Spettacoli

A Quiet Place II, sequel convincente ma non del tutto

Il primo film aveva portato un po’ di novità nel genere horror fantascientifico. Il secondo capitolo è interessante e ben realizzato, ma meno originale

24 giugno 2021
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Nel 2018 ‘A Quiet Place’ era stata una piacevole sorpresa: John Krasinski, fino a quel momento noto più che altro come il marito di Emily Blunt e uno dei comprimari della serie tv comica ‘The Office’, ha scritto e diretto un bel horror fantascientifico, costruendo qualcosa di originale partendo da una premessa, quella dell’invasione di creature aliene praticamente indistruttibili, vista e letta fin troppe volte. ‘A Quiet Place’ è infatti un film dell’orrore in cui non si urla: gli alieni trovano le vittime grazie al suono e il più lieve rumore può significare la morte, soluzione che permette di creare scene cinematograficamente molto efficaci. Paradossalmente, per sopravvivere a questi alieni dal superudito occorre la sordità: abituati a comunicare silenziosamente con la lingua dei segni, gli unici superstiti (e personaggi del film) sono gli Abbot: Lee (lo stesso Krasinski), la moglie Evelyn (la fantastica Emily Blunt) con i figli Marcus (Noah Jupe) e la sorda Regan (la notevole Millicent Simmonds).

‘A Quiet Place’, nella tradizione della fantascienza che usano alieni per parlare dell’umanità, è anche un film sulla famiglia e infatti il film si conclude con Lee che si sacrifica per salvare i figli. O meglio: si sarebbe potuto concludere così perché in realtà si scopre che l’impianto cocleare di Regan può emettere suoni che rendono vulnerabili gli alieni e così l’ultima scena è Evelyn che ricarica il fucile, pronta a far strage di nemici.

Questa lunga premessa per spiegare le contrastanti aspettative vero ‘A Quiet Place II’, il sequel sempre diretto da Krasinski finalmente nelle sale: da una parte è lecito aspettarsi un altro bel film, dall’altra come fai a portare avanti una storia simile, chiaramente pensata senza seguiti, senza riproporre il già visto o trasformare il tutto in uno sparatutto d’azione?

Impresa difficile e purtroppo riuscita solo in parte: dopo un flashback iniziale che mostra l’arrivo delle creature, torniamo al presente e vediamo Evelyn, Reagan e Marcus abbandonare il rifugio per esplorare il mondo esterno; qui incontrano l’ambiguo Emmett (un bravo Cillian Murphy), un amico di famiglia di prima della catastrofe che li aiuta, anche se inizialmente un po’ controvoglia, e accompagna Reagan nella ricerca di altri sopravvissuti seguendo un misterioso segnale radio.

Cosa funziona: l’aver portato avanti l’idea del primo film, sfruttando nuovamente gli alieni per riflettere sulla famiglia ma, appunto, non come protezione dei genitori ma come conquista dell’autonomia dei figli; il notevole montaggio di Michael P. Shawver che tiene insieme magistralmente i vari archi narrativi inseriti.

Cosa non funziona: a livello di sceneggiatura ci sono un po’ troppe incongruenze e soprattutto troppi cliché dei film horror, iniziando dai protagonisti che si separano; il bisogno di avere comunque un eroe maschile, introducendo il personaggio di Emmett del quale forse si poteva fare a meno.

Perché vedere questo film: perché si è amanti del genere; perché si sa apprezzare un film realizzato bene e non si fa troppo caso a una sceneggiatura ogni tanto zoppicante.

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