Arte

A Casa Rusca l’arte provocatoria di Gilbert & George

‘Il loro è un prendere la realtà, frullarla e poi buttarla nell’opera’ ci spiega il curatore della mostra Rudy Chiappini

Ridley road, 2013 (Gilbert & George - courtesy Galerie Thaddaeus Ropac)
16 maggio 2020
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Saranno Gilbert & George a riaprire il museo di Casa Rusca: la stagione espositiva ripartirà – con le misure sanitarie accresciute, info museocasarusca.ch – infatti sabato con le opere dei due artisti inglesi. “La coppia più provocatoria dell’arte contemporanea internazionale” si legge nel comunicato stampa. «È vera, questa una definizione» ci spiega il curatore Rudy Chiappini. E del resto l’arte di Gilbert & George pare sfuggire ad altre definizioni o classificazioni: «Hanno elementi di pop art, utilizzano la fotografia, utilizzano titoli di giornale, intervengono con delle scritte che spiegano i loro quadri: il loro è un modo molto originale di porsi nei confronti della realtà, ironico, cercando lo scandalo anche attraverso la loro omosessualità, l’ironia… c’è un po’ di tutto, il loro è un prendere la realtà, frullarla e poi buttarla nell’opera» spiega Chiappini. Il che spiega i temi che scandiscono l’esposizione di Casa Rusca, presi dal dibattito contemporaneo: sesso, razza, religione, politica, identità.

Come mai proprio Gilbert & George?

Da qualche anno cerchiamo di profilarci con mostre di livello internazionale di artisti viventi, cercando di spaziare nei diversi generi: l’opera di Indiana è diversa da quella di Chia, di Marín eccetera. Gilbert & George sono sulla cresta dell’onda da cinquant’anni ma in Svizzera sono poco visti – anche in questo seguendo il “filone” di Casa Rusca: artisti internazionali poco visti nel nostro Paese; Indiana non era mai stato esposto, Marín nemmeno.

Sapevamo che Gilbert & George avevano mostre in giro per l’Europa e non abbiamo esitato a prendere contatto con loro per vedere se c’era la possibilità di portarli a Casa Rusca.

E loro hanno accettato subito? Nel curriculum dei due artisti troviamo istituzioni molto prestigiose – senza nulla togliere a Casa Rusca e a Locarno, ovviamente.

Ha ragione: hanno esposto al MoMa, al Pompidou, alla Tate Gallery, hanno vinto il Turner Prize, uno dei premi d’arte più importanti… È stata una piacevolissima sorpresa, perché qualche dubbio lo avevamo quando li abbiamo contattati. Ma se non si osa non si ottiene nulla.

Abbiamo parlato di arte provocatoria: come sono state scelte le opere in mostra?

Quando si fa una mostra con Gilbert & George si discute a grandi linee dell’impostazione della mostra – noi abbiamo voluto presentare i temi principali degli ultimi quindici-vent’anni – ma la scelta delle opere viene fatta da loro.
Abbiamo mandato le planimetrie di Casa Rusca, precise al millimetro con anche la posizione degli interruttori, loro hanno costruito un modellino in scala di Casa Rusca e hanno creato l’allestimento che fa parte della loro arte. Non forniscono le singole opere, ma un prodotto artistico completo nei minimi dettagli.
Non sono gli unici a fare così: ricordo che anche Christo aveva addirittura delle regole sull’altezza e la distanza dei quadri. Sono artisti che si dedicano alla mostra dal concetto iniziale – ovviamente discusso con il curatore – all’allestimento al catalogo, disegnato da loro.

Il titolo ‘The Locarno Exhibition’ non è quindi casuale.

Esatto: è una mostra costruita come un vestito, su misura per il nostro museo. E questo ci fa doppiamente piacere perché adesso nel loro curriculum figurerà ‘The Locarno Exhibition’.

Come descriverebbe questo ‘vestito’ per Casa Rusca?

È un allestimento estremamente carico, estremamente ricco. In una sala lo spettatore trova cinque-sei opere gigantesche: ci si trova immersi nel loro mondo. È un’impressione molto forte quella che si prova nelle sale di Casa Rusca.
Ho visto altre mostre ed è una loro caratteristica: loro voglio tappezzare tutte le pareti del museo con le loro opere.

A proposito del catalogo: nella sua introduzione lei scrive di “immagini democratiche”. Che cosa intende?

Per immagini democratiche si intendono da una parte immagini comprensibili a tutti, dall’altra immagini desunte da quella che è la realtà quotidiana. Penso all’utilizzo, nelle loro opere, di titoli di giornale, di fotografie ricavate da riviste: vogliono che il loro messaggio sia popolare, non elitario. In questo senso sono immagini democratiche: Gilbert & George prendono spunto dalla vita quotidiana e vogliono delle immagini che non siano per una élite ma di impatto immediato per tutta la popolazione, usando anche simboli riconoscibili a tutti come l’effige della Regione Elisabetta o la bandiera britannica.

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