Culture

Ken Loach e il Regno dei poveri

Il film
13 maggio 2016
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Giornate frenetiche al Festival, si fanno code ovunque, per vedere un film, per un caffè, per trovare un computer libero in sala stampa. Succede anche che ti trovi in una fila per entrare in sala, sono ordinate per colore di tessere, e due minuti prima dell’inizio cambiano i cartelli, con gente che bestemmia in tutte le lingue e masse che si spostano con pericolo per tutti. Succede anche di trovare a una proiezione il sindacalista degli autori francesi che si inventa un intervento di quasi mezz’ora, sconvolgendo i piani a tutti e irritando per la mancanza di misura che inficia il significato di una giusta protesta per il precariato nell’industria dell’immagine.

Intanto è stata una bella giornata in Concorso, con due registi abituati alla caccia alla Palma: Ken Loach con “I, Daniel Blake”, finora il film più applaudito, e Bruno Dumont che con il suo “Ma Loute” ha provato le risate più fragorose. Loach ci porta a Newcastle, oggi, per presentarci il 59enne Daniel Blake (un intenso e calibrato Dave Johns), un carpentiere costretto a lasciare il posto di lavoro dopo un infarto. È il preludio a una sfilza di quotidiane incomprensioni con la burocrazia statale.

Non gli concedono l’invalidità e per Daniel comincia un vero calvario, non sa usare il computer, per cui non può compilare né la domanda di disoccupazione né il ricorso per l’invalidità. Nell’ufficio di lavoro incontra una ragazza madre, Katie (una bravissima Hayley Squires), capitata a Newcastle per aver rifiutato a Londra una casa-catapecchia del comune. Katie è maltrattata nell’ufficio e lui si pone al suo fianco, l’aiuterà in tutto, diventerà come un nonno per i bambini. Intanto la sua vita sprofonda... Anche per Katie va male, al punto che pensa di prostituirsi. Daniel la scopre e si sente immensamente più inutile, solo i bambini riusciranno a ridargli la pace...

Attorno a lui una società incapace di riconoscere a un uomo quarant’anni di lavoro e tasse pagate, una società incapace di rispettare un malato di cuore e una madre disperata, a cui Daniel Blake ricorda di non essere il numero di tessera sanitaria o di un libretto di lavoro, ma di essere parte di un Paese che deve rispettare i suoi cittadini cominciando a chiamarli per nome.

Asciutto e popolare, Ken Loach ancora una volta ha il coraggio di stare dalla parte di chi è costretto da solo a portare il proprio peso, nell’indifferenza di una politica che ha rinunciato a essere tale.

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