Cinema

Visiona Vol 2: mini festival, grandi prospettive

Sei cortometraggi che arrivano dalle principali scuole cinematografiche elvetiche. Li abbiamo visti venerdì scorso a Morbio Inferiore

‘Nina’, di Chiara Toffoletto
4 giugno 2023
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La pioggia non ha fermato il Visiona Vol 2, che lo scorso venerdì ha proposto una piccola rassegna di sei cortometraggi, scelti tra il panorama fresco del nostro Paese, spaziando tra le varie regioni linguistiche e uscendo anche dai nostri confini. L’occasione per conoscere prodotti freschi e giovani registi emergenti è stata data dall’Associazione +41, fondata da Chiara Ottavi, Nicolò Latini e Gabriele Spalluto, collettivo no profit con l’obiettivo di promuovere l’arte contemporanea, focalizzandosi sulla connessione regionale e culturale svizzera.

La serata si è aperta con ‘Nina’, di Chiara Toffoletto, corto di diploma Cisa. La paura di crescere, il desiderio di conformarsi agli altri per essere accettati e la pressione che ciò esercita sulle nostre scelte da giovani, temi affrontati dal punto di vista di Nina, che sembra confusa e schiacciata dalla realtà, intimorita dal lato sessuale e pressata anche per la volontà delle compagne di perdere la verginità nello stesso momento. Inquadrature molto interessanti, giochi d’acqua e specchi che riflettono una condizione di ricerca della protagonista a cui un po’ tutti agogniamo, quella della libertà.

Il secondo cortometraggio, ‘Der Inhalt eines Bünzlis’, di Lars Wiki, dalla ZHdK zurighese, è invece un’esilarante commedia con soluzioni interessanti e che spazia tra vari tipi di comicità, da Sam Raimi, alla commedia alla Stanlio e Ollio fino a Duffy Duck dei Loney Toons. Un prodotto che si fa beffe del tema del razzismo, alleggerendolo con ironia sottile e sagace, oltre che una piccola critica anche politica visto il tema centrale dell’accoglienza dei rifugiati. Un’anziana con qualche problemino a gestire la differenza del colore della pelle, disposta a tutto pur di non dover accogliere nessuno, arriverà persino a tentare di nascondere la morte della madre, folgoratasi per errore, solo per dimostrare di non avere camere libere da offrire, senza tuttavia riuscire a sottrarsi dalle nobili tradizioni di ospitalità svizzera.

Quindi è stato il turno del fantascientifico ‘Der Molchkongress’, di Matthias Sahli e Immanuel Esser, Pardino d’Argento al Locarno Film Festival 2022 e anch’esso dalla scuola zurighese. Una storia surreale, senza protagonisti, con delle tinte retro/steampunk e che affronta tematiche quali sfruttamento animale, esperimenti e schiavitù, in un’atmosfera a metà tra 1984 e Il processo. Una società parallela in cui delle specie di tritone vengono sfruttate e costituiscono una non meglio precisata forza lavoro, di cui apparentemente il genere umano è diventato dipendente. In più, queste salamandre stanno anche curando il pianeta, rendendo di nuovo rigogliosi gli habitat naturali da noi distrutti e, dulcis in fundo, queste creature si rigenerano e riproducono velocemente, rendendo difficile o impraticabile il loro sterminio, di fatto mettendo in discussione l’autorità e utilità umana sulla Terra.

A seguire, il prodotto francofono ‘À la derive’ di Marion Reymond dall’Ecal, storia di una triste infermiera che intraprende un viaggio onirico per disperdere nel mare le ceneri della madre. Tra oblio, animazione e soluzioni visive accattivanti, la protagonista naufraga in un percorso che la porta a riallacciarsi alla propria infanzia, in un ambiente di colori primari e spigoli, come un quadro di Mondrian. Divorata e risputata da una balena come Pinocchio, arenata sulla spiaggia e svegliata dai bimbi, potrà avere l’occasione per raccogliere le proprie forze, alzarsi e andare avanti.

In creolo è invece il prodotto dalla Head e di nome ‘La vérité sur Alvert, le dernier Dodo’, di Nathan Clement. Dadané si prende cura del nipote Lunet mentre la madre è inferma all’ospedale. Spinto dalla tristezza di Lunet, l’eccentrico e particolare Dadané lo convince di poter trasformare la propria gallina, Alvert, in un dodo, le cui piume avrebbero la facoltà di guarire ogni cosa. Quindi, le peripezie strampalate per trovare gli ingredienti e tentare più volte con questo assurdo rito portano a un insperato successo, che ridona speranza e riporta sul viso di Lunet un sorriso, nell’incredulità dello stesso Dadané, che vince quindi con la sua spensierata e incondizionata positività.

Ultimo ma non meno interessante, il corto in formato 4/3 di Enea Zucchetti, ‘L’azzurro del cielo’, che mescola l’architettura con il cinema e riflette sulla relazione del personaggio con lo spazio. Un tipo di contemplazione e gestione dell’inquadratura che ricordano il cinema caro ai russi, in generale. Una semplice passeggiata di un uomo in una città fantasma, abbandonata, sterile e morente, come un animale ai suoi ultimi respiri, che ansima lentamente, spegnendosi. Nemmeno i morti nel cimitero di questa città senza vivi, senza esseri viventi, dove gli edifici diroccati e vuoti portano un’atmosfera cupa e nostalgica, un senso di abbandono in cui il protagonista si lascia trasportare, come un viaggiatore nell’anticamera di un inferno dantesco.

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