secondo i quali l'ex ministro avrebbe picchiato altre volte la moglie in passato. Fonti di polizia hanno detto che al momento dell'arresto Bishmbayev ha minacciato di accoltellarsi.
Non è la prima volta che Bishimbayev, 43 anni, finisce dietro le sbarre. Nel 2018 era stato condannato a 10 anni di reclusione per corruzione, una sentenza che aveva messo fine alla sua carriera politica. Un anno dopo era stato rilasciato in libertà vigilata. Nel 2022 la polizia kazaka ha ricevuto più di 115’000 chiamate che denunciavano violenze domestiche. Ma questi comportamenti non sono puniti da leggi specifiche. Normalmente gli uomini che usavano violenza contro le loro compagne erano perseguiti per "percosse" ripetute e "lievi danni fisici" inferti volontariamente, reati che nel 2017 sono stati depenalizzati. Ora 150’000 cittadini hanno firmato una petizione per chiedere che siano nuovamente inseriti nel Codice penale. Ma questo non basta, afferma Human Rights Watch, denunciando quella che definisce "la natura sistematica della violenza in Kazakistan" e affermando che "le leggi del Paese, così come la polizia e la magistratura, mancano di proteggere adeguatamente le donne dalla violenza in famiglia".
Davanti alle proteste nell'opinione pubblica, aggiunge l'organizzazione per i diritti umani, "il governo deve fare la sua parte" e "mettere fine all'impunità" per i violenti. Una deputata del Parlamento, Zhuldyz Suleimenova, del partito di governo Amanat, ha proposto che vengano previsti reati specifici per tutte le forme di violenza contro le donne e i bambini e che venga istituita un'autorità separata per combattere la violenza domestica.