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Dietrofront sui sussidi: l'occasione persa e la bussola mancante

La decisione del Gran Consiglio, condivisibile nel suo contenuto, lo è meno nella sua forma: interpellare il popolo avrebbe dato indicazioni chiare

In sintesi:
  • Il Centro ha dimostrato ancora una volta il suo fiuto politico, ma a mancare è la prospettiva
  • Continua l'eterno giorno della marmotta della politica ticinese
Il futuro non sarà dissimile
(Ti-Press)
25 marzo 2025
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A marcia indietro completata e con mezzo copertone lasciato sull’asfalto, alla fine della tiritera sul taglio ai sussidi di cassa malati votato col Preventivo 2025 da confermare o meno l’impressione è doppia: quella di un’occasione persa, e quella di essere davanti a un Gran Consiglio debole, senza visione e fermo alla contingenza. Che porta frutti elettorali e premia il fiuto di chi ne ha da vendere, ma che non dà una prospettiva: né sul tema, né sulla propria responsabilità come parlamento.

Giochiamo a carte scoperte: la proposta di usare parte degli 80 milioni di franchi dalla Banca nazionale per ripristinare i 10 milioni tolti a dicembre – con una spesa comunque aumentata di 30 milioni rispetto all’anno scorso – è condivisibile. Meno lo è il come ci si è arrivati, ancor meno lo è se si cerca di osservare la prospettiva di cui sopra. Che è persa nelle nebbie.

L’“iniziativa Lambiel” (copyright Daniele Piccaluga) mostra ancora una volta l’assoluta capacità del Centro di annusare l’aria e di colpire. Solo in tempi recenti l’esercizio è riuscito con le imposte di circolazione, con il contributo di solidarietà dei dipendenti pubblici al risanamento del deficit previsto dal Consiglio di Stato nel Preventivo 2024 e poi stralciato col sostegno della sinistra dal parlamento, con i due milioni per la pedagogia speciale, ora con questa operazione sui sussidi. Detto questo, e prese per buone le parole di Fiorenzo Dadò sul fatto che i conti sono stati votati senza i soldi della Bns, siamo comunque di fronte a un Gran Consiglio che prende una decisione a dicembre e la ribalta a marzo. Un’attitudine che non ispira tutta la fiducia di questo mondo, e in tempi di poca credibilità della politica le operazioni simpatia – benché, ripetiamo, comprensibili – dovrebbero lasciar spazio alla riflessione su che sistema Ripam si voglia non oggi, non domani, ma nei prossimi anni.

L’occasione persa, invece, è quella del voto sul referendum del comitato ‘Stop ai tagli’ che non avrà più luogo. Un voto popolare su temi di vitale importanza non si limita a quello che è scritto nel materiale che arriva a casa, ma è in grado di dettare una linea per gli anni a venire. Il ‘Decreto Morisoli’ definito declamatorio, fuffa e preso sottogamba da alcuni è stato il faro di ogni politica economica e finanziaria di governo e parlamento per i tre anni seguenti. La decisione popolare sul tagliare o meno i sussidi di cassa malati sarebbe stata una bussola chiarissima sul comportamento da seguire: avrebbe potuto aver ragione la sinistra, con la sua richiesta di non andare a colpire le fasce più deboli per risanare le finanze; avrebbero potuto aver ragione Plr, Lega e Udc nel sostenere ancora una volta che di sussidi se ne erogano abbastanza, che siamo un Cantone generoso e che nell’ottica di rivedere tutta la questione una sforbiciata che toccava i redditi più alti dei beneficiari sarebbe stata sopportabile. Non possiamo saperlo chi l’avrebbe spuntata alle urne, ma sarebbe stata un’indicazione granitica: caro Consiglio di Stato, caro Gran Consiglio, non bisogna tagliare i sussidi/si possono tagliare i sussidi. Con il bollo popolare.

Così non è stato e continuerà l’eterno giorno della marmotta della politica ticinese, che riesce a far sembrare una furbata pro saccoccia anche le proposte di buon senso da tanto ormai è lecito aspettarsi di tutto, e da tanto si è abituati all’assenza di uno straccio di progetto o di visione da qui a cinque, dieci, vent’anni. Ogni volta che il popolo non viene ascoltato si perde un’occasione. Ieri, anche se per un buon motivo, si è persa un’occasione.