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Strage di Mestre, perizia sul guardrail

La Procura: ‘Ci vuole tempo’. Polemiche su chi guardava senza aiutare: ‘La gente gridava e chiedeva aiuto e sul ponte facevano le foto’

Il guardrail sotto accusa
(Keystone)
5 ottobre 2023
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Quel guardrail troppo basso, e vecchio, del cavalcavia, e l'autopsia sull'autista del pullman della morte, per capire se è stato un malore a fargli perdere il controllo del mezzo Girano attorno a questi due elementi le risposte che la Procura di Venezia attende per indirizzare verso qualcuno l'inchiesta per omicidio stradale plurimo aperta, al momento senza indagati, sull'incidente. Bruno Cherchi, il capo dell'ufficio giudiziario veneziano, è tornato oggi a mettere i paletti sugli sviluppi dell'indagine, dopo le indiscrezioni che si susseguono sulla stampa. Iniziando dalla scoperta del ‘buco nel guardrail’, in realtà un varco di servizio, di circa un metro e mezzo, presente sulla barriera laterale del viadotto; un elemento esistente su tutti i manufatti stradali risalenti a qualche decennio fa.

Presto per trarre conclusioni

"Non abbiamo alcun elemento per trarre conclusioni sul guardrail- ha detto Cherchi - per questo ci serve una perizia". Il magistrato ha negato che qualcuno abbia definito "marcia quella barriera". "Sul guardrail - ha spiegato - faremo tutte le attività del caso, iniziando da una consulenza tecnica, appena avremo trovato il soggetto idoneo per farla. Servono conoscenze tecniche, non giuridiche. Per ora non abbiamo acquisito dal Comune di Venezia documenti sulla rampa". E poi, ha proseguito il procuratore, "le notizie spezzettate non aiutano il nostro lavoro e creano confusione. La Giustizia non è uno show".

L’autopsia

Ma prima che sul guardrail e il ‘varco di servizio’, Cherchi, e la pm Laura Cameli, che ha ricevuto il fascicolo, si attendono risposte dall'autopsia sul corpo di Alberto Rizzotto, l'autista del bus precipitato. L'esame autoptico è stato assegnato all'istituto di Medicina legale dell'Università di Padova. È iniziato nella giornata di oggi. Anche in questo caso, però, Cherchi, ha messo le mani avanti: "gli esiti non arriveranno in tempi brevi" ha aggiunto. E anche le perizie tecniche, per le quali dovrà essere fissato un incidente probatorio non avranno risposte immediate.


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Il recupero del bus

Per accelerare i tempi, quindi, la Procura ha chiesto che "tutte le perizie vengano eseguite contemporaneamente, nei limiti del possibile, senza privilegiare un indirizzo rispetto ad altri". I periti saranno chiamati a esaminare il guardrail, il bus, la scatola nera del mezzo, elementi finiti sotto sequestro". In quel momento arriveranno le prime iscrizioni sul registro degli indagati. Perchè, se anche solo una di esse, risultasse irripetibile, bisognerebbe permettere ai soggetti coinvolti - che diventerebbero indagati - di presentare un proprio perito in incidente probatorio.

Il ‘buco’

A tenere banco per l'intera giornata è stato in ogni caso il ’buco del guardrail‘, e il ruolo che questo ha avuto nell'agevolare lo sbandamento verso destra del pullman, già fuori controllo. Il mezzo, dopo aver iniziato a strisciare sula balaustra, alta 55 centimetri, avrebbe sarebbe entrato con i pneumatici nel ’varco di sicurezza‘, spingendo così la corriera ancora più addosso al guardrail, che non ha retto al peso di 13 tonnellate del bus. Alle notizie del cosiddetto ’buco‘ ha reagito con decisione il Comune di Venezia, con l'assessore ai trasporti Renato Boraso. "Affermazioni inaccettabili" le ha definite Boraso. "Il bus non è caduto perché ’c'era un buco‘ di un metro e mezzo nel guardrail. Quel buco - ha detto - è un varco di sicurezza, di servizio, previsto dal progetto originario del manufatto". "L'autobus è caduto 50 metri dopo il varco, continuando a strisciare sul guardrail, senza segno di frenata o contro-sterzata. Vogliamo dire che senza il ’buco‘, la barriera avrebbe tenuto un mezzo in corsa, che sbanda, di 13 tonnellate?". E in serata alla veglia col Patriarca di Venezia è giunto il messaggio di vicinanza del Papa alle vittime e ai feriti del bus.

Legale, ma non sicuro

Il varco nel guardrail sul viadotto di Marghera, "non è illegale" perché consentito quando fu costruito negli anni ’60. Un varco di cui però, in ogni caso, era prevista da cinque l'eliminazione nei lavori di rifacimento del guardrail che già nel 2018 furono discussi in giunta. A spiegarlo oggi, con la barriera sotto accusa per il tragico incidente a Mestre a un bus costato la vita a 21 persone, è l'assessore comunale alla mobilità e trasporti Renato Boraso. "Il varco era una struttura di servizio usuale e regolare alla fine degli anni Sessanta e consentiva la manutenzione del manufatto – spiega Boraso – Il foro, ampio quasi 2 metri, in ogni caso non è illegale. Lo sarebbe stato se l'opera fosse stata costruita ora, visto che esiste da 10 anni in materia una normativa europea, regola che non prevede però la retroattività". Dunque se il cavalcavia all'epoca era stato collaudato con i varchi (ve ne sono più di uno sul tracciato) e risultato a norma, "era a tutti gli effetti in regola a tutt'oggi" sottolinea l'assessore. L'eliminazione del passaggio in ogni caso, ricorda Boraso, "era già prevista negli interventi strutturali alle tre diramazioni del viadotto che erano cominciati il 4 settembre scorso e avrebbero dovuto finire dopo 20 mesi grazie anche all'utilizzo dei fondi del Pnrr".


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Dopo l’incidente

Soccorritori e astanti

Ha scavalcato le recinzioni, attraversato di corsa i binari e ha ancora ‘scalato’ un traliccio, per riuscire a salvare due bambini dal pullman caduto dal cavalcavia di Mestre. Alla fine, gli è rimasto in bocca l'amaro, per aver visto gente "ferma in coda a fare le fotografie". E‘ il racconto di Bujar Bucai, un imprenditore di origine kosovara, in Italia da 25 anni, titolare di un bar che si trova tra i nuovi alberghi di via Ca’ Marcello a Mestre, a poca distanza dalla stazione ferroviaria, e dall'altra parte del luogo della strage sul bus. La vista dal lato del locale, che ha grandi vetrate sulla strada, è giusto all'altezza del punto del cavalcavia di Mestre da cui il mezzo è precipitato.

La sua storia è quindi "dall'altro lato" rispetto a quella degli "eroi", i tre operai migranti che da Marghera erano accorsi tra le lamiere contorte e fumanti. Lui invece è partito da Mestre, con la differenza che ha rischiato seriamente di finire sotto un treno correndo tra i binari per arrivare all'autobus dei turisti. E non si sono mai incrociati. "Stavo vicino alle vetrate, parlando col mio socio e un fornitore - racconta Bucai - quando ho sentito un rumore e ho visto molta polvere salire da quella parte. Sono uscito di corsa, c'era un signore del Bangladesh con la bimba in braccio che urlava e voleva andare a soccorrere, ma non poteva. Io sono salito sulla prima recinzione, ho attraversato i binari, poi mi sono arrampicato sull'ultimo traliccio del treno e ho saltato l'ultima muretta, proprio davanti al bus".

La scena del disastro è quella nota: gente che urla, che chiede aiuto, fumo che esce dal vano motore del mezzo. "Non c'era nessuno in giro - precisa Bucai - e gli operai africani non li ho visti, ma solo perché sono arrivato dall'altra parte e il bus era di traverso. Solo che sulla strada, dietro, c'erano macchine in coda, e la gente che faceva foto. Io mi son messo a urlare che mi dessero una mano, o almeno non bloccassero la strada, perché dovevano arrivare i soccorsi". L'imprenditore è riuscito a tirar fuori due bambini, "due ragazzi ucraini - dice - che ho saputo che sono stati ricoverati a Treviso. Purtroppo hanno perso la mamma, e non so come stanno. Poi ho visto altre tre persone che sono riuscite a salvarsi da sole". Ma ancora nessuna collaborazione dalla gente.


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I soccorsi

I fratellini orfani con in stanza il cagnolino

Sono ricoverati da martedì sera all'ospedale di Treviso, soli, senza più la loro mamma morta tra le lamiere del pullman che è precipitato dal cavalcavia a Mestre. Sono i due fratellini tedeschi di 3 e 13 anni rimasti feriti nell'incidente e salvati da uno dei tanti eroi civili che quella maledetta sera sono corsi per prestare i primi soccorsi. Soli e impauriti, i due bimbi sono però stati accuditi da tutto il personale dell'ospedale che è riuscito anche a dargli un inaspettato momento di sollievo: dalle lamiere i soccorritori hanno estratto vivo anche ‘Iumy’, il loro cagnolino, un meticcio nero di piccola taglia che i medici dell'ospedale ‘Ca Foncello hanno portato immediatamente in stanza.

E così da mercoledì il cagnolino è presenza fissa nella stanza del reparto di pediatria dove i due fratelli, una bimba la più piccola, e un ragazzino 13enne, sono ricoverati. Non sono in condizioni gravi, fanno sapere fonti della sanità regionale. Hanno riportato qualche frattura e uno dei due uno pneumotorace. Sono inoltre in miglioramento. Il loro umore è cambiato in meglio da quando ’Iumy‘ ha varcato la porta della stanza.

Anche la bestiola aveva riportato qualche botta nella caduta del pullman dal viadotto. A salvarlo dalle lamiere, nei primi soccorsi, è stato un imprenditore kosovaro, Bujar Bukai, che si trovava su una piazzale della stazione di Mestre e davanti al disastro ha attraverso i binari di corsa per raggiungere il pullman e dare il suo aiuto. Il cagnolino è stato visitato e medicato da un veterinario, quindi è rientrato in ospedale per essere affidato ai due fratellini. Dicono che sta costantemente accanto alla bambina. Nello schianto del cavalcavia hanno purtroppo perduto la mamma. Il papà delle piccola, è ricoverato, sempre a Treviso, in terapia intensiva mentre dalla Germania è arrivato l'ex compagno della donna e padre del ragazzo 13enne, che ora è accanto a entrambi.

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