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Süssli: ‘La Svizzera non è pronta per crisi militari prolungate’

Il capo dell'Esercito, ospite del Rotary Club di Locarno, a tutto campo tra neutralità ‘intoccabile e centrale’ e cooperazione con la Nato ‘strategica’

Rigozzi e Pedroli assieme a Süssli
(Rotary Club Locarno)
12 febbraio 2025
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«La Svizzera non è pronta ad affrontare una crisi militare prolungata». Lo ha ribadito senza mezzi termini il comandante di Corpo Thomas Süssli, capo dell’Esercito svizzero, intervenuto martedì a Locarno durante un evento organizzato dal Rotary Club Locarno, fornendo da parte sua un quadro chiaro sulle sfide geopolitiche e sulle misure necessarie per garantire la sicurezza della Confederazione nei prossimi anni.

La geopolitica incide sulla sicurezza della Svizzera

Nel suo intervento, Süssli ha delineato «il complesso scenario internazionale», sottolineando «le vocazioni da superpotenza di Paesi come Cina e Russia, che si affiancherebbero agli Stati Uniti creando un sistema multipolare a livello globale». Confermando che «la neutralità svizzera non è messa in nessun modo in discussione, così come l’adesione alla Nato non è una tema sul campo», Süssli ha tuttavia specificato che «a dipendenza delle scelte strategiche statunitensi, la sicurezza europea potrebbe essere indebolita». E la Svizzera, trovandosi nel bel mezzo dell'Europa, sarebbe indirettamente coinvolta in questo preoccupante scenario, con effetti diretti anche sulla stabilità nazionale».

Il capo dell’Esercito ha quindi fatto un’analisi sull’attuale forza di difesa svizzera, confrontando il divario tra i rischi geopolitici e il livello di preparazione delle forze armate elvetiche. Secondo le previsioni, «il punto massimo di questo divario sarà raggiunto nel 2027, quando le minacce saranno più pronunciate, mentre la preparazione dell’Esercito non sarà ancora pienamente sostenuta dagli approvvigionamenti già decisi». Ma che richiedono tempi medio-lunghi per essere implementati. «La minaccia è in crescita e il nostro Esercito deve essere pronto in modo da assicurare la sovranità svizzera», ha affermato Süssli.

Un chiaro esempio della corsa agli armamenti in corso è il conflitto tra Russia e Ucraina. Nonostante l'apparente stallo, la Russia mantiene una capacità produttiva preoccupante, arrivando a costruire al giorno un numero di mezzi blindati pari a 12 volte quello prodotto da un Paese industrializzato come la Germania. Parallelamente, i moderni sistemi d’arma low-cost, come i droni, stanno ridefinendo le dinamiche della guerra, consentendo, con investimenti di poche migliaia di franchi, di neutralizzare mezzi blindati dal valore di milioni.

Un Esercito in ritardo sugli investimenti

La Svizzera, ha spiegato Süssli, «non può più permettersi di trascurare la propria difesa». Attualmente, solo un terzo dei soldati è completamente equipaggiato e molti sistemi d’arma risultano obsoleti. Nel dibattito sulla sicurezza nazionale, il parlamento federale ha già deciso di incrementare gradualmente la spesa militare, lo ricordiamo, con l'obiettivo di raggiungere l’1% del PIL entro il 2032, stanziando 50 miliardi di franchi entro il 2040, di cui 13 miliardi nei primi sette anni. Tuttavia, nonostante questo incremento «i mezzi, l’equipaggiamento e i sistemi non si ottengono dall’oggi al domani, ma richiedono tempi di approvvigionamento dettati dai mercati internazionali. Questi ritardi non facilitano il ripristino della capacità di difesa nazionale».

Neutralità intoccabile, ma collaborazione con la Nato ‘necessaria’

Süssli ha poi affrontato il delicato tema della neutralità svizzera, ribadendo «il suo ruolo centrale nell’identità svizzera e sottolineando che l’adesione alla Nato non è in discussione». Tuttavia, ha evidenziato «la necessità di una cooperazione strategica con l’alleanza, soprattutto in ambito di armamenti e formazione. Un’altra criticità evidenziata è la necessità di addestrare le truppe blindate all'estero, poiché in Svizzera non esistono più aree adeguate per esercitazioni su larga scala».

Un tema che preoccupa anche l’economia

Il dibattito che ha seguito l’intervento – molte le domande da parte della settantina di persone presenti – ha mostrato, va da sé, attenzione per il tema della sicurezza nazionale. Manuel Rigozzi, presidente del Rotary Club Locarno, ha chiuso la conferenza con una riflessione di carattere economico, nella quale è stato rimarcato che «un Paese pacifico e prospero è un Paese nel quale l'economia è stabile. L'economia è stabile solo se in questo Paese la sicurezza viene garantita, dalle minacce interne ma anche e soprattutto da quelle esterne».