Estero

Gorbaciov, curatore fallimentare dell’Urss?

Con Daniel Ursprung, docente e ricercatore in Storia dell’Europa orientale a Zurigo, parliamo dell’operato dell’ultimo segretario generale del Pcus

(Keystone)
2 settembre 2022
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Una grande potenza sempre più malandata, un ultimo leader – Mikhail Gorbaciov – che nel tentativo di riformarla ne sarà il curatore fallimentare. Ma cosa possiamo dire, col senno di poi, dell’operato dell’ultimo segretario generale del Pcus? Abbiamo girato la domanda a Daniel Ursprung, docente e ricercatore in Storia dell’Europa orientale all’Università di Zurigo.

Perestrojka e glasnost

Nel marzo 1985, quando Gorbaciov diventò Segretario Generale del Partito Comunista alla morte di Konstantin Chernenko, "l’ideologia comunista aveva perso gran parte del suo potere persuasivo, anche tra i membri del Partito Comunista", ricorda Ursprung. "Gorbaciov, tuttavia, voleva salvare il sistema attraverso una riforma: lanciò così il programma incentrato su perestrojka (ristrutturazione) e glasnost (apertura) per far uscire il Paese dalla stagnazione politica ed economica". Un programma del quale lo stesso Gorbaciov, nel 2009, dirà all’agenzia di stampa Reuters: "La mia politica era aperta e sincera, una politica che mirava a usare la democrazia e non a versare sangue. Ma questo mi è costato molto caro, posso dirlo".

Cantiere democratico

Secondo Ursprung "l’apertura della glasnost è da interpretare in modo più ampio: è stata vista anche come un canale per la libertà di parola, per la crescente libertà di stampa e quindi anche per le critiche alla leadership – spesso difettosa – dell’Unione Sovietica". Ma nel 1989 Gorbaciov si spinse oltre: "Ha organizzato le elezioni più libere della storia dell’Unione Sovietica", ci spiega Ursprung. Certo, non erano ancora ammessi altri partiti e la maggior parte dei seggi del Parlamento sovietico rimaneva riservata ai comunisti; tuttavia, alcuni seggi erano aperti a candidati indipendenti.

La campagna elettorale venne trasmessa dalla televisione sovietica. Il famoso dissidente e scienziato nucleare Andrei Sakharov – al quale era stato permesso il rientro da un lungo esilio – e altri avevano chiesto a Gorbaciov, davanti a 100 milioni di spettatori, di porre fine al monopolio del potere del Partito Comunista. Gorbaciov non impedì la richiesta, anche se questa apertura "non era nelle sue intenzioni fin dall’inizio. Nel 1985 l’obiettivo delle riforme era più contenuto e nessuno si sarebbe potuto immaginare tale esito. Questa era anche la debolezza di Gorbaciov: più andava avanti nel suo percorso politico, più doveva scendere a compromessi con tutte le parti. Proprio questo", aggiunge Urspung, "lo ha portato a fallire. Ha sottovalutato le conseguenze del consenso dato all’apertura democratica senza riuscire a prevenire quello che sarebbe successo. Si è lasciato investire dagli sviluppi".

Lo smantellamento dell’Urss

Non fu comunque Gorbaciov in persona, ma un tentato colpo di Stato di membri conservatori del partito che si erano allontanati da lui a mettere in moto nell’agosto 1991 gli eventi che segnarono la fine dell’Unione Sovietica.

In quell’anno ormai, secondo Ursprung, "La Russia era solo una delle 15 repubbliche costituenti l’Unione Sovietica. Per tutto un periodo sia Boris Eltsin, in Russia, che Gorbaciov, nell’Unione Sovietica, erano al potere. Quando Eltsin è stato eletto come presidente nel 1991, Gorbaciov era ancora al potere nell’Unione Sovietica", precisa Ursprung sottolineando il paradosso di un potere che si stava rivelando sempre più bicefalo, fino alla resa dei conti.

Fu infatti proprio Eltsin – rivale di Gorbaciov che fino a lì aveva seguito un’ondivaga ascesa politica – a sventare il colpo di Stato che i veterocomunisti del Pcus cercarono di portare a compimento, mentre Gorbaciov si trovava nella sua casa di campagna in Crimea. Eltsin invitò alla resistenza contro i golpisti, che fermò issandosi lui stesso su un carro armato di fronte al Cremlino: il fatto che nessuno gli sparasse fu il segno che l’esercito si era unito a lui. A quel punto il destino dell’Unione Sovietica era praticamente segnato. "Era tramite lo smantellamento dell’Urss che Boris Eltsin, il futuro presidente della nuova Federazione Russa, intendeva abbattere Gorbaciov. La speranza era che la Russia continuasse a essere una potenza egemone nello spazio post-sovietico", spiega Ursprung. In quell’anno lo stesso Gorbaciov avrebbe annunciato ai suoi cittadini la dissoluzione dell’Urss, lasciando a Natale, in diretta televisiva, una poltrona che ormai non esisteva più. Il resto – dalla crisi nera degli anni 90 al virulento revanscismo dell’era Putin – continua a riempire le pagine delle cronache, quasi si rifiutasse di diventare storia.

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