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Di Surrealismo e ‘Alleanze’

Nel centenario della nascita del movimento, ‘Arp, Taeuber-Arp e Bill: Alleanze’, fino a novembre alla Fondazione Marguerite Arp di Locarno-Solduno

Veduta della mostra
(F. Pellegrini)
10 giugno 2024
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Ancora una volta la Fondazione Arp continua il proprio lavoro di scavo sull’eredità intellettuale, morale e artistica del lascito ‘Jean e Marguerite Arp’, custodito nella casa-atelier dell’artista, comprendente parte della loro collezione, nonché il loro archivio e biblioteca cresciuti poi nei decenni successivi. Non appena fuori, lungo una striscia di terra che corre ai piedi della collina, ecco il bel parco con i colori della primavera e non poche sculture di Arp che occhieggiano tra azalee e rododendri in fiore; lo chiude, sul versante opposto alla casa, lo spazio espositivo costruito nel 2014 dagli architetti Annette Gigon e Mike Guyer. Internazionalmente conosciuto come centro di studi sull’opera di Jean Arp e di Sophie Taeuber-Arp, il Ronco dei Fiori vale indubbiamente una visita dal momento che ora, oltre al parco, apre anche alcuni spazi interni alla casa (fondazionearp.ch).

L’occasione è data dalla ricorrenza del centesimo anniversario del Surrealismo (1924) che, fin dai suoi esordi, annovera tra i suoi membri anche Arp il quale, già nel 1925, partecipa alla prima mostra del movimento presso la Galleria Pierre di Parigi. Ancora una volta, lui che era stato tra i fondatori del Dadaismo a Zurigo, nel 1916, è nel posto giusto al momento giusto, senza mai rinnegare se stesso. Per dar conto di questa sua presenza nei luoghi fondanti del moderno, nel soggiorno e nello studio di casa che conservano l’arredamento originale, la Fondazione ha allestito una breve rassegna sul Surrealismo servendosi solo dei materiali presenti nell’archivio e nella biblioteca dell’artista con cataloghi, libri rari e storici non di rado concernenti lui stesso, unitamente ad alcune sue opere messe accanto a quelle di importanti amici artisti tra cui Max Ernst e Marcel Duchamp. Da qui il titolo ‘Le Surrealisme chez soi’.


Fondazione Marguerite Arp
Max Bill, Horizontal-vertikal-diagonal rhythmus, 1943 - Olio su tela, 50 x 75,5 cm

Accettazione

Ora, c’è un aspetto, in quanto appena detto, che non può non colpire chiunque accosti il percorso artistico di Arp dagli esordi alla sua conclusione: il fatto, cioè, che riesca a operare in più gruppi o movimenti, spesso in lotte fratricide fra di loro, senza scomporsi, venendo anzi accettato come un maestro degno di stima e capace di rispettare e riconoscere la legittimità e la dignità dell’opera altrui. Arp non passa solo dal Dadaismo al Surrealismo, tra i quali corre una linea di continuità ma, anche tra i surrealisti, che pure si sbranavano a vicenda, seppe “mantenere una propria indipendenza e libertà artistica che gli permetterà di prendere parte, negli anni Trenta, ad altri movimenti non figurativi come ‘Cercle et Carré’ e ‘Abstration et Creation’.” Arriviamo così allo studio promosso dalla Fondazione Marguerite Arp, con tanto di doppio catalogo in tedesco e in italiano (Ed. Casagrande) e alle due rassegne, l’una presso la Fondazione stessa, a Locarno-Solduno e l’altra, più ricca e articolata, al Kunstmuseum Appenzell che ha attivamente collaborato alla messa a punto dell’iniziativa incentrata sull’amicizia e la collaborazione tra Jean Arp (1886-1966), sua moglie Sophie Taeuber-Arp (morta nel 1943 per asfissia proprio nella casa di Bill) e Max Bill (1908-1994): tre figure centrali dell’avanguardia artistica europea, di cui si presentano sculture, rilievi, dipinti e opere su carta alcune delle quali mai esposte al pubblico.

Sorpresa

E per chi conosce l’opera maggiore di Bill la mostra di Solduno riserverà più di una sorpresa. Con le loro rispettive opere disposte all’interno di una sorprendente fascia violetta su le tre grandi pareti, una per ciascuno di loro, l’osservatore vede subito quella dedicata ad Arp, riconosce quella di Sophie, ma non trova immediatamente quella del maestro zurighese. Il fatto è che quando si pensa a Bill subito viene alla mente l’idea dell’artista-programmatore che applica all’arte principi matematico-geometrici da cui derivano sia le ripartizioni interne che le combinazioni cromatiche; cosa che qui quasi non appare. Questo perché la mostra si concentra su un periodo preciso del loro percorso creativo, quello dagli anni Trenta all’inizio degli anni Quaranta, doppiamente interessante. Da una parte per il divario generazionale tra Jean e Sophie e il giovane Max, formatosi come orafo-argentiere alla scuola di arti applicate di Zurigo (1924-27) dove insegnava pure Sophie, colto qui nel momento in cui, dopo il soggiorno al Bauhaus di Dessau (1927-28), rientra a Zurigo nel 1929 dove è attivo quale architetto e grafico, ma come pittore sta ancora cercando la propria identità e risente dell’influenza dei due. La mostra, sia pure per schegge, lascia intravedere però anche come ne esce: basti leggere la sintassi compositiva del dipinto del 1943 o della scultura del 1946 esposte in mostra. Dall’altra perché siamo in un momento cruciale della storia del moderno dopo la crisi interna al Surrealismo: anni di grande fermento in cui nascono gruppi e associazioni di artisti intenzionati a difendere e promuovere l’arte non figurativa. Dapprima a Parigi, dove si formano gruppi come Cercle et Carré e Abstraction-Création, in seguito in Svizzera con Allianz, nato nel ’37 (lo stesso anno dell’Arte degenerata!) e che vuole promuovere e riunire artiste e artisti del moderno mediante mostre, cataloghi e cartelle grafiche editi dall’Allianz-Verlag diretta proprio da Max Bill. Ma anche tra loro tre esistevano differenze che hanno arricchito la storia del moderno, ravvisabili pure in mostra attraverso una attenta lettura delle opere esposte.


Reguzzi
Hans/Jean Arp, Formes élémentaires, 1947

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