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Tassa della salute, l'applicazione resta in dubbio

La Regione Piemonte è contraria, mentre in Lombardia si è in difficoltà sul come renderla effettiva

(Ti-Press)
1 dicembre 2024
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“L'Italia ha già violato il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri?”. È quanto chiedono al Consiglio di Stato ticinese i deputati Gianluca Padlina, Alessandro Corti e Sabrina Gendotti del Centro e i granconsiglieri del Plr Cristina Maderni, Luca Renzetti e Diana Tenconi. Un quesito connesso alla “tassa sulla salute”, ovvero il balzello per i frontalieri inserito dal governo Meloni nella Legge di bilancio e che vuole tassare i lavoratori italiani in Svizzera per finanziare il sistema sanitario italiano – attraverso un bonus nella busta paga di medici e infermieri – confrontato con un’emorragia di personale verso il Ticino.

La risposta alla domanda dei deputati ticinesi, ora come ora, sembra essere negativa. E non è addirittura da escludere che il tanto contestato balzello possa finire in un nulla di fatto. A questo proposito giungono significativi segnali, soprattutto da Regione Piemonte. La scorsa settimana il riconfermato presidente Alberto Cirio (Forza Italia) intervenendo alla riunione del Tavolo del frontalierato che si è tenuto a Fondotoce-Verbania, ha ribadito che “Regione Piemonte non intende applicare la tassa sulla salute, in quanto ne possiamo fare a meno”. Una posizione non nuova quella di Alberto Cirio che nel gennaio scorso a Domodossola aveva affermato che “il contributo sanitario chiesto ai lavoratori frontalieri è inopportuno. A Roma l'ho detto già diverse volte. Se la Regione sarà chiamata a esprimersi, siamo pronti a dire che non lo applicheremo”. Una posizione quella del numero uno di Regione Piemonte che per quanto è dato sapere sembra aver messo in difficoltà Regione Lombardia che nei mesi scorsi (da settimane non se ne parla più) ha più volte ribadito l'intenzione di applicare la “tassa sulla salute”. L'interesse di Regione Lombardia rispetto all'atteggiamento del Piemonte lo spiegano i numeri: i frontalieri lombardi attualmente sono quasi 70mila (60mila nelle province di Como e Varese), quelli piemontesi sono 10mila. Considerato che il balzello medio per ogni singolo frontaliero potrebbe essere di 2’400 euro all’anno, Regione Lombardia dovrebbe incassare 168 milioni di euro. Una somma decisamente consistente. Le speranze del Pirellone continuano però a schiantarsi contro un macigno: la mancanza di una “anagrafe fiscale dei frontalieri” sulla quale basare la “tassa sulla salute”. Bellinzona, Coira e Sion, anche recentemente, avrebbero ribadito di non fornire i nominativi dei frontalieri e nemmeno i compensi percepiti, trattandosi di dati sensibili che non si possono sbandierare ai quattro venti, con il rischio di violare il diritto alla privacy. Per aggirare questo ostacolo l'assessore regionale lombardo ai Rapporti con la Confederazione Elvetica Massimo Sertori ha ventilato l'ipotesi di invitare i frontalieri a sottoscrivere un'autocertificazione contenente i redditi da lavoro percepiti in Svizzera.

Ora come ora a Palazzo Lombardia nessuna norma è stata decisa e i decreti attuativi sono ancora da definire. Quanto basta per escludere che i frontalieri lombardi dal prossimo 1° gennaio (così come previsto dalla Legge di Bilancio 2024) possano pagare la “tassa sulla salute” sui redditi da lavoro percepiti quest'anno. Cosa succederà nel 2025 nessuno è in grado di prevederlo, ma appare scontato che la “tassa sulla salute” continuerà a navigare in cattive acque, anche perché le organizzazioni sindacali di categoria, con il conforto del parere di numerosi giuristi, hanno pronto il ricorso in quanto la contestata tassa sarebbe incostituzionale. Ricorso da indirizzare alla Corte costituzionale, che, nell'ordinamento italiano, è il più importante organo di garanzia costituzionale.

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