Dal congresso liberale radicale un mandato per altri quattro anni. Da lui autocritica: ‘So di aver commesso degli errori, ora più coraggio da tutti’
Alessandro Speziali è stato riconfermato presidente del Partito liberale radicale dal congresso convocato questa mattina, domenica 16 marzo, a Biasca. Nel suo intervento «nessun tentativo di autodifesa, so bene di aver commesso degli errori e devo fare meglio».
Prima di essere rieletto per acclamazione, Speziali ha subito rotto gli indugi: «Le priorità sono e saranno la centralità dell'individuo, la sua libertà, il dovere di avere dei doveri che oggi è sempre più annegato in un'alluvione di diritti e pretese». Questo perché «la pandemia ha portato un cambiamento culturale, una presenza sempre più invasiva dello Stato e una popolazione abituata ad avanzare pretese sempre più pressanti e svuotate di ogni impegno civico. No – scandisce Speziali –, non è questo il progresso che abbiamo in mente. Sembra essere un sacrilegio arginare questo Stato eterno dispensatore di prestazioni, ma qualcosa bisogna fare».
Una priorità sarà la scuola, «che ha bisogno di una netta ricostruzione, senza revisionismo né voglia di rivalsa ma semplice buon senso». Un'altra, le azioni su clima, ambiente ed energia: «Il nostro approccio è condiviso dagli elettori in Ticino e Svizzera, e dopo votazioni che ci hanno visti incerti sulle nostre gambe ora abbiamo posizioni salde e orientate al miglioramento della situazione senza ideologia, rifiutando categoricamente quell'ambientalismo che contrabbanda l'idea suicida della decrescita». Spazio, ovviamente, anche per conti e fiscalità «che devono essere in linea con la tradizione svizzera, non quella dei paesi mediterranei».
Ma si diceva dell'autocritica, ed eccola: «Dobbiamo cercare di più il confronto con le urne, considerando anche le votazioni sull'apertura dei negozi o la riforma fiscale: ma dobbiamo essere noi per primi a proporre i temi su cui discutere. Non è stato fatto abbastanza». In alcuni momenti, riconosce ancora Speziali, «dovevamo fare meglio, diversamente, di più: concretamente e mediaticamente. Di queste mancanze mi assumo la responsabilità». Così come se la assume per l'esito delle elezioni cantonali del 2023: «L'aver perso due seggi, uno per 40 schede, brucia ancora. E brucia anche non aver riportato un liberale radicale al Consiglio degli Stati».
Il ‘mea culpa’ c’è, il futuro? Il futuro per Speziali dovrà essere «con una soglia di sbarramento per l'accesso al parlamento per contrastare la frammentazione e con la difesa degli enti locali, i Comuni devono guadagnare più autonomia: se dopo 25 anni di aggregazioni non hanno ottenuto alcuna competenza in più, o qualcosa cambia o Ticino2020 si può archiviare e chiudere».
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Presentata anche la nuova squadra
Ma apertura, e se vogliamo è un altro ‘mea culpa’, c’è anche a discutere «di un potere d'acquisto che cala, e dobbiamo reagire soprattutto su un tema centrale: quello dei premi di cassa malati. Dovevamo farlo prima, lo abbiamo fatto ora proponendo un controprogetto alle iniziative di Ps e Lega. Non dobbiamo più giocare in difesa, errore commesso troppe volte». Perché? «Perché così si alimenta la sfiducia, e la sfiducia è la kryptonite di ogni forma di liberalismo». E in un momento dove «attorno a noi vediamo imbonitori col sorriso perenne, semplificatori seriali, venditori di fumo. Ma il potere d'acquisto cigola per un numero sempre maggiore di persone, i motivi sono sentiti e reali, anche se nel mondo di oggi non è facile essere una forza come la nostra».
Il capitolo costi della sanità è affrontato subito dopo, perché per il riconfermato presidente liberale radicale «sono insopportabili per tanti, inaccettabili nella loro impennata, e non sono un accidente del destino ma l'effetto delle troppe misure non prese e non solo per le colpe di un ex consigliere federale (Alain Berset, ndr) celebratissimo ma più bravo nelle pubbliche relazioni che nelle riforme del suo dipartimento di competenza». No, perché le colpe «sono anche in Ticino, e anche di una pianificazione ospedaliera davvero troppo timida che noi abbiamo accompagnato, ma la prossima volta non sarà così». Nel senso che «dovremo sorprendere per coraggio, a costo di essere una minoranza ogni tanto. Ma segnando un cambio di passo».
Speziali ne ha anche pure per il «peso opprimente della burocrazia, serve un vero piano di sburocratizzazione per accedere meglio a crediti e investimenti, è ora che la Legge edilizia esca alleggerita dal parlamento per facilitare la vita al territorio. Servono meno giuristi che costruiscono mostri giuridici, e più cittadini con libertà di intraprendere». La scuola, afferma ancora, «andrà rinnovata, per contenuti e anche assumendo persone all'altezza del loro ruolo: includere è importante, ma non basta. Il mondo corre, e i pochi giovani che la demografia ci dà devono essere attrezzati a competere non solo con le altre persone, ma pure con le macchine perché l'Intelligenza artificiale è sempre più una realtà».
Le nubi scure sulle prospettive economiche «vanno spazzate via sostenendo l'innovazione, le Pmi, il turismo, lo sviluppo regionale e l'industria». Come? Investendo, e mica poco. Fondamentalmente, aprendo le casse: «Serve un'iniezione massiccia di risorse, ingegnosa e ben pensata: se si investiranno bene decine di milioni il Ticino diventerà grande in tutta la Svizzera».
Acclamazione, la formaggella regalo, la “Riscossa” sparata a tutto volume, e un battimani spontaneo però non tolgono l'elefante dalla stanza: quello del malcontento che circola, eccome se circola. Eppure la sensazione girando per la sala e chiacchierando sottovoce è che una linea di credito sia stata aperta, anche se molti hanno preferito un – laico, per carità – religioso silenzio. A parlare pubblicamente alla platea è la deputata Roberta Passardi: «Avevo un intervento pronto, perché non ho mai fatto mancare critiche al presidente. Ma col suo discorso di oggi, devo rifare il punto della situazione». Però come tradizione vuole, il bastone Passardi lo usa: «Sulla pianificazione ospedaliera si doveva fare un rapporto di minoranza», e su parità e conciliabilità «bisogna fare molto, molto di più». Da qui, arriva anche l'invito a tutti «di essere più presenti, critici, pieni di consigli verso noi che siamo al fronte».
La vicecapogruppo in Gran Consiglio Simona Genini ribadisce che «abbiamo due occasioni per far sentire la nostra voce: la riforma elettorale, per ridurre la frammentazione e rinunciare alla nomina partitica nella magistratura, con la competenza come unico criterio». E se la presidente dei Giovani liberali radicali Asia Ponti invita «a investire ancora di più in noi, di ascoltarci, coinvolgerci e darci responsabilità che porteremo avanti con impegno e piacere».
È però Giovanni Merlini, già presidente cantonale e a lungo consigliere nazionale, a fare l'intervento più denso e importante. Dopo aver «apprezzato l'onestà intellettuale con cui il presidente ha detto che alcune cose non stanno andando bene», c’è anche da sottolineare che «molto succede per il capovolgimento epocale degli equilibri cui stiamo assistendo». Per Merlini «prima vigeva la forza del diritto, ora è il diritto della forza a dettare le regole. Il ritorno dell'amore per i proibizionismi, delle barriere alle persone e alle merci, alla libertà di pensiero sono ostacoli ma non c’è niente di irreversibile: non bisogna cedere al fatalismo e occorre contrastare questo fenomeno». Bello, ma cosa può fare il piccolo Plr ticinese nello scacchiere mondiale? Poco e niente, ma può investire nel suo futuro: «Questo conservatorismo che fa l'occhiolino alle autocrazie e alle figure forti si combatte investendo nella conoscenza e nella cultura, senza continueremo a far circolare postverità e notizie false. Solo se investiamo in questi due ambiti riusciremo nel lungo termine a scoraggiare il consolidamento dei pregiudizi, le credenze che circolano sui social dove a volte vengono scritte cose abiette come fossero verità calate dal cielo, senza il minimo ritegno né cautela nell'esprimerle». Se non si faranno questi investimenti, «i nostri valori diventeranno sempre più irrilevanti, laterali, finiremo in minoranza e le cose peggioreranno».
Nel suo intervento, il consigliere federale Ignazio Cassis ha lodato «l'energia positiva e la chiarezza della bussola liberale nel concretizzare gli impegni che si prospettano». Ma arriva anche un avvertimento: «Per la prima volta in 120 anni di democrazia moderna tutti i leader hanno perso consensi alle urne: non è un normale ciclo politico, ma una crisi profonda del sistema. Le elezioni non servono più a scegliere dei leader, ma sono referendum contro il sistema stesso». Per Cassis adesso «la democrazia non si difende da sola» e in questo momento particolare «dove il centro politico, di norma garanzia di stabilità, è in crisi tocca a noi liberali radicali tenere ferma quella bussola». Con l'invito a mettere l'accento su «rafforzare il senso di responsabilità, stabilizzare le relazioni coi nostri vicini, dare nuovo valore alla cultura del compromesso, usare la neutralità come strumento strategico e pragmatico, consolidare il sistema di milizia e promuovere la coesione sociale».
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Presente anche Ignazio Cassis
Dal canto suo il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta ricorda che «saranno mesi e anni impegnativi, dove dovremo dimostrare di saper far la differenza e meritare una fiducia dei cittadini che va sempre più conquistata sul terreno. Tanti venti soffiano contro un certo modo, il nostro, di fare politica: dobbiamo essere convincenti noi per primi».
Applausi, presentata la nuova squadra di vicepresidenti (Alex Farinelli, Natalia Ferrara, Fabio Käppeli e Giovanni Poloni) e un dibattito con il giornalista ed esperto Bruno Giussani su intelligenza artificiale e affini. I volti sembrano distesi, il pranzo sta per essere servito. C'è una persona di esperienza che mormora che «la rivoluzione si fa con i rivoluzionari». Perché sotto la cenere del fragore portato dagli applausi generali, la brace è ancora calda. Molto calda. E non tutto sembra esser stato detto.