Consumo a scopo ricreativo, la commissione ‘Sanità e sicurezza sociale’ si spacca sulla possibilità di un progetto pilota promosso dal Cantone
La regolamentazione della cannabis continua a dividere. Anzi, a creare dibattito è anche la sola possibilità di un progetto pilota per studiare gli effetti della legalizzazione dell’acquisto a scopi ricreativi. Una proposta che ha spaccato la commissione ‘Sanità e sicurezza sociale’ del Gran Consiglio. Per una maggioranza composta da Centro, Udc, Lega e parte del Plr (Alessandro Cedraschi e Alex Gianella) non è necessario che il Cantone si faccia promotore di una sperimentazione. Questo perché – si afferma nel rapporto di maggioranza redatto da Maurizio Agustoni (Centro) e Lara Filippini (Udc) – studi di questo tipo sono già a buon punto in altri cantoni “ed è quindi più prudente attendere gli esiti dei progetti già avviati, evitando di creare ulteriori potenziali rischi”. A mettere sul tavolo la proposta è una mozione inoltrata nel maggio del 2017 dell’allora deputato socialista Carlo Lepori (ripresa poi da Laura Riget) e sottoscritta da esponenti di Ps, Udc, Plr, Ppd (oggi Centro), Lega, Verdi e Montagna Viva. Mozione che chiedeva appunto “di creare un gruppo di lavoro che coinvolga rappresentanti esperti di tutti i pilastri della politica delle droghe e delle varie forze politiche, con l’obiettivo di proporre un progetto pilota di regolamentazione della cannabis in deroga alla Legge federale sugli stupefacenti”. Legge che dal 2021 permette, si rammenta nel rapporto, lo svolgimento di sperimentazioni scientifiche pilota con canapa limitate dal profilo territoriale e temporale a scopo non medico (ovvero: a scopo ricreativo).
La maggioranza della commissione parlamentare è ferma su un punto: non deve essere il Cantone a farsi promotore di un progetto pilota. Nel resto della Svizzera – fanno notare Agustoni e Filippini – tutti i progetti, a eccezione di ‘WeedCare’ a Basilea Città, sono portati avanti non dall’autorità cantonale, bensì da altri enti. Ditte, università e associazioni che inoltrano la domanda direttamente all’Ufficio federale di sanità pubblica, competente per la concessione delle autorizzazioni ad avviare il test. «Non è un compito del Cantone quello di vedere cosa succede se si comincia a commerciare sostanze di per sé proibite. Questo – precisa Maurizio Agustoni, interpellato dalla ‘Regione’ – non vuol dire che siamo contrari al fatto che ci siano sperimentazioni sul territorio ticinese. Semplicemente non riteniamo che debba essere l’Amministrazione cantonale a spendere tempo, energia e risorse in questo esercizio». Anche perché, aggiunge il deputato e capogruppo del Centro, «avviare adesso una sperimentazione vorrebbe dire ottenere dei risultati tra diversi anni. Nel frattempo, con buone probabilità, la politica federale potrebbe aver già deciso cosa fare (un’eventuale legalizzazione, ndr) anche sulla base dei risultati ottenuti dai progetti pilota nei cantoni in cui si svolgono e che sono già a buon punto».
A proposito delle sperimentazioni già in corso: non può essere escluso – avverte il rapporto di maggioranza – che i progetti pilota giungano alla conclusione che la vendita regolamentata della cannabis abbia effetti negativi sulla salute pubblica, per esempio in termini di aumento del consumo o della dipendenza, in particolare tra i giovani. “A questo proposito è opportuno ribadire – scrivono Agustoni e Filippini – quanto indicato dall’Ufficio federale della sanità pubblica”. Ossia: circa 100mila persone in Svizzera hanno un consumo problematico di cannabis, con un elevato rischio di problemi psichici, sociali e fisici; il consumo di cannabis, anche se in calo rispetto a venti anni fa, è molto diffuso tra i giovani adulti (15-24 anni); il consumo massiccio e persistente di cannabis può compromettere il rendimento scolastico e professionale; il consumo a lungo termine aumenta la probabilità di malattie psichiche, come depressione e disturbi d’ansia o della personalità; il consumo continuativo e massiccio può portare a una dipendenza psichica.
Anche il Consiglio di Stato si è detto contrario all’ipotesi che sia l’Amministrazione cantonale a promuovere un progetto pilota sulla vendita di cannabis a scopo ricreativo. “Non c’è la necessità di farsi parte attiva in un processo socio politico e sperimentale in atto gestito a livello federale e fondato su progetti promossi da gruppi di ricerca scientifici e accademici”. I sei progetti sono in corso a Zurigo (promotore il Politecnico e l’Università), Losanna (Città e associazione Dipendenza Svizzera), Basilea Campagna (Istituto svizzero per la ricerca sulle dipendenze), Vernier (associazione ChanGe), Berna (Università di Berna e di Lucerna) e Basilea Città (Università, clinica psichiatrica e Dipartimento cantonale).
Di tutt’altro parere la minoranza commissionale. La quale chiede al plenum del Gran Consiglio di approvare la mozione di Carlo Lepori e cofirmatari e quindi di dare luce verde alla sperimentazione anche in Ticino. Concordando con “il Consiglio federale” sul fatto che “la ricerca di nuove forme di impiego della canapa sia una questione d’interesse sociale e sanitario”, la minoranza sostiene – come si legge nel rapporto di Giulia Petralli (Verdi) e Danilo Forini (Ps), firmato anche dai liberali radicali Matteo Quadranti, Patrick Rusconi e Fabio Schnellmann– che “è nell’interesse del Ticino farsi trovare pronto alle probabili modifiche legislative a livello nazionale: la sperimentazione limitata a uno o più progetti pilota di regolamentazione della cannabis permetterebbe anche al nostro territorio di acquisire quelle informazioni e competenze necessarie per gestire e regolamentarne l’utilizzo, con particolare attenzione alle questioni legate alla salute e alla protezione dei minori”. Ritiene inoltre che non sia né opportuno né funzionale “lasciare a singole iniziative l’eventuale onere di proporre alle autorità federali progetti pilota sperimentali”. Il tema “è delicato e importante”, per cui “i servizi cantonali preposti devono avere un ruolo attivo di coordinamento e accompagnamento in modo da migliorare l’efficacia e la pertinenza delle eventuali sperimentazioni”.
Osserva, da noi contattato, Danilo Forini: «Sul piano della politica federale è molto probabile che si andrà nella direzione prospettata dall’iniziativa parlamentare depositata nel 2020 dal consigliere nazionale Heinz Siegenthaler del gruppo del Centro. Iniziativa che sollecita, come indica il titolo, una regolamentazione del mercato della cannabis per una migliore protezione dei giovani e dei consumatori. Questo significherebbe affrontare, e non nascondere, un fenomeno che è cambiato nel tempo. Significherebbe gestirlo con nuove regole e non lasciare più che a farlo siano il mercato nero e la criminalità». Ora, ricorda il deputato del Ps e co-relatore di minoranza, «le competenti commissioni delle Camere hanno dato seguito all’iniziativa e incaricato quindi una sottocommissione di elaborare un progetto legislativo per attuarla. La strada appare insomma tracciata». Concetto ribadito nel rapporto: “A livello di parlamento federale è stata già ampiamente espressa la volontà politica di giungere a una regolamentazione completa e coerentemente orientata alla salute pubblica (con lo scopo di legalizzare i prodotti a base di cannabis, pur continuando a trattarli come stupefacenti e senza promuoverli), con un occhio di riguardo alla protezione della salute e della gioventù”. E allora, riprende Forini, «vogliamo farci cogliere impreparati o avviare nel frattempo una sperimentazione, che consentirà fra l’altro di evidenziare eventuali problemi e di colmare eventuali lacune? Credo che la seconda opzione sia la più saggia».
Oggi, rileva il co-relatore, sperimentazioni sono in corso in sei cantoni: «Per quale o quali motivi non si dovrebbero condurre test analoghi anche in Ticino? Parliamo di una sperimentazione limitata nel tempo e geograficamente, che verrebbe oltretutto svolta in un cantone di frontiera, con le sue peculiarità e dinamiche». Continua il parlamentare: «Fondamentalmente quello che chiediamo è che sia il Cantone con i suoi servizi - come l’Ufficio del medico cantonale, la Delegata per le tossicomanie e il Gruppo esperti del Dipartimento sanità e socialità - ad accompagnare una sperimentazione proposta da uno o più istituti di ricerca pubblici oppure privati e autorizzata dall’Ufficio federale della sanità pubblica. Il Cantone fungerebbe dunque da coordinatore di un gruppo di lavoro che, come propone la mozione, coinvolga esperti in tossicodipendenze e rappresentanti delle forze politiche. Peraltro non occorrerebbe assumere personale o aprire nuovi uffici, perché il personale e i servizi necessari sono già presenti in seno all’Amministrazione cantonale».
Lo scopo di una sperimentazione pilota, scrivono Petralli e Forini, “è acquisire conoscenze scientifiche sull’impatto di misure, strumenti o procedure concernenti l’impiego di canapa, concentrandosi in particolare su conoscenze circa gli effetti sulla salute dei consumatori, sul comportamento legato al consumo, sugli aspetti socioeconomici, quali la capacità lavorativa (assenze sul lavoro), la famiglia e l’ambiente sociale dei consumatori, nonché sul mercato illegale della droga in un determinato territorio o sull’ordine e la sicurezza pubblici, e che la stessa pone rigorosi criteri da rispettare per poterla condurre”.
Della Commissione sanità e sicurezza sociale del Gran Consiglio fa parte anche Tamara Merlo di Più Donne (due deputate). Che nella riunione odierna non ha firmato nessuno dei due rapporti. Come mai? «Devo ancora consultarmi con la collega Mossi Nembrini per avere un’unica posizione su un tema delicato. Entro la prossima seduta commissionale deciderò quale dei due rapporti firmare». Un tema delicato, dice Merlo. «E di società - rilancia Forini -. Un tema che deve, dovrebbe superare gli steccati partitici».