Film Festival Diritti Umani

‘Un figlio ti aiuta ad andare oltre i mondi che conosci’

Intervista a Silvia Ranfagni, autrice del podcast ‘Corpi Liberi’, ospite del dibattito ‘Il diritto all’identità’ dopo il film ‘Instruction for Survival’

Silvia Ranfagni
(© Chora Media)
21 ottobre 2022
|

"Mamma sono trans" è la frase che è piombata addosso a Silvia Ranfagni in un giorno qualunque mentre scolava gli spaghetti. Lei nella vita fa la sceneggiatrice e la scrittrice e, da una manciata di mesi, ha pubblicato, con la collaborazione di Chora Media, il podcast ‘Corpi Liberi’, prodotto da Spotify Studios. Silvia prende per mano l’ascoltatore e racconta con disarmante autenticità, semplicità e una spolverata di ironia la sua storia di madre "antica e nata nel mille" – come dice suo figlio Alex – che cerca di capire chi è davvero quel tredicenne che credeva "figlia" e che ha imparato a chiamare "figlio". Ho raccolto l’intervista in occasione del Film festival diritti umani Lugano che, venerdì 21 ottobre alle 18.15, propone la proiezione di ‘Instruction for Survival’ al Cinema Iride, cui seguirà il dibattito ‘Il diritto all’identità’ con Silvia e Nicole Orlandi, campionessa mondiale di judo, quali ospiti.

"Questo podcast è un disperato tentativo di capire" così esordisci in ‘Corpi Liberi’…

«Il coming out di un figlio mette il genitore di fronte a molti passaggi che precedono l’accettazione di questo tipo di informazione. In primis c’è da ammettere che il figlio, per quanto giovane – nel mio caso aveva 13 anni – ha la sua competenza nel dirti chi è. Fino ad allora l’avevo vissuto come un bambino: la settimana precedente alla rivelazione voleva essere un vampiro. In questo passaggio c’è una nuova percezione di un figlio di cui forse, non conoscevi appieno la sua intimità. Questi processi permettono all’accettazione di far sbocciare una nuova identità di genitore con una consapevolezza diversa del proprio figlio». Silvia aggiunge che, avendo superato i 50 anni il linguaggio e i termini usati non le appartenevano – non-binario, non sono né maschio, né femmina –: «Per me era qualcosa di bizzarro. Faccio parte della prima generazione di genitori a cui non è famigliare rapportarsi con dei figli che si danno il nome da soli. Tutto questo non è così semplice da accogliere».

Qual è stato il ponte che ti ha fatto passare dalla difficoltà all’integrazione di avere un figlio non-binario?

Io sono passata prima dall’intelletto. Avevo bisogno di capire le categorie, i termini e soprattutto mi chiedevo perché ci fosse bisogno di tutte queste etichette in un’epoca che inneggia alla fluidità. Dopo varie investigazioni, ho fatto il salto di comprensione quando mi sono arresa davanti all’evidenza di non poter raggiungere una comprensione con la razionalità, perché queste sono categorie linguistiche e sociali che non appartengono alla mia storia. Ho dovuto accettare che la storia di mio figlio superasse i miei schemi mentali. In quel momento è avvenuta un’accettazione empatica e non intellettuale.

Cosa hai capito sulla disforia di genere (malessere e disagio profondo legato all’incongruenza di genere)?

Nelle mie indagini ho capito che la disforia di genere è completamente legata al giudizio sociale. Il giorno in cui eliminassimo l’idea di una discrepanza dalle aspettative del "mondo esterno" e l’identità singola di una persona che, non necessariamente coincide con i dettami esterni, la disforia scomparirebbe istantaneamente. Pensiamo agli animali: quando compiono la transizione non c’è la comunità animale che la addita o la giudica, succede e basta!

Perché pubblicare un podcast sulla vostra storia?

Con la mia storia voglio dare la possibilità a chi non conosce il tema di comprenderne meglio alcuni aspetti. Oggi vivo a Roma, ma sono nata e cresciuta nella provincia: ci sono amiche che sono rimaste lì e che mi scrivono di aver compreso, grazie a ‘Corpi Liberi’, situazioni di persone loro vicine. Queste sono le soddisfazioni più grandi. Sapere di aver creato "ponti di conoscenza".

C’è qualcosa che ti fa paura pensando ad Alex?

Sì, pensare che in Italia ci sia un vento di destra molto forte che dà voce e forza anche a "balordi per strada". Non passa il messaggio che le differenze arricchiscono, ma quello contrario. Anche nel mercato del lavoro non sarà una passeggiata, ma sono fiduciosa che le cose possano trasformarsi grazie alla conoscenza e all’inclusione.

Cosa ti sta insegnando tuo figlio?

Non so bene se sia lui a far crescere me oppure io a far crescere lui. Penso si tratti sempre di uno scambio. L’esperienza di avere un figlio ti tira fuori l’infanzia dalla pancia, te la mette davanti e ti regala l’opportunità di rielaborare "cose" di te che avevi messo sotto il tappeto. Se ben accolto, un figlio è una preziosa occasione per andare oltre i mondi che conosci.