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Sulle note di Stravinsky, la febbre primaverile della gioventù

Abbiamo vissuto ‘Spring Fever’, lo spettacolo di fine Bachelor delle giovani promesse dell'Accademia Dimitri dirette da Philipp Egli. È ci è piaciuto

Visto martedì scorso al Lac
31 maggio 2024
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Si chiama ‘Spring Fever’, è il lavoro collettivo di fine formazione delle giovani promesse teatrali del Bachelor of Arts in Theatre dell’Accademia Dimitri, è il concerto-danza sapientemente concepito da Philipp Egli. Punto di partenza la primavera che è la gioventù, tra febbricitanti passioni e timori della crescita, in un racconto moderno che prende vita attraverso le magiche note del ‘Sacre du printemps’ di Stravinskij, opera monumentale e all’avanguardia, frenetica, difficile nell'essere interpretata suonando e soprattutto danzando, vista la natura mutevole, tra gli altri, del ritmo. Trovare un modo per vedere attraverso una partitura complessa, costruire un’esibizione partendo da una musica di breve durata, gestire i momenti di silenzio, guidare studenti molto diversi tra loro e con diverse capacità, sono solo alcune delle ardue sfide raccolte da Egli che, indirizzando e confrontandosi con questi giovani performer, è riuscito non solo a rispecchiare e rispettare la natura primordiale del balletto, ma anche a reinterpretarla, non solo modernizzarla, attraverso sagome che si muovono e suscitano diverse emozioni, tra momenti di serietà, apprensione, solennità ma anche risate.

Benvenuti al concerto-danza

È quel che abbiamo vissuto lo scorso 28 maggio al Lac, per immergerci nel tema sacrificale dell'opera originale, difficile da gestire e svincolare, qui non semplicemente omesso o accantonato, bensì ribaltato, e che assume una forma più spensierata e positiva in cui si perde il senso di avere una protagonista in favore della presenza equilibrata di tutti e tredici gli studenti sul palco che, nonostante le differenze che traspaiono dai loro gesti, volti e movimenti, riescono a scavarsi il proprio spazio personale, raccontando certo loro stessi, ma con un’ottica rivolta verso il gruppo e amalgamandosi all’identità corale dello spettacolo. Un concerto-danza che ha qualcosa di magnetico e segue un flusso non lineare, sballottando lo spettatore da un estremo all’altro, tra momenti di calma totale e altri più ossessivi, anche deliranti, lasciando aperta costantemente la possibilità di concentrarsi sul singolo, su una coppia, oppure su tutti quanti, perché risulta piacevole vagare con lo sguardo sul palco alla ricerca di ua movenza, di una sensazione, o semplicemente lasciandosi catturare da ciò che salta all’occhio, non per forza in maniera pragmatica.

Fiato e fatica

In ‘Spring Fever’ ci sono naturalmente momenti di danza, ma anche di recitazione più classica, di dialogo, di musica eseguita dal vivo al pianoforte o con la chitarra, di assoli cantati, di cori e di gioco, alternati in questa sorta di ibrido stilistico molto completo e appagante, che riesce a sfruttare bene il nucleo incostante e imprevedibile del ‘Sacre du printemps’, nel suo assiduo accompagnare dolcemente per poi trascinare con una certa violenza gli interpreti, che diventano marionette al servizio delle note e degli strumenti musicali, scelta rivelatasi più che azzeccata. Si sente il fiato, l’ansimare di fatica sul palco, eppure la concentrazione è tale da risultare un incastro quasi millimetrico, attraverso movimenti di forza, di corsa e continui incroci tra gli attori, i quali costruiscono un flusso in cui il passo falso è invisibile e contemporaneamente dietro l’angolo, alzando sia l’aspettativa che la suspence dello spettatore. Questi osserva la frenesia di corpi che prima si aiutano, poi si respingono, poi camminano insieme tenendosi per mano e infine si separano, muovendosi liberamente e dando l’impressione che l’ambiente circostante sia del singolo individuo, di tutti e di nessuno. Uno spazio, il palco, che diventa personaggio e che fa trasparire il legame tra Egli e l’architettura, anche con l’ausilio di una scenografia limitata che dà libero sfogo alla danza e al movimento, composta da blocchi di scale che vengono mossi, capovolti, con cui si interagisce, prima come se fossero blocchi pesantissimi, poi come se fossero leggeri soprammobili, e che ben rappresentano il saliscendi musicale.

Insomma: obiettivo centrato sia per quanto riguarda la direzione dello spettacolo, sia e soprattutto per l’interpretazione che emerge con dirompenza dall’impegno degli studenti, la cui capacità e il cui talento è sicuramente visibile, un punto di partenza e primi passi piuttosto solidi in un percorso di carriera difficile come sappiamo essere quello dell’arte in generale, ma da seguire con attenzione e interesse.

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