Musica

Il 'Ghettolimpo' di Mahmood, tra gli dei e la vita reale

Il nuovo album di un Narciso al contrario: 'In questi ultimi anni cercavo l'Alessandro di sempre, ma trovavo solo quello che vedevano gli altri'.

A Montreux, luglio 2019 (Keystone)

Poco più di due anni per vedersi stravolgere la vita. Per passare da giovane emergente a concerti in mezza Europa. Per vincere, contro ogni pronostico, il Festival di Sanremo nel 2019 con Soldi (quadruplo disco di platino) arrivando direttamente dalle Nuove Proposte e poi sfiorando il successo anche all'Eurovision Song Contest di quello stesso anno. Mahmood ha ancora l'aria spaesata di chi sembra capitato nell'Olimpo dei grandi per caso, di chi si stupisce ancora dei dischi d'oro, dei sold out, delle hit in radio e in classifica. E allora l'unico modo per provare a fare ordine è farlo in musica, con un nuovo album “di passaggio, che spiega quello che mi è successo negli ultimi due anni, quello che ho passato da Sanremo in poi”.

Tanto per cominciare “non scrivevo più sui bus, ma sugli aerei, ed è un disco che racconta molto il viaggio”. Il titolo è ‘Ghettolimpo’ (anticipato da ‘Inuyasha’, disco d'oro, e da ‘Klan’ e ‘Zero’, brano che fa parte della colonna sonora dell'omonima serie originale Netflix), “a metà tra l'Olimpo e la quotidianità, un non-luogo dove i due mondi si uniscono, popolato da persone, né immortali né semplici umani, che hanno punti in comune con la mitologia greca e che cercano di dare un senso alla propria vita”, spiega il 28enne cantautore di origine egiziana. La mitologia greca, racconta, è sempre stata una sua passione e permea intensamente questo disco, fin dall'introduzione con Dei. “Una filastrocca che vuole introdurre l'anima del disco. Il mondo meraviglioso della mitologia greca in cui mi immergevo da bambino è una passione nata da un'enciclopedia per bambini che leggevo spesso. Le raffigurazioni di dei ed eroi mi hanno sempre appassionato e oggi quell'immaginario si ritrova nei miei testi”. Tra i miti cui è più affezionato c'è quello di Narciso. “Ma io lo vivo al contrario: a lungo in questi ultimi anni mi guardavo e non mi riconoscevo più. Cercavo l'Alessandro di sempre (il suo nome all'anagrafe), ma trovavo solo quello che vedevano gli altri”.

Ogni traccia di ‘Ghettolimpo’ – che nasce da contaminazioni e ispirazioni diverse e affonda nelle sue radici arabe (da parte di padre) e i suoni dei muezzin, come in quelle sarde (da parte di madre) con le cornamuse dei pastori, ma senza velo nostalgico, e spazia tra pop e rap – rimanda a una simbologia e alla storia di un personaggio, che si dipanano via via nell'ascolto, “come i livelli di un videogame”. Immancabile il tocco di Dardust nella produzione, “che ha fatto un quarto del disco, se non di più. Mi ha insegnato quasi tutto, a livello di struttura. Anche se poi lui vuole riempire, io svuotare. Per me è sempre un riferimento, anche quando non scriviamo insieme, chiedo il suo giudizio”. Due i feat presenti, con Elisa e Woodkid. “Non mi andava di riempire questo disco di tanti duetti – dice Mahmood, come a giustificarsi per non aver seguito una modalità molto utilizzata negli ultimi tempi –. Quando metti la voce di un altro, devi dargli importanza. Deve avere spazio per raccontarsi. Ma dei brani con Elisa (per Rubini) e Woodkid (in Karma) sono molto felice”.

La sua crescita personale e artistica è passata anche dall'Eurovision, dove era dato tra i favoriti, arrivando secondo e plasmandolo come uno degli artisti più internazionali che abbiamo in Italia. “Sono contento per i Maneskin che ce l'hanno fatta – dice Mahmood senza nessuna invidia –. Per me è andata benissimo, sarebbe stato così anche se fossi arrivato terzo o quarto. È come se avessi vinto, perché mi ha dato la possibilità di fare un tour europeo, di farmi conoscere, nella mia testa è come se avessi vinto. Del successo all'estero sono contento, ma non penso in termini di nazioni dove uscire, mi limiterebbe troppo. Se una cosa nasce internazionale lo sarà, altrimenti no. Io scrivo quello che mi piacerebbe ascoltare”.

 

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