laR+ La recensione

Una ragazza da perderci la testa

‘Salome’ di Richard Strauss, per la regia di Emma Dante, inaugura l’87esimo Maggio Musicale Fiorentino

M. Monasta
(M. Monasta)
15 aprile 2025
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Per la prima volta assisto all’inaugurazione del festival del Maggio Musicale Fiorentino dalla prima fila di platea e me la godo tutta, dalla scena sontuosa e fiammeggiante alle pieghe d’espressione degli interpreti fino alla presenza magica e invisibile dell’orchestra, a pochi metri da me. Quando alla fine di questa ‘Salome’ incandescente scrosciano gli applausi per la protagonista e per il direttore, la signora seduta accanto mi chiede sommessamente: – Chi prenderà il posto di Daniele Gatti a Firenze? –. E io, senza averne la minima idea, indicando il direttore alla ribalta, rispondo d’istinto – Lui! –. Davvero? Ma no, sto scherzando. Ebbene, quella che per me era soltanto una risposta dettata dall’entusiasmo, o un pio desiderio, pare essere invece cosa molto vicina a concretizzarsi. Alexander Soddy, maestro britannico 42enne, noto per la sostituzione di Christian Thielemann (in alternanza con Simone Young) nel ‘Ring’ scaligero attualmente in corso, potrebbe essere presto nominato a succedere a Daniele Gatti alla testa dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, e dopo quello che si è sentito alla prima di ‘Salome’ c’è da esserne davvero contenti.

Quest’opera ‘in un atto e un balletto’, che si beve d’un fiato, così densa, complessa e stratificata, che annuncia la modernità pur mantenendosi accessibile al pubblico, e che Soddy conosce tanto bene, l’ha diretta magnificamente, instaurando un rapporto di mutua comprensione con l’orchestra e mantenendo un equilibrio costante con i cantanti in palcoscenico senza perdere in volume. È opera di corpi e di carnalità, di erotismo disinibito ed esibito, perfetta per il nostro tempo inquieto e morboso, cominciato in quell’ultimissimo scorcio di Ottocento con il genio trasgressivo di Oscar Wilde che la concepisce a Parigi per la grande Sarah Bernhardt, al tempo ultraquarantenne. Salome è sì la casta principessa fanciulla della tradizione biblica che chiede e ottiene la testa del Battista in cambio di una danza per il tetrarca Erode suo patrigno, marito della dissoluta Erodiade, ma è anche l’adolescente che seduce nobili e soldati con uno sguardo, castità senza innocenza che si nutre di desideri inconfessabili, come la voluttà improvvisa e ardente che la spinge dritta verso il corpo statuario di Jochanaan. È una ragazza viziata che afferra ciò che le piace e, se contrastata, diventa ossessiva e isterica. Per questo, nello straordinario dialogo con il profeta, ripete più volte di voler toccare il suo corpo d’avorio, poi i suoi capelli neri e infine, mille volte, baciargli la bocca rossa. Si sa come va a finire: lui la rifiuta e lei, per amore e per vendetta, ne pretende la testa mozzata su un piatto d’argento, per poterlo finalmente baciare sulla bocca, assaporando il gusto acre del sangue.


M. Monasta
Lidia Fridman è Salome

‘Vergine e perversa’

In questa estetica profondamente decadente e fin-de-siècle Strauss si immerge con grande scioltezza e l’opera, rappresentata la prima volta a Dresda nel 1905, è subito un successo. Da allora non cessa di interrogare e turbare i contemporanei. Affidarne l’allestimento a Emma Dante significa immergere la vicenda in un bagno di mediterraneità colorato e avvolgente, con squilli di rosso rigoglioso in scena, nei costumi e negli arredi, a evocare il sangue, la passione, il fuoco e la fiaba. Una scena dominata dal testone dell’orco a bocca spalancata del Parco dei mostri di Bomarzo, dalla cui bocca e occhi entrano ed escono come da un sogno-incubo schiave stuprate dai soldati, e questi ultimi si confondono con i pupi siciliani di Mimmo Cuticchio. Erode ed Erodiade si offrono su una tavola imbandita insieme a trionfi di frutta e teste di animali in un bivacco di carne e potere. La celebre danza dei sette veli è un tripudio orgiastico di veli multicolori, tra i quali Salome è il fiore più ambito, mentre il desiderato Jochanaan sfoggia trecce nere lunghissime alle quali la principessa si avvolge nel tentativo di attrarlo a sé.

Nel contesto onirico e fiabesco ideato dalla regista palermitana, alla luce di una gonfia luna-fanciulla più volte evocata nel testo, si snoda il dramma della principessa definita a suo tempo dalla stampa ‘vergine e perversa’, a partire dal desiderio morboso di Erode per la figliastra, seguito dal suicidio del giovane innamorato che procura alla principessa l’incontro con il profeta, e poi la passione di Salome per Jochanaan e l’odio di Erodiade per il profeta che l’accusa di immoralità. Ogni personaggio vive quasi autisticamente la propria ossessione e occorrono grandi interpreti per ruoli da lettino psichiatrico e per nulla empatici.

Qui gli interpreti sono tutti all’altezza, a cominciare da Lidia Fridman, una Salome bella di voce e di gesti, sensuale ed elegante, più drammatica e amorosa che isterica, fronteggiata dal potente Jochanaan di Brian Mulligan, mentre Erode ha il ghigno ferino e ironico di Nikolai Schukoff ed Erodiade è l’eccellente Anna Maria Chiuri. Il pubblico ha decretato un vero e proprio trionfo e lo spettacolo si replica fino al 27 aprile. È solo il primo tassello di un ricco cartellone che si snoda fino a luglio e che propone, ad esempio, un’opera rara come ‘Der Junge Lord’ di Hans Werner Henze o un’‘Aida’ con la regia di Damiano Michieletto e Zubin Mehta sul podio. Tutte le informazioni al sito www.maggiofiorentino.com.


M. Monasta