Pensiero

La pace è possibile, bisogna solo ritrovarne l’arte

Il pensiero della sintesi tra opposti e la contraddizione dialettica amico-nemico nella questione guerra-pace: Guardini/Francesco e le ideologie politiche

Ritrovare la pace aprendo il dialogo fra opposti
(Keystone)
30 dicembre 2022
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Difficile in queste settimane che ci portano al triste compimento dell’anno di guerra in Europa non farsi la più semplice delle domande. È possibile, e come, costruire la pace?

Parto da alcune note sparse, apparentemente sconnesse.

L’Assemblea Generale dell’Onu ha votato pochi giorni fa la risoluzione per la moratoria sulla Pena di morte che si presenta ogni due anni. Continuano i piccoli passi avanti contro la pena capitale nel mondo. Il risultato: 125 a favore, 37 contrari, 22 astenuti. Nel 2020, i favorevoli erano 123. La Federazione della Russia anche questa volta ha votato a favore della moratoria, mentre gli Stati Uniti hanno votato ancora una volta "no", in compagnia tra gli altri di Iran, Arabia Saudita, Cina, Siria, Libia, Qatar.

Non si tratta di sbianchettare la cartella giudiziaria di un cinico autocrate, Putin, che ha indubbiamente sulla coscienza assassinii politici e altre nefandezze. Si tratta solo di registrare che suo malgrado colui che ha scatenato la guerra in corso è costretto a muoversi in un contesto culturale la cui eredità personalista cristiana non è ancora totalmente cancellata.

E infatti lui stesso ha la spregiudicatezza di servirsi dei suoi "teologi-chierichetti" (leggi, al netto dei torbidi guru Ivan Ilyin e Aleksandr Dugin: il Patriarca Kirill) per rivestire solennemente i suoi calcoli geopolitici di una patina di religiosa slavofilia cristiano-ortodossa.

Il mito della Terza Roma

Ma proprio su questo il 9 dicembre, per la prima volta dall’inizio della guerra, è intervenuto il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, che contesta al moscovita Kirill l’ideologia storica del "panslavismo", eresia nazionalista che distrugge l’universalismo apostolico originario. Insomma, l’ortodossia russa strumentalizza la religione per ragioni politiche e ideologiche. A parere di Bartolomeo, questa posizione "insiste per il distacco dei credenti di etnia slava dalla loro Chiesa madre, per affermare la primazia di Mosca come Terza Roma", e il giogo sovietico non ha fatto altro che condurre il patriarcato moscovita a essere sempre più sottomesso allo Stato.

A interessare non è qui tanto il conflitto interno all’anima orientale del cristianesimo, quanto il fatto che il Patriarca di Costantinopoli, vicinissimo agli ultimi Papi cattolici e in modo speciale a Francesco, chieda l’aiuto della Chiesa di Roma per superare le contrapposizioni tra "greci e russi". Interessa dunque registrare la presenza di un interlocutore di alto profilo culturale che in qualche modo cerca di ricomporre un clima di dialogo. È su questo che occorre puntare i riflettori e spingere più a fondo un’analisi di tipo culturale e filosofico sul tema della pace.

È triste che proprio noi europei, esperti come nessuno di quanto la guerra non risolva ma complichi e incancrenisca tutti i problemi, si sia ricascati nel tranello. O per dire giusto, nella logica dell’affermazione di potenza, dentro una sorta di "conflitto di civiltà" dal quale si emerge solo con la vittoria dell’una e la cancellazione dell’altra ("superiore" sintesi della "Terza Roma" versus patrimonio di valori coltivato da quella antica e da quella greco-cattolica, ordine e socialità versus democrazia e libertà)?

L’ideologia del ‘conflitto di civiltà’

Mi sembra interessante richiamare alla memoria, come ha fatto di recente il filosofo Massimo Borghesi, il contributo che nel corso del XX secolo hanno offerto alla riflessione sul tema della pace due pensatori come Martin Buber e, soprattutto, Romano Guardini (nello stesso preciso ordine di idee si potrebbe inserire il contributo di Emmanuel Mounier come pure quello del nostro Denis de Rougemont).

Nel suo discorso del 28 aprile 1962, dal titolo ‘Europa. Wirklichkeit und Aufgabe’, Guardini assegnava all’Europa il compito di mediare tra i continenti e le potenze del mondo. «Essa ha avuto tempo per perdere le illusioni». La sua storia è lunga, nel seno della sua cultura è germinato il sapere tecnico-scientifico, possibilità e rischi del medesimo sono stati da lei verificati in un modo tale che «all’Europa autentica è estraneo l’ottimismo assoluto, la fede nel progresso universale e necessario (…) Essa ha già visto rovinare tanto di irrecuperabile; è stata colpevole di tante lunghe guerre omicide, da essere capace di sentire le possibilità creatrici, ma anche il rischio, anzi la tragedia dell’umana esistenza. (…) Conosce le irruzioni della conoscenza e della conquista, ma in fondo non crede né a garanzie per il cammino della storia né a utopie sull’universale felicità del mondo. Essa ne sa troppo». Troppo? Forse non ancora abbastanza, vien da dire.


Romano Guardini

‘Anche tu vedi qualcosa di giusto’

Ma cerchiamo ora di rispondere alla nostra domanda: è possibile, e come, ritrovare oggi una traiettoria di pensiero diversa rispetto a quella dell’antitesi amico/nemico e del conflitto di civiltà, possibilmente feconda di pace

Facciamo un altro passo avanti nella lettura del pensiero del grande Guardini che, come qualcuno saprà, tra le due Guerre e specie dopo la Seconda rappresentò una bussola per alcuni grandi veri pacificatori dell’Europa postbellica (ci ritorneremo in conclusione). L’idea cardine di Guardini è quella dell’opposizione polare (o della coincidentia oppositorum). Di cosa si tratta? Scriveva già nel 1925:

"Mi ha sempre occupato il problema: come mai possano affermarsi prese di posizioni così diverse degli uomini circa le questioni dell’esistenza e se non sia possibile di acquisire a tale diversità una forza costruttiva. Da queste riflessioni è nato a suo tempo un mio libro sulla ‘opposizione polare’, ed esse sono divenute importanti anche per i miei scritti di poi".

"L’idea del cattolicesimo come coincidentia oppositorum", annota Borghesi (L’Osservatore Romano, 5 dicembre 2022), "veniva trasferita, dall’autore, sul piano antropologico, sociale, politico. Il risultato era un pensiero dialogico, con molte analogie con quello coevo di Martin Buber, per il quale le relazioni tra gli uomini e tra gli Stati obbedivano alla legge della coesistenza e del dialogo tra diversi. I pericoli da evitare erano l’uniformità, da un lato, e la contrapposizione frontale, dall’altro". Evitare il manicheismo teologico-politico che si oppone strutturalmente alla pace.

"L’essenza di questo procedimento consiste nel fatto che l’altro non appare come avversario, ma come "opposto", e i due punti di vista, tesi e antitesi, vengono portati all’unità. (…) La teoria degli opposti è la teoria del confronto, che non avviene come lotta contro un nemico, ma come sintesi di una tensione feconda, cioè come costruzione dell’unità concreta".

Come evitare di passare dalla opposizione alla contraddizione? Sempre Guardini:

"Ciò che esiste è la diversità dei punti di vista; la dialettica di formulazioni le quali per principio sono rapportate a vicenda e che perciò stanno l’una rispetto all’altra non in contraddizione esclusiva ma in opposizione feconda. Allora io posso dire: ‘Anche tu vedi qualcosa di giusto’, e si rende possibile una sintesi".

Bergoglio: ‘L’altro come opposto, non avversario’

Guardini (morto nel 1968) in aperta antitesi al pensiero dialettico di Carl Schmitt fondato sull’antitesi tra amico e nemico, "sviluppò un pensiero della mediazione che unifica i diversi mantenendoli nella loro differenza", influenzando in modo decisivo la riflessione di un altro protagonista del nostro tempo, Jorge Mario Bergoglio che, da Pontefice, nel suo recente manifesto per la pace, la Fratelli tutti, cita abbondantemente l’antropologia polare guardiniana. In Ritorniamo a sognare, la sua conversazione con Austen Ivereigh, papa Francesco esplicita vigorosamente questo suo punto di vista:

"Quello che vede le contrapposizioni come contraddizioni è un pensiero mediocre che ci allontana dalla realtà. Lo spirito cattivo – lo spirito di conflitto, che compromette il dialogo e la fraternità – cerca sempre di trasformare le contrapposizioni in contraddizioni, pretendendo che scegliamo e riducendo la realtà a semplici coppie di alternative. È questo che fanno le ideologie e i politici senza scrupoli".

È indubbio che la difficoltà nel cogliere il percorso di questo Papa nel labirinto della guerra in corso, che come ogni guerra mescola bombe, crimini, bugie e propaganda, non sia dovuta solo alle sue impetuose e imprevedibili iniziative e alle sue offerte di dialogo all’apparenza estemporanee, ma dipenda proprio da un impianto di pensiero inconsueto sebbene filosoficamente ben radicato e – chi può dirlo – forse generatore di novità. Non si tratta qui di promuovere Francesco a pacificatore d’ufficio. Se mai si può intuire come un uomo di pace come lui possa mettere accenti su problemi e corresponsabilità occidentali nelle radici di questa guerra e allo stesso tempo rinfacciare senza peli sulla lingua al dittatore del Cremlino le sue responsabilità.

I guardiniani che hanno fatto l’Europa (a metà)

Ma l’obiezione, per concludere, giunge a bomba. Dialogo, sintesi, composizione, pace, quando la prospettiva adeguata di fronte all’aggressività crudele e devastatrice della "banda putiniana" sembrerebbe essere solo quella di una nuova Norimberga? Ebbene, ci fu una Norimberga – e sappiamo quanto abborracciata e approssimativa –, ma ci fu anche subito qualcos’altro. Come poteva sembrare anche solo immaginabile che sull’orlo delle ferite ancora aperte della carneficina, a pochi mesi dall’armistizio del 1945, intellettuali e politici francesi, tedeschi, italiani si mettessero a dialogare con intensità, tenacia, addirittura amicizia, per giungere in poco tempo alla costruzione di una nuova forma di unità europea? Tutto salvo che perfetta, ma decisiva nel riaprire immensi cantieri di pace e di benessere.

Ebbene, quegli uomini, gli Adenauer, Schuman, De Gasperi, erano tutti in qualche modo figli del filosofo italo-tedesco Romano Guardini (oltre che amici di Denis de Rougemont), uomini capaci di tenere insieme gli estremi. E di stare nella realtà, evitando che scivolasse in banale quotidianità.

Ci saranno oggi, nelle due Europe, uomini di questa tempra? A loro si aprirà il compito di portare infine la scure alla radice del dilemma, là dove si pone il destino dell’altro polmone europeo, la Russia. Per questo occorrerà tenere gli occhi aperti anche su quel mondo della cultura russa, laica e religiosa, che si sente profondamente europea e che gode temporaneamente di poca o nulla libertà, senza mancare tuttavia di addentellati con le molteplici ramificazioni del potere politico.

Qui si gioca il passaggio dalla logica dello scontro tra imperialismi culturali e politici (Occidente e Oriente europei) alla sinergia feconda tra i due polmoni dell’Europa. Ma tutto ciò merita un ulteriore approfondimento.


De Gasperi, Adenauer e Schuman

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