
Tele-Generazioni 2 / Gli effetti del piccolo schermo sui bambini e le ‘opere’ degli amici del cane Peo
La casa del cane blu è un luogo di riconoscimento, sviluppo ed espressione, nel quale le immagini lasciano spazio alla fantasia
Chi fa parte della prima generazione di nativi digitali ticinesi, quella che negli ultimi anni delle scuole elementari ha iniziato a fare merenda guardando il cane Peo alla Tsi, almeno una volta si sarà chiesto: ma come saranno fatte esattamente le zampe posteriori di quel cagnolino blu? In quella mansarda magica, in quello spazio di transizione tra reale e immaginario, da vent’anni il servizio pubblico televisivo della Svizzera italiana stringe il primo importante patto comunicativo con il suo giovane pubblico. L’intelligente lavoro autoriale che risponde all’innata necessità di conoscenza dei bambini nei loro primi anni di esperienza con il piccolo schermo, modellando il linguaggio televisivo all’altezza dei loro occhi pur mantenendo alto l’intento pedagogico del programma, è rimasto intatto negli anni. La casa di Peo, aprendo le sue porte non più nella fascia di palinsesto pomeridiana feriale ma nelle mattinate del fine settimana, continua ad accogliere i suoi giovani seguaci in un luogo di riconoscimento, sviluppo e anche di espressione. Già vent’anni fa, quando i social-media non esistevano ancora, il cane blu mostrava volentieri i disegni che i suoi giovanissimi seguaci gli inviavano per posta. Oggi ‘Colazione con Peo’ ha addirittura una piccola rubrica nella quale si passano in rassegna i disegni dei suoi telespettatori. “Opere” che perlopiù rappresentano il tenero cane blu e i suoi singolari amici. Qualche anno fa, due medici-ricercatori germanici, Peter Winterstein e Robert J. Jungwirth, hanno condotto uno studio sugli effetti del consumo televisivo sui più piccoli. Un campione di circa 1’800 bambini di età compresa tra i cinque e i sei anni, è stato sottoposto al test dell’Omino di Goodenough (esame che valuta lo sviluppo mentale dei giovanissimi): carta e penna alla mano è stato semplicemente chiesto di disegnare un omino. Le opere sono poi state valutate in base alla presenza o meno di tredici elementi fisici oggettivamente quantificabili (orecchie, capelli, mani, dita, piedi, gambe…). La presenza di ognuno di questi elementi corrispondeva all’aggiudicazione di un punto. In sintesi, i risultati di questo esperimento hanno mostrato che i bambini esposti a un consumo televisivo giornaliero inferiore a trenta minuti, totalizzavano una media di dieci punti, mentre i loro coetanei che guardavano la tv per più di tre ore al giorno, raggiungevano a stento i sei punti. Chissà quale punteggio otterrebbero oggi i giovani telespettatori del cane blu? Senza conoscerne età, abitudini e tempi di consumo televisivo, non è possibile saperlo. Certo, le “opere” messe in mostra da Peo non sono tutte dei Tintoretto, e ogni tanto il disegno di qualche bambino che sembra aver passato qualche ora di troppo davanti alla tv si vede. A prima vista però (ovviamente lo si desume senza alcun dato scientifico e senza voler trarre conclusioni), sembrerebbe che gran parte dei telespettatori del cagnolino blu possa ottenere un buon punteggio nel test dell’omino. Nelle puntate di quest’ultima stagione di ‘Colazione con Peo’ molti dei disegni mostrati raffiguravano personaggi ben definiti e ricchi di particolari; anche se pare evidente che dopo vent’anni resta sempre attuale la domanda: ma come sarà mai fatta l’altra metà del Peo? Una televisione di intrattenimento che mostra la metà di un universo e invita il suo pubblico a costruire l’altra con l’immaginazione e la fantasia, è una televisione intelligente. Peo, con la sua impronta pedagogica scherzosa e mai pedante, dai contenuti civici e scientifici di valore, è il degno erede dei suoi predecessori Gatto Arturo, Cappuccetto a pois, Lupo-Lupone… Quel cane, con la sua età mentale a “geometria variabile” e il suo italiano sconclusionato è il miglior ambasciatore che la televisione svizzera, nell’era della disaffezione giovanile alla tv, ha a disposizione per riuscire nel difficile ruolo di instaurare l’importante rapporto di fiducia tra il servizio pubblico e i suoi nuovi piccoli telespettatori. Coloro che speriamo imparino subito ad accendere il vecchio televisore senza spegnere l’immaginazione.