Estero

L’irresistibile ascesa dei no-vax/no-mask italiani

Protagonisti di una battaglia ingaggiata contro tutto e tutti, persino contro l’evidenza. Usano abilmente internet e reti sociali per sfogare la loro rabbia

Manifestazione di protesta a Napoli (24 luglio 2021)
(Keystone)

Chi dice che tra il dire e il fare ci sia di mezzo il mare probabilmente non conosceva la vivacità dei no-vax contemporanei. La cronaca recente ha palesato la breve distanza che separa le parole dai fatti e alcuni episodi non hanno soltanto richiamato l’attenzione dei più distratti, ma sono riusciti a generare legittimi timori e ad innescare preoccupate riflessioni.

I sedicenti carbonari, che rifiutano la presunta sudditanza collettiva e che interpretano ogni azione – anche la più innocua – come rientrante in un disegno preordinato o come tassello di un puzzle dalle tinte fosche, hanno dimostrato di saper andare ben oltre le semplici espressioni verbali.

C’è chi si oppone al vaccino, chi ha dichiarato guerra alle mascherine, chi non tollera qualunque azione coordinata che possa contribuire alla soluzione del problema: è guerra aperta e come in qualsivoglia conflitto è sfida in cui non sembrano valere regole di sorta.

La battaglia è stata ingaggiata contro tutto e tutti, persino contro l’evidenza. Animati dalla ferma convinzione che ci si trovi dinanzi al più grande complotto planetario, gli attivisti su questo fronte hanno rapidamente compreso che internet poteva costituire la miglior soluzione per comunicare tra loro, per dar corso ad una meticolosa opera di evangelizzazione e per disporre di un fenomenale sistema di comando e controllo non secondo a quelli dei più organizzati schieramenti militari.

Le tecnologie per comunicare

La Rete delle Reti è divenuta il tessuto connettivo che garantisce lo scambio di opinioni e di aggiornamenti tra gli aderenti alla congrega e i simpatizzanti. La posta elettronica, il web, la messaggistica istantanea e le piattaforme social sono i gangli di un vero e proprio sistema nervoso.

L’interazione è costante, a volte frenetica, in alcuni casi addirittura compulsiva. Il ritmo sembra quello cardiaco e la frequenza dei battiti è in continua crescita, segnalando il rischio di una pressione arteriosa del contesto ormai fuori controllo.

Se i siti consentono di stivare i contenuti più diversi, i ritrovi di aggregazione virtuale si profilano come la segnaletica stradale per chi vuole avventurarsi nelle pagine della propaganda no-vax. Canali Telegram e altre soluzioni di “broadcasting” mirato su specifiche platee di adepti o di iscritti conferiscono il tono della segretezza quasi il partecipante fosse il destinatario di un “pizzino” di qualche “mammasantissima”.

La condivisione di articoli e di video genera traffico (con grande gioia di Mark Zuckerberg & Co. ed enorme soddisfazione degli inserzionisti pubblicitari) e alimenta discussioni e confronti in cui tutti sono sempre d’accordo e inconsapevolmente sono i grandi sacerdoti di un “pensiero unico” ancor più omogeneizzato di quello degli antagonisti.

Internet per evangelizzare e convertire

La connessione telematica (soprattutto quella ininterrotta che caratterizza i giovanissimi e l’estesa popolazione improduttiva o poco produttiva che può permettersi il lusso di perdere il proprio tempo a giocare con un telefonino tra le dita) assicura la costante diffusione del “Verbo”. Le “fake news” sono paragonabili alla manna scesa dal cielo e l’arrivo di un link si può considerare la più generosa manifestazione d’affetto che un pirla possa desiderare.

Titoli reboanti, frasi sensazionaliste, immagini (non di rado fuori contesto) dalle facoltà ipnotiche: il processo di ipnosi cui si sta assistendo da qualche mese a questa parte meriterebbe di essere approfondito per la straordinaria capacità di coinvolgimento anche di soggetti non imputabili di dabbenaggine.

Spesso chi veicola foto, filmati e testi dopo poco si rende conto di aver diramato un distillato di idiozie. Naturalmente si guarda bene dal pentirsi, dallo scusarsi, dall’invitare i destinatari a prendere atto che – come diceva Paolo Villaggio nelle vesti di Fantozzi – “è una cagata pazzesca”. Qualcuno in maniera timida scarica su amici e parenti l’onere della verifica. Qualcun altro, poi, consapevole di aver preso una cantonata e aver soffiato sul fuoco della disinformazione, prova a suggerire un controllo della “fonte” ma si guarda bene dal rimuovere il falso.

I bersagli

La turbolenta compagine dei no-mask e dei no-vax non ha tardato a sfogare le rispettive energie scatenando aggressioni verbali, testuali e multimediali in danno delle istituzioni (certamente colpevoli di tante inefficienze e soprattutto della totale e indiscutibile capacità di comunicare con una collettività bisognosa di sapere subito e in modo corretto), di epidemiologi e di altri specialisti in campo sanitario (non di rado animati più dal desiderio di apparire che dalla voglia di fornire informazioni calibrate e comprensibili), di politici (accusati di aver tradito l’elettorato in un Paese dove le bugie – soprattutto sotto elezioni – sono d’obbligo), di giornalisti e di opinion leader (rei di non pensarla come i “ribelli” e di farsi portavoce dei vari potentati in prima linea nel catastrofico ambito pandemico), della povera gente (cui toccano in sorte i ritardi e i disagi determinati da certe inqualificabili manovre di teppismo).

Le manifestazioni di protesta e di disaccordo hanno sottolineato un presunto ruolo servile della stampa e in realtà hanno materializzato l’antidemocraticità per antonomasia di chi dichiara di lottare per il bene di tutti e per un futuro di libertà. Violenza e sfrontatezza si sono mescolate in un cocktail socialmente inammissibile e determinati eventi di barbarie hanno fatto domandare al cittadino modello e al contribuente esemplare cosa pensasse di fare chi governa.

Le possibilità di ripristinare l’ordine e il buon senso

Il “cosa fare”, il “come” e il “quando” farlo assilla la gente comune che non trova spiegazione dinanzi ad una certa almeno apparente inerzia: i cortei e l’occupazione delle piazze hanno catalizzato anche gli interessi a destabilizzare che sono covati da gruppi di estremisti e da sodalizi dalle intenzioni difficilmente condivisibili. Vaccino e mascherine diventano il pretesto per sfogare la rabbia, l’insoddisfazione, l’intolleranza, la brutalità e gli infiltrati più furiosi sguazzano in mezzo a chi vuole aggrapparsi alla propria convinzione anche se sbagliata.

Al problema sanitario si aggiunge quello di ordine pubblico e viceversa. E lo Stato?

Probabilmente l’intenzione di placare gli animi prevale sull’istintivo desiderio di porre fine a certi indecorosi spettacoli. Ma se così fosse, gli idranti della polizia avrebbero potuto “sparare” sui più facinorosi ettolitri ed ettolitri di camomilla, ottenendo quanto meno un’atmosfera più rilassante…

La situazione, purtroppo, lascia poco spazio all’ironia, le forze dell’ordine hanno modo di individuare e di tracciare chi promuove determinate iniziative e – grazie all’abbondanza di tecnologie di facile utilizzo e di redditizio conferimento di elementi informativi – possono ottenere un quadro nitido di quanto sta accadendo.

Le attività di intelligence e quelle investigative possono, anzitutto, separare gli “attivisti” no-mask e no-vax da chi entra in campo con finalità di destabilizzazione e con obiettivi criminali. Una simile distinzione è agevolata anche da un certo irrefrenabile esibizionismo dei soggetti in questione che – su Facebook, Instagram o altri analoghi ritrovi – non esitano a vantarsi delle rispettive bravate e a non far mistero di opinioni e intenzioni.

Non tutti quelli che adoperano Telegram lo fanno con schede Sim intestate a nomi di fantasia o a soggetti ignari della relativa titolarità dell’utenza telefonica. L’adesione ai “canali” e la loro frequentazione consente di “fare conoscenza” con tanti personaggi, di sapere in anticipo dove-quando-cosa si andrà a combinare…

Le aree che sono teatro di tafferugli sono “spiate” dalle celle telefoniche che “raccolgono” nomi e numeri di chi aggancia la rete di comunicazione mobile in quella fetta di territorio, le telecamere pubbliche e private immortalano chi passa da quelle parti, i bancomat e i Pos sanno chi ha speso lì nei pressi, le reti wifi aperte e chiuse annotano i dispositivi che hanno tentato la connessione.

La banalità delle iniziative che si possono intraprendere rende ridicolo il suggerirne l’adozione. L’imbarazzo della scelta invece è legittimo e tentare tutte le strade forse è doveroso.