Il partito di Putin: ‘Al voto per l’annessione dei territori liberati’. Allarme di Kiev su Zaporizhzhia
"Donetsk, Lugansk e molte altre città russe torneranno finalmente a casa. E il mondo russo, oggi diviso da confini formali, riacquisterà la sua integrità". Con queste parole va delineandosi una possibile radicale svolta del conflitto in Ucraina: la dichiarazione arriva dai vertici di Russia Unita, il partito di Putin, che hanno annunciato la proposta di un referendum per l’annessione dei territori ucraini "liberati".
C’è anche una data, a dare una connotazione ancora più precisa alle intenzioni russe: il 4 novembre, quando Mosca celebrerà non a caso la sua Giornata dell’Unità Nazionale. Da Kherson - sulla cui direttrice è in corso la controffensiva di Kiev - è giunta immediata l’adesione dell’amministrazione filorussa locale, garantita all’agenzia Tass dal vice responsabile Kirill Stremousov: "Puntiamo alla data del 4 novembre, anche se saremmo pronti a votare anche adesso", ha affermato, dicendosi certo di una partecipazione massiccia: "Siamo sicuri che l’80% della popolazione aderirà al referendum".
Parte da qui un’offensiva al momento tutta politica che Mosca sembra aver scelto per rompere lo stallo un conflitto impantanato da settimane o mesi. Sul terreno infatti Kiev rivendica piccoli avanzamenti - oggi la liberazione di alcuni insediamenti nel sud del Paese - e segnala nuovi bombardamenti russi a Sloviansk, nella regione di Donetsk, dove almeno tre civili sono rimasti sotto le macerie degli edifici colpiti; mentre nelle precedenti 24 ore si erano verificati - stando ai rapporti dell’intelligence britannica - pesanti combattimenti su tre fronti: a nord, vicino a Kharkiv, a est nel Donbass e a sud nell’Oblast di Kherson. In serata poi la segnalazione di un funzionario nominato da Mosca nella Repubblica popolare di Donetsk secondo cui le forze ucraine hanno circondato in una controffensiva a sorpresa Balakljia, città dell’Ucraina nord-orientale di 27’000 persone situata tra Kharkiv e Izium.
Soldato russo alla centrale di Zaporizhzhia (Keystone)
Il braccio di ferro però - che ha assunto anche un valore altamente simbolico rispetto all’andamento del conflitto - è ancora sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, che Kiev adesso dice di voler spegnere. Un’opzione che sta valutando per motivi di sicurezza.
Nello specifico la preoccupazione riguarda le riserve di gasolio utilizzate per i generatori di riserva, mentre continuano le denunce di nuovi bombardamenti russi sulla città di Energodar, dove si trova la centrale nucleare, con gli intervalli tra un attacco e l’altro sempre più corti e la corrente elettrica puntualmente interrotta, secondo il sindaco in esilio Dmytro Orlov citato dall’Ukrainska Pravda. Una prolungata situazione di pericolo che fa dire all’operatore nucleare ucraino Energoatom di essere favorevole all’invio di caschi blu nella centrale. Il capo di Energoatom, Petro Kotyn, ha dichiarato in un commento trasmesso anche dalle tv ucraine che uno dei modi per creare una zona di sicurezza presso la centrale potrebbe essere quello di istituire un contingente di mantenimento della pace e ritirare le truppe russe.
Ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, aveva chiesto una zona smilitarizzata intorno alla centrale nucleare: quindi il ritiro delle truppe di occupazione russe e l’accordo delle forze ucraine di non entrare. Proposta contestuale alla presentazione del rapporto dell’Aiea che, dopo un sopralluogo durato giorni, ha evidenziato i rischi e i danni riportati nella centrale sotto il controllo russo dopo una serie di bombardamenti.