Arte

Giancarlo Tamagni. L’interiorità esternata

A Giubiasco un’antologica ripercorre con alcune opere (che raccontano l’uomo e il suo tempo) il cammino artistico del pittore morobbiotto

Senza titolo, 1963
(Giancarlo Tamagni)
19 gennaio 2023
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Lacerazioni nere dal segno secco si fanno largo fra il bianco latte e il rosso sanguigno. Tratti scuri tracciano un corpo spogliato e fatto di forme essenziali. La sua posizione è insolita: schiacciata, come fosse oppressa. Esprime tutto il gravame interiore dell’essere umano raffigurato allegoricamente nella ‘Solitudine no 8’, un’opera del 1989 del pittore (e scultore) morobbiotto Giancarlo Tamagni. La figura umana è senz’ombra di dubbio il nocciolo della ricerca artistica dell’artista nato nel 1940 e morto nel 2021, all’età di 81 anni. Gli estremi racchiudono una vita dedicata all’arte.


Giancarlo Tamagni
Solitudine no 8, 1989

La ‘Solitudine no 8’ è una delle opere allestite in ‘Un omaggio a Giancarlo Tamagni’, titolo della mostra che fino alla fine del mese (domenica 29) abita una alcune sale sotterranee dell’Hotel La Tureta, in Piazza Grande a Giubiasco. L’esposizione – promossa dall’Associazione Quartiere Giubiasco e sostenuta dalla Città di Bellinzona – è un’antologica e si propone di ripercorrere la sua carriera artistica attraverso le fasi significative della sua produzione, ricordando come nella sua vita egli sia stato un curioso e fine pittore (e scultore). Tamagni fu altresì mediatore culturale: dal 2004 al 2019 è stato direttore artistico del progetto ArteperArte, sviluppando un concetto di valorizzazione artistica e culturale di Giubiasco, organizzando biennali di scultura all’aperto in Piazza Grande e le esposizioni al Mercato Coperto.

Uno sguardo completo

«Ha lavorato fino alla fine», ricorda Odilia, la moglie di Giancarlo, «la sua spalla». La incontriamo negli spazi della mostra – lei accoglie i visitatori, dalle 14 alle 18 – e cogliamo l’occasione per scambiare due parole. «Questo spazio gli piaceva molto e quindi pensando a un’esposizione è stato naturale venire qui». In effetti, i locali seminterrati della Tureta sono belli e suggestivi: le pietre a vista e le volte ospitano diverse opere pittoriche e scultoree. L’allestimento – ben ponderato e significativo – così come il catalogo sono stati curati dalla moglie e dalle figlie, fra cui Alessia che abbiamo raggiunto telefonicamente per chiederle che cosa le avesse lasciato il papà. «Mi è rimasta la sua grande forza. Era una persona disponibile e altruista. Si impegnava molto» non "solo" nella sua ricerca personale, ma anche per promuovere il lavoro di artisti locali e nazionali. Una forza, continua Alessia, testimoniata anche nei suoi lavori «che riflettono momenti di forza, unione e di ricerca tra individui».

Sperimentazione

Sperimentazione è sicuramente una voce che ben si appiccica alla sua ricerca «attenta all’evoluzione dei tempi», sottolinea Odilia. Nel corso di tanti anni l’artista si è espresso attraverso generi, tecniche e materiali, supporti e formati molto vari: andando dal canonico olio su tela, fino alle sculture lignee, di resina o ferro. Ripercorrendo gli articoli di giornale del passato, Tamagni era una presenza assidua dei servizi dedicati all’arte. In particolare, il critico d’arte Dalmazio Ambrosioni ne ha scritto più volte ricordando come egli fosse fra i rappresentanti della «nouvelle vague dell’arte ticinese», nei primi anni Sessanta (cfr. Azione, 12.11.1992).

Figlio di una guardia di confine, nella prima infanzia Giancarlo abitava con la famiglia a Spruga, il padre era lì di stanza. Periodicamente, il papà veniva trasferito e Giancarlo finisce le elementari in Gambarogno, dove conosce Edgardo Ratti, studente a Brera e pittore. Frequenta il ginnasio per due anni al Collegio Papio di Ascona, terminandolo all’Istituto Elvetico di Lugano, dopo il trasferimento a Brè del padre, dove conoscerà l’artista esule Josef Biro e l’argoviese Wilhelm Schmid, che si rivelano la sua vera scuola. La via della pittura era segnata, Tamagni si iscrive all’École des Beaux Arts di Losanna (dove insegnavano Jacques Berger e Jeanpierre Kaiser), una scelta inconsueta per gli aspiranti artisti di quegli anni che, quasi naturalmente, scivolano a sud, all’Accademia di Brera a Milano.

Nei primi anni Sessanta, terminati gli studi con una tesi su Paul Klee (era il 1962), torna a Lugano e inizia a lavorare alacremente nell’atelier di via Nassa 54 con Sergio Piccaluga e Fernando Bordoni. Parallelamente svolge il mestiere di docente. Negli anni si reca in diverse città svizzere ed europee, fra cui Zurigo, Milano, Parigi e Sint-Denijs, in Belgio. Dopo il Sottoceneri, Tamagni torna nella terra delle sue origini, in Valle Morobbia (a Pianezzo), dove vivrà e lavorerà fino alla fine.


Giancarlo Tamagni
Azione, 1970

Uomo del suo tempo, parte da esordi informali, guardando quindi alla pop art, tornando via via a una figurazione più intima. Lo si scriveva in attacco, al centro della sua ricerca v’è la figura umana e nel corso degli anni le sue opere hanno messo in scena una serie di archetipi, ciascuno foriero di una simbologia chiara: gli eroici e avveniristici Cosmonauti, i potenti Discatori, le Figure Ambiente (anzitempo abborda il tema dell’ecologia), il Bambino e la Donna. Se fino a un certo punto l’artista indaga l’essere umano dal punto di vista sociale con piglio critico, a un tratto la sua ricerca converge all’interiorità, abbordando i temi come solitudine, sofferenza, tempo e memoria. Cambiano allora i toni (da colori piuttosto accesi si passa a cromie terrose, sottotono) e in parte anche la composizione delle tele, che si prova in prospettive inconsuete. L’essere umano è scarnificato, spogliato e ritratto nella sua essenzialità: non sono più le figure eroiche degli esordi, ma emblemi della fatica e della condizione umana. "Mi interessa trasmettere gli stati d’animo, cogliere le ripercussioni della vita sull’esistere, i segni del tempo, della società e della cosiddetta civiltà sul cammino delle persone, rubando loro qualcosa di quanto hanno dentro di significativo" (la citazione è di Tamagni è tratta dal già citato articolo di Ambrosioni).


Giancarlo Tamagni
La lunga attesa, 2010

Opere pubbliche

Di là della mostra giubiaschese, in Ticino sono diverse le sue opere negli spazi pubblici: basti pensare alla decorazione dell’atrio delle scuole elementari di Massagno, al bassorilievo sulla facciata della palestra comunale di Airolo e ancora ‘Simbolo della memoria’, gruppo scultoreo realizzato per la Piazza di Carena, inaugurata nel 2001.

www.tamagni.art

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