Spettacoli

Incontrarsi in sala per i diritti umani

Presentato il programma della settima edizione dl Film festival diritti umani: a Lugano, e non solo, dal 14 al 18 ottobre

7 ottobre 2020
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Nella sala cinematografica – che un festival del film si svolga in un cinema era cosa scontata fino a qualche mese fa, adesso suona come una sfida, una decisione controcorrente. Perché è vero, come ha detto in conferenza stampa il direttore Antonio Prata, che mancheranno molte cose, a questa settima edizione del Film festival diritti umani Lugano: niente attività per le scuole, un numero ridotto di film e ospiti, niente sede centrale. Ma appunto si torna in sala, ci si incontra “in presenza” perché è questo il senso del cinema e di un festival che ha al proprio cuore non solo i film ma anche i diritti umani.

Niente sede centrale, si diceva: Lugano resta il cuore, dove mercoledì 14 ottobre avremo il film d’apertura – il documentario ‘Welcome to Chechnya’ di David France – e domenica 18 quello di chiusura, ‘I am Greta’ di Nathan Grossman, ma per il resto il festival sarà itinerante, a Bellinzona il 15 ottobre, Locarno il 16 e Mendrisio il 17. Un evento diffuso, quindi: una decisione legata a situazioni contingenti – la già ricordata assenza delle scuole, alla quale si aggiungono le difficoltà nel trovare spazi a Lugano – ma che soprattutto vuole manifestare la solidarietà del festival verso le sale cinematografiche che, tra restrizioni sanitarie e mancanza di film, si trovano in difficoltà, come sempre in conferenza stampa ha sottolineato il presidente del festival Roberto Pomari.

Il corpo al cinema

Il Film festival diritti umani Lugano non ha un vero e proprio tema, ma quest’anno, complice anche il Lockdown, è emersa una certa sensibilità verso il corpo come manifestazione della dignità umana, come strumento di lotta per i diritti umani. A questo si lega la bella fotografia che fa da immagine ufficiale della settima edizione del festival: una foto di  Eduardo Leal scattata durante uno dei recenti moti studenteschi di Hong Kong.

Passando ai film – il programma completo, che qui percorriamo in tralìce, è su www.festivaldirittiumani.ch, al quale rimandiamo anche per gli ospiti dei dibattiti dopo le proiezioni –, di Hong Kong e più in generale della situazione dei diritti umani in Cina si parlerà domenica 18 ottobre: alle 14.45 con la prima svizzera del documentario ‘We Have Boots’ di Evans Chan, dedicato appunto alle proteste nell’ex colonia britannica, alle oceaniche manifestazioni di protesta, alle ragioni di una comunità fiera della propria (sempre più limitata) libertà; nel pomeriggio, con la testimonianza di Isa Dolkun, presidente del World Uyghur Congress che parlerà delle persecuzioni subite dalla minoranza musulmana degli uiguri nello Xinjang.

Restando alla giornata conclusiva, alle 17.45 sarà il vincitore del Premio diritti umani del festival Jason DaSilva a raccontare – purtroppo solo con il suo film, dal momento che non potrà arrivare a Lugano – del corpo dalla prospettiva di una malattia neurodegenerativa: ‘When we walk’, secondo capitolo della sua testimonianza cinematografica della disabilità, ha al centro il rapporto con il figlio con il figlio nella rapida progressione della sua malattia.

Corpo straziato non da una malattia, ma dalle mine antiuomo: sabato con la proiezione del documentario ‘Into the fire’ di Orlando Von Einsiedel su un gruppo di donne Yazidi che cerca di eliminare le mine da un’area dell’Iraq distrutta dall’Isis, al quale seguirà un convegno con diversi ospiti.

Il corpo è ovviamente anche al centro di ‘Fat Front’ di Louise Detlefsen e Louise Kjeldsen (a Lugano il 16 ottobre e a Locarno il 18), storia di un gruppo di giovani scandinave che sfidano l’ideale sociale di corpo femminile guardando con positività a rotoli e cosce voluminose. Una libertà che, in un contesto purtroppo ben più drammatico, vivono le persone Lgbtq alle quali è dedicato il documentario, e film d’apertura, ‘Welcome to Chechnya’ sulle  torture e brutalità nella Repubblica russa di Cecenia.

Tra gli altri film in programma, almeno un accenno alla prima internazionale di ‘Ritorno in apnea’ di Anna Maria Selini, testimonianza della pandemia nella provincia di Bergamo, a ‘Yalda, a night for forgiveness’ del regista iraniano Massoud Bakhshi, che sarà presente sabato 17, ‘One more jump’ di Emanuele Gerosa.

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