Arte

Dal monumento al paesaggio, l’Antichità al m.a.x.museo

Da Winckelmann a Giovanni Battista Piranesi al Grand Tour, la reinterpretazione del classico è la mostra con cui riapre il museo di Chiasso

Giovanni Battista Piranesi Arco Gotico (Tav. XIV) Tratta da “Le Carceri d’Invenzione” prima edizione 1745 ca. (primo stato di sei)
1 marzo 2021
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Per usare il linguaggio cinematografico, l’esposizione al m.a.x.museo è una grande carrellata all’indietro, dai monumenti dell’Antichità isolati su carta con rigorosa formalità alle vedute di insieme, con il reperto che inizia a lasciare spazio all’immaginazione, all’emozione, per poi arrivare, nell’ultima sala, ai paesaggi in cui si abbraccia un’intera città. Lo sguardo si amplia, dal Settecento all’Ottocento, dalle acqueforti alle cromolitografie, dalla ricerca scientifica alle richieste del nascente turismo.

Tre, i nomi che scandiscono ‘La reinterpretazione del classico’, progetto con cui il museo riprende l’attività: Johan Winckelmann, Giovanni Battista Piranesi e Luigi Rossini.

Il primo, al quale il m.a.x.museo aveva dedicato nel 2017 un’ampia mostra, è considerato il padre della moderna storia dell’arte, una definizione in realtà riduttiva per il contributo di Winckelmann, personaggio cruciale per la moderna visione estetica europea: a lui si deve, ad esempio, la  riscoperta (e idealizzazione) della Grecia antica. E, aspetto centrale per l’esposizione, il fatto oggi scontato che l’arte la si debba vedere: il suo ‘Monumenti antichi inediti’ raccoglie oltre duecento incisioni di monumenti – termine da intendersi in senso ampio, includendo anche monete e altri oggetti – pagate in parte di tasca sua. Winckelmann in realtà non si muove nel vuoto: come ricordato in conferenza stampa dallo storico e critico d’arte Pier Luigi Panza, prima di lui vi sono le incisioni che la corte di Napoli faceva realizzare per documentare quanto scoperto negli scavi di Ercolano e Pompei. «Immagini realizzate con un approccio erudito e antiquario, ma né scientifico né immaginativo: documentavano in maniera enfatica e didascalica quanto via via scoperto». Diverso l’approccio di Winckelmann che legge il monumento alla luce dei suoi studi e della sua cultura. È appunto la reinterpretazione del classico al quale allude il titolo del’esposizione.

Con la sua sensibilità e con l’importanza che attribuiva all’attività di osservazione, ha spiegato la cocuratrice dell’esposizione Susanne Bieri, Winckelmann può anche essere ritenuto colui che ha stimolato la nascita di un turismo artistico internazionale interessato verso gli antichi monumenti di Roma. Ma qui già si inizia ad andare verso il secondo protagonista dell’esposizione: l’artista e incisore veneziano Giovanni Battista Piranesi, che a Roma trovò quell’Antico che gli permise di dare origine a visionarie interpretazioni che intendevano prima di tutto stimolare l’immaginazione degli artisti contemporanei. Non più l’opera isolata e lucidamente riprodotta nei suoi elementi, ma raffigurata nel contesto, allargando il campo spesso immaginando quello che non c’è per mettere in opera il monumento. È questa immaginazione che distingue Piranesi da Winckelmann e della quale troviamo traccia, ha ricordato la cocuratrice e direttrice del museo Nicoletta Ossanna Cavadini, nella polemica che Piranesi apre con il programma rigorista e filoellenico di Winckelmann, schierandosi a favore dell’architettura romana. In mostra, questa contrapposizione è evidente già nella prima sala, dove le nette e pulite incisioni provenienti dall’opera di Winckelmann contrastano con una emozionante e carica stampa di Porto Ercolano realizzata da Piranesi.

Si è accennato al turismo, a quel Grand Tour divenuto importante momento nella formazione culturale delle élite e che vedeva, nella antichità, una tappa imprescindibile. Le incisioni passano da studi sull’architettura antica a documentazioni del viaggio in Italia, vedute che ricordavano ai viaggiatori i luoghi visitati o che li aiutavano a identificare i monumenti descritti nelle guide. Qui si arriva al terzo protagonista: Luigi Rossini, maestro dell’arte incisoria, l’ultimo grande illustratore delle meraviglie di Roma e Pompei. Con lui si supera definitivamente l’ideale settecentesco della veduta oggettiva e si arriva, con sensibilità chiaramente romantica, ai paesaggi, alle prime espressioni del panorama.

Il percorso espositivo, grazie alla collaborazione con il Museo archeologico nazionale di Napoli, include oltre ad acqueforti e incisioni anche alcuni interessanti reperti archeologici. Il tutto si completa con il tradizionale catalogo, per l’occasione sdoppiato: una pubblicazione completa, con saggi di Massimo Lolli, Susanne Bieri, Angela Windholz, Pierluigi Panza, Mauro Reali, Raffaella Bosso e Nicoletta Ossanna Cavadini; e un “mini-catalogo” con i testi dei pannelli e una selezione di immagini.

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