Lo ha stabilito la Corte di cassazione italiana con una sentenza che ha assolto un uomo protagonista di una lite fra vicini.

La frase "stai attento a quello che ti succederà!", senza aggiungere altre parole o gesti e pronunciata nel contesto di una lite tra vicini, non può considerarsi una vera minaccia. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con una sentenza della quinta sezione penale che ha assolto un 65enne, con annullamento senza rinvio, per un fatto di sette anni fa. Il litigio, racconta la Gazzetta di Modena, riguardava uno sversamento di liquami suini in provincia. Prima l’uomo fu portato davanti a un giudice di pace, finendo assolto. Poi però in tribunale il giudice confermò l’assoluzione per l’ingiuria, dichiarando prescritte le minacce, ma stabilendo un risarcimento per la parte civile. Su questo l’imputato ha fatto ricorso alla Cassazione che gli ha dato ragione. Alla frase, scrivono infatti i supremi giudici, non di deve attribuire "oggettiva valenza intimidatoria, in mancanza di ulteriori aggiunte, verbali o gestuali, in grado di colorare e riempire di contenuti effettivamente minacciosi tale prospettazione. È poi importante segnalare che l’espressione è stata proferita nell’ambito di una reciproca contestazione tra vicini, tale da ricondurne ragionevolmente l’interpretazione alla prospettazione anche di iniziative a tutela dei diritti coinvolti". Mancano dunque elementi per attribuire valenza minatoria ad una frase che "per lo stesso valore semantico che la caratterizza, appare dotata di dubbia ’carica intimidatoria’, non esplicitando l’ingiustizia del male prospettato, in presenza di espressioni non univocamente indicative di iniziative antigiuridiche in danno del destinatario".