Estero

Mano dura della polizia in Bielorussia, Ue convoca vertice

Il bilancio ufficiale degli scontri è di un migliaio di arresti e 65 feriti, tra cui 51 manifestanti e 14 agenti. Tra i dimostranti si conta almeno un morto

Minsk (Keystone)
12 agosto 2020
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Calci e manganellate contro persone a terra inermi, lacrimogeni e granate stordenti contro chi contesta la vittoria dell' "ultimo dittatore d'Europa" alle presidenziali e denuncia massicce irregolarità nel voto. In Bielorussia la polizia continua a soffocare le proteste anti-regime in maniera brutale, con un uso sproporzionato della forza che ha sollevato indignazione in gran parte della comunità internazionale. L'Alto Commissario Onu per i diritti umani Michelle Bachelet ha fermamente condannato la repressione delle manifestazioni e lo stesso hanno fatto le diplomazie occidentali, da Washington a Bruxelles, con l'Ue che ha convocato per venerdì un consiglio degli Esteri straordinario
durante il quale potrebbero essere adottate nuove misure restrittive nei confronti delle autorità di Minsk. Il bilancio ufficiale degli scontri della scorsa notte è di un migliaio di arresti e 65 feriti, tra cui 51 manifestanti e 14 agenti.

Ma stavolta, stando a quanto riferisce lo stesso ministero dell'Interno, gli agenti hanno anche aperto il fuoco contro i dimostranti. La polizia sostiene infatti di aver sparato contro un gruppo di dimostranti a Brest e di aver ferito
uno di loro. Gli agenti dichiarano di aver sparato per difendersi dopo essere stati "attaccati da un gruppo di cittadini aggressivi che avevano in mano spranghe di metallo", ma è difficile verificare se questa versione corrisponda al
vero. Per ora i video pubblicati sul web e le testimonianze dei giornalisti sul posto raccontano di violenze della polizia che non hanno precedenti nella più recente storia bielorussa. Polonia, Lettonia e Lituania - il Paese dove è stata costretta a emigrare la leader dell'opposizione Svetlana Tikhanovskaya - hanno proposto un piano di de-escalation in tre punti, che prevede un Consiglio nazionale bielorusso con rappresentanti del governo e della società civile, la fine delle violenze da parte del regime e la liberazione dei tantissimi manifestanti finiti dietro le sbarre. Altrimenti potrebbero scattare le misure restrittive sul tavolo di Bruxelles. Anche la ministra degli Esteri svedese Ann Linde ha spiegato che l'Ue potrebbe sanzionare i responsabili della repressione se il governo dovesse rifiutarsi di rilasciare le migliaia di persone arrestate in questi giorni.

In tutto, sarebbero 6.000 le persone trascinate via dalla polizia dalla notte di domenica, quando i poco credibili risultati del trionfo di Lukashenko alle presidenziali ha fatto esplodere le proteste. Gli oppositori denunciano brogli massicci e molti osservatori ritengono costruita a tavolino la "maggioranza bulgara" dell'80% con la quale la Commissione elettorale ha annunciato la rielezione di colui che governa la Bielorussia col pugno di ferro ormai da oltre un quarto di secolo. I feriti, stando ai dati ufficiali, sono 250. Ma tra i dimostranti si conta almeno un morto. Il regime di Lukashenko non ha risparmiato neanche i giornalisti, alcuni sono stati picchiati, altri sono stati arrestati. Si stima che siano una cinquantina i reporter finiti in un centro detentivo bielorusso e tra loro c'è anche un italiano, Claudio Locatelli, ora libero. "Sono stato brutalmente arrestato e dopo tre giorni senza cibo e poca acqua sono libero", racconta in un video girato nell'ambasciata italiana a Minsk.

La gente però non resta in silenzio davanti alla ferocia del regime e oggi le donne bielorusse sono state protagoniste di una serie di pacifiche manifestazioni: a decine, a volte a centinaia, si sono messe l'una accanto all'altra creando delle vere e proprie catene umane in segno di solidarietà con chi è rimasto ferito negli scontri. Alcune di loro avevano in mano dei fiori. Tante erano vestite di bianco, il colore diventato il nuovo simbolo del dissenso in Bielorussia. 

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