Arte

I sogni a colori della Belle époque al Museo delle dogane

Il “piccolo” museo di Gandria riapre al pubblico con un'interessante esposizione dei manifesti turistici di fine Ottocento

13 giugno 2020
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L’anno scorso il Piccolo mondo antico; quest’anno il turismo della Belle époque: il periodo è grosso modo lo stesso, ma sono due storie molto diverse quelle raccontate, e mostrate, dalle esposizioni temporanee del Museo delle dogane, dal 2017 gestito dal Musec, il Museo delle culture di Lugano. Domani, con la ripresa del servizio turistico di navigazione, il piccolo museo alle Cantine di Gandria riaprirà al pubblico con i manifesti turistici di fine Ottocento e inizio Novecento conservati dalla Biblioteca nazionale (info: *www.museodogane.ch*). «Il periodo è sempre quello di Fogazzaro, che in un certo senso è quello in cui il Ticino compare nella storia del mondo, ma la storia che raccontiamo quest’anno è quella del grande turismo internazionale» ci spiega Francesco Paolo Campione, direttore del Musec. Che cosa raccontano quindi, questi “sogni a colori su muri nerastri”, come li ha definiti Lorenzo Sganzini, curatore dell’esposizione, nel catalogo della mostra? «Raccontano questa vocazione di essere “il sud del nord”, raccontano l’immaginario alpino e mediterraneo che si uniscono in una forma che diventa subito riconoscibile, oltre all’opera di artisti di grande qualità» prosegue Campione.

Molte le suggestioni di questa esposizione con le sue stampe in grande formato. Una parte proprio dalla qualità e dallo stile dei manifesti presenti. «È un tema molto discusso – spiega Campione –: il nostro tempo ha prodotto l’irriconoscibilità della produzione artistica, mentre un manifesto della Belle époque è indubbiamente un manifesto della Belle époque, lo si capisce subito perché restituisce un tempo, un’aurea, un sapore, un profumo. Sono immagini che permettono di tuffarti immediatamente in un determinato contesto storico, al contrario di quanto accade con le produzioni degli ultimi cinquant’anni, come se il nostro mondo non fosse più capace di produrre un’identità forte».

E poi il lago, che troviamo raffigurato nella maggior parte dei manifesti. Si tratta, ovviamente, di un lago diverso da quello visto l’anno scorso con ‘Piccolo mondo antico’: «È l’idea di lago come luogo di incontro, un’idea fortemente ottocentesca legata allo sviluppo del turismo internazionale che cambia molte cose: queste immagini prendono non solo il Ceresio, ma anche il Lago di Como e il Lago Maggiore, e ne fanno come detto “il sud del nord”, abbiamo il nord alpino nella sua area più meridionale e troviamo l’immaginario alpino, montagnoso, “svizzero”, unito all’immaginario mediterraneo fatto di limoni, di colori solari». Quello di punto di incontro tra un nord e un sud variamente declinati è del resto ancora oggi al centro di numerosi discorsi non solo a livello turistico, ma anche economico e culturale. Ma, avverte Campione, «un conto è dirlo, un conto è vederlo nei manifesti, negli elementi iconografici che hanno una loro solidità, non sono più concetti astratti ma trasformati in un immaginario concreto, sono limoni sulla riva di un lago alpino».
Poco sopra abbiamo definito quello delle dogane “un piccolo museo”, ma «proprio piccolo non è: i visitatori sono tra otto e diecimila l’anno, molti se teniamo conto che è aperto pochi mesi l’anno e raggiungibile solo in battello» spiega Campione. «Da quando l’abbiamo preso in gestione il museo è cresciuto costantemente, anche a livello di collaborazioni: la Biblioteca nazionale che ha fornito i manifesti per questa esposizione, ma abbiamo anche intenzione di avviare un progetto con l’Università dell’Insubria per dei seminari proprio sul tema del confine».
Centrale per lo sviluppo del museo è stato infatti «trovare una prospettiva, un indirizzo preciso, una vocazione come può essere la storia del lago, l’idea di confine, in grado di andare al di là del “gioco di guardie e ladri”». Il che, conclude Campione, fa del museo delle dogane un modello per altri “piccoli” musei regionali.

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